Quando gli EWeF scrissero questo pezzo erano ad un passo dal successo planetario, ma avevano già realizzato otto album dal 1971, e pur avendo avuto un buon riscontro in Usa con i precedenti tre lavori, uno su tutti "That's the way of the world", mancavano ancora di quel disco che gli avrebbe consacrati in tutto il mondo.
lunedì 31 ottobre 2011
EARTH, WIND AND FIRE: IN THE STONE, 1979
Quando gli EWeF scrissero questo pezzo erano ad un passo dal successo planetario, ma avevano già realizzato otto album dal 1971, e pur avendo avuto un buon riscontro in Usa con i precedenti tre lavori, uno su tutti "That's the way of the world", mancavano ancora di quel disco che gli avrebbe consacrati in tutto il mondo.
domenica 30 ottobre 2011
THE HIGH NUMBERS: OOH POO PAH DOO, 1964
Ganzi questi quattro ragazzotti che rifanno una canzone di Jessie Hill: un classico r'n'b già portato al successo dagli Standells, dopo tanti anni ritorna in pista grazie all'energia degli High Numbers. E bravi lo sono davvero, il cantante con quegli occhiali scuri è una forza della natura, non parliamo poi del batterista, picchia come un ossesso e diresti che un lampo di lucida follia lampeggia nei suoi occhi. Il chitarrista con quella faccia e quel buffo nasone si diverte a far roteare il braccio per dare delle belle svisate sulla chitarra ed è anche un bel tipo incazzoso: ha fracassato la chitarra sul palco perché dopo aver rotto il capo della stessa sul soffitto, le persone accorse al concerto hanno cominciato a prenderlo per il culo. Il bassista invece bilancia gli altri tre, essendo molto flemmatico e non appariscente, ma sa suonare lo strumento con una bella tecnica. Bello il filmato in bianco e nero, girato nella sala del Railway Hotel di Londra, che ricorda quello degli anni passati, strano poi che anche allora i ragazzi vestivano più o meno come adesso. Qualcosa mi dice che il gruppo avrà successo in futuro e già si vocifera che la band ritornerà con il nome che aveva precedentemente, "The Who", e che il loro primo disco sarà qualcosa da ricordare per le generazioni a venire.
sabato 29 ottobre 2011
DIANA ROSS: LOVE HANGOVER, 1976
venerdì 28 ottobre 2011
NAT TURNER FEAT MAJOR HARRIS: RUBY LEE, 1972
Il sound di Philadelphia prima di essere un genere musicale, è uno stato dell'animo. Quando arriva ne rimani intrappolato e non puoi farci niente e non è nemmeno spiegabile, è un po' come cercare di far capire la saudade ad un non brasiliano. Il Philly Sound qui da noi è conosciuto principalmente grazie all'etichetta Philadelphia International fondata dai produttori Gamble e Huff nel 1971, ed è diventata con gli anni sinonimo di quel particolare tipo di sound che arrivava da quella metropoli. Prima di loro però, altre realtà operavano nella città, come ad esempio l'etichetta a cui è associato il cantante che vi presento oggi. La Philly Groove, questo il nome, fu una casa discografica nata nel 1967 per opera dei produttori Stan Watson e Sam Bell, divenne famosa per due gruppi vocali, i Delfonics, loro è la famosa "La la Means I Love You", e le First Choice, e fino al 1974, anno della cessazione dell'attività, produsse altri notevoli pezzi grazie ad artisti quali Nat Turner, gli Ultra High Frequency, i Tapestry e David Lasley, canzoni e stili che furono ampiamente sfruttati ed aggiornati dalla label di Gamble ed Huff. Da sottolineare il gran lavoro su questi brani che ne fece il Dj Tom Moulton, inventando di fatto l'arte del remix, espandendone le sonorità, puntando sulla ritmica ossessiva ed enfatizzando le orchestrazioni. Parte della Philly Groove una volta chiusi i battenti si tramutò nella Arista Records, mentre l'eredità artistica fu raccolta dalla Salsoul records. Insomma, per chi volesse iniziare a capire cos'è stato il sound di Philadelphia, deve necessariamente partire dall'ascolto degli artisti di questa etichetta.
giovedì 27 ottobre 2011
THE JAM: MOVE ON UP,1982
Probabilmente la miglior cover mai fatta di un brano di Curtis Mayfield, e forse una delle migliori di sempre. Almeno da parte mia, anche se magari si può obiettare che dell'atmosfera del brano originale, ci sia rimasto ben poco. Però ad uno come Paul Weller, su come trattare la materia, visti anche i successivi lavori con gli Style Council, ben pochi possono insegnare. Questa cover è tutta potenza e poco groove, ma del resto questa era la marca caratteristica dei Jam e del brano ne è stato tirato fuori il lato grezzo e sguaiato che nella versione di Mayfield si poteva intuire tra le righe.
mercoledì 26 ottobre 2011
JACKIE WILSON: I GET THE SWEETEST FEELING, 1967
Jackie Wilson l'ho conosciuto tardi, nel 1986, quando la ristampa del suo "Reet Petite" ebbe un discreto successo radiofonico anche qui da noi. In particolare, dalle mie parti, divenne un tormentone delle stazioni fm commerciali, tanto che dietro a quel motivo divertente credevo si nascondesse un carneade alla stregua, che so, di un Lou Bega. Non era così, per fortuna, e una volta conosciuta la carriera di Jackie Wilson, a forza di acquisti dei suoi vecchi dischi, badate bene che internet era di là da venire, quindi fatica doppia nel trovare fonti e materiali, mi trovai di fronte ad un artista talmente importante per la transizione dal r'n'b al soul, che mi chiedevo come fino ad allora in Italia fosse considerato un oggetto misterioso o poco più. Prima di tutto ci troviamo di fronte ad un grande performer, sarà da esempio per numerosi artisti neri, non ultimo Michael Jackson. Mr. Wilson le canzoni le prendeva e le faceva diventare un ribollente calderone di frenesia sessuale, già su disco; dal vivo, per quelle poche immagini arrivate fino a noi, doveva essere un indemoniato che nemmeno Elvis riusciva ad eguagliare. Un moto perpetuo, un punto fermo dei dancefloor anglosassoni, tanto da essere considerato uno degli eroi del Northern Soul, genere che furoreggiò nel nord dell'Inghilterra negli anni '60 ed arrivato qui da noi, giusto venti anni dopo, grazie anche alla ristampa di quel "Reet Petite" che per un'estate mandò in soffitta i soliti cialtroni da classifica.
martedì 25 ottobre 2011
MARVIN GAYE: TROUBLE MAN, 1972
Quando Marvin Gaye incise questo disco, colonna sonora del film di genere blaxploitation "Trouble Man", arrivava da quel capolavoro che fu "What's Going On", e anche qui abbiamo modo di ascoltare quale stato di grazia attraversasse il nostro. Marvin, al pari di Isaac Hayes e Curtis Mayfield contribuì alla riuscita della pellicola grazie alla colonna sonora che ne scaturì, anzi, si può sicuramente affermare che grazie a questi musicisti, film come "Shaft", "Superfly" e "Trouble Man", sono riconoscibili grazie alle title track dei dischi, costituendone la cifra stilistica che accompagna le pellicole.
lunedì 24 ottobre 2011
ISAAC HAYES: WALK ON BY, 1968
domenica 23 ottobre 2011
DUSTY SPRINGFIELD: SON OF A PREACHER MAN,1968
sabato 22 ottobre 2011
MASSIVE ATTACK: UNFINISHED SYMPATHY, 1991
venerdì 21 ottobre 2011
THE STYLISTICS: BETCHA BY GOLLY WOW, 1972
Se con il post di ieri abbiamo ascoltato una canzone bella morbida e carezzevole, con quella di oggi, a conclusione del miniciclo di canzoni "mellow", si rischia decisamente un coma glicemico.
giovedì 20 ottobre 2011
EDDIE HOLMAN: YOU MAKE MY LIFE COMPLETE, 1977
Questa è una specie di re-post di uno pubblicato nel marzo del 2010. Il motivo è presto detto: è sparito il video che lo corredava, la canzone si può inserire come affine a quella pubblicata ieri, in modo di fare un mini speciale di canzoni "carezzevoli", come l'ha definita ieri l'amica blogger giacy.nta, che si concluderà domani con i campioni dei "mellow moments" della soul music. Eddie Holman apriva con questo pezzo il suo album più venduto " A night to remember" la cui canzone quasi omonima "This will be a night to remember" ebbe un grande successo anche dalle nostre parti. Il bello della canzone sta tutta o quasi sulle spalle della voce del nostro, definita da uno che se intendeva, ovvero il grande Smokey Robinson, "l'uomo con la voce di un angelo". Del resto per Eddie Holman, già voce solista degli Stylistics, mai definizione fu più azzeccata.
mercoledì 19 ottobre 2011
ISLEY BROTHERS: HELLO IT'S ME, 1974
Oggi ci troviamo di fronte a due entità che ad una prima occhiata possono sembrare molto diverse l'una dall'altra. Da una parte abbiamo Todd Rundgren, dall'altra la band degli Isley Brothers, il primo, musicista eclettico che ha messo le mani in pasta in quasi tutti i generi musicali, ha scritto questa canzone, "Hello it's me", nel 1968, anzi, per meglio dire è proprio la sua prima canzone in assoluto, e pur essendo stata pubblicata all'epoca come lato b del singolo "Open my eyes", è diventata col tempo il brano più conosciuto di Rundgren, tanto che lo stesso ne ha inciso una versione up-tempo nel suo album del 1972 "Someting/Anything?"
martedì 18 ottobre 2011
STEVIE WONDER: HIGHER GROUND, 1973
Questa canzone arriva dall'epoca d'oro del cantante afroamericano, che parte dal disco del 1972, "Music of my mind", ed arriva al 1979 con "The Secret Life Of Plant". Di quello che è arrivato dopo, Signore in Rosso e improbabili compartecipazioni ad eventi benefici, poco mi interessa, anzi, farò finta che non siano mai avvenuti, tanta è la disparità con i dischi testé citati. "Higher Ground" è senza ombra di dubbio una delle tre canzoni leggendarie che componevano l'album "Innervisions" del 1973, considerato uno dei dischi più belli non soltanto della soul music ma di tutta la musica popolare. Basti pensare ad altri due brani, quali "Livin' In The City" e "Don't You Worry 'Bout The Thing" per dare conferma, canzoni che da sole basterebbero a costruire una carriera e ne avanzerebbe.
lunedì 17 ottobre 2011
GIL SCOTT HERON: THE REVOLUTION WILL NOT BE TELEVISED, 1971
Oppure, aggiornandola ai nostri giorni potremmo dire anche "The Revolution Will Not be Digitized", anche se qualche fava sta cercando di far credere il contrario. Le rivoluzioni non sono colorate di viola, di arancione o del colore can che fugge. Delle rivoluzioni, vere, delle rivoluzioni delle coscienze, le più difficili, rimangono soltanto un pugno di canzoni, come questa, e dei vecchi filmati consumati dal tempo. Anche perché il trappolone è in movimento e dopo la stagione del berlusconismo, siamo già pronti per entrare trionfalmente in quella del montezemolismo. Si, un bel governone d'emergenza confindustriale sarà quello che ci aspetta e si prospetta. Alla faccia dei rivoluzionari da aperitivo.
domenica 16 ottobre 2011
NINO FERRER: LA PELLE NERA, 1967
Probabilmente questo è uno dei primi brani di r'n'b cantati in lingua italiana, se non lo è, sicuramente è la prima canzone del genere che abbia mai ascoltato. Come fu la prima volta che sentivo citare Wilson Pickett e James Brown, allora dei perfetti sconosciuti, non solo per me però, credo anche per buona parte del pubblico televisivo di allora.
sabato 15 ottobre 2011
AL GREEN: LET'S STAY TOGETHER, 1972
venerdì 14 ottobre 2011
ERYKAH BADU: TYRONE, 1997
Di lei ho un bel ricordo ad un concerto per il Primo Maggio 2001 in Piazza San Giovanni a Roma. Arrivò con tutta la sua regalità, davvero, sembrava una regina africana, conosciuta poco o niente da chi era li ad aspettare Elisa, brittipelù e gli amati dai ggiovani Afterhours e Marlene Kuntz. In pratica salì sul palco accolta da scetticismo e se ne andò in trionfo, dando una lezione di musica e di stile a tutti. Belline poi le recensioni del giorno dopo sui quotidiani, dove si parlò della Badu come di una "piacevole sorpresa". E 'sti cazzi; ma dove erano impelagate le vostre orecchie? A tessere le lodi di un ennesimo album di Vasco ?
giovedì 13 ottobre 2011
TYRONE THOMAS AND THE WHOLE DARN FAMILY: SEVEN MINUTES OF FUNK, 1976
La persona con gli occhiali che vedete cantare in una metro, la foto risale al 2007, è Tyrone Thomas. Thomas fu il fondatore della band "Whole Darn Family", autori di un disco talmente sconosciuto tanto quanto è diventato un classico del funk sotterraneo degli anni '70. Della band conosco ben poco, se non che erano sette elementi provenienti da Richmond in Virginia, hanno registrato quel disco, e solo quello, "Has Arrived", nel 1976 e sono passati alla storia della black music con lo strumentale "Seven Minutes of Funk". La particolarità del brano è quella che è diventato un must per i campionamenti in ambito hip-hop, guardate qui quanti sample ne sono stati realizzati: ne ho contati ben venti, partono con Grandmaster Flash nel 1979, per arrivare al 2007. Niente male per un gruppo semisconosciuto. Il resto dell'album non è da meno; rimanendo sul funk da segnalare la bella "Ain't nothing but something to do", per arrivare a suggestioni da r'n'b classico con "I'm Hurt".
mercoledì 12 ottobre 2011
DARYL HALL AND JOHN OATES: SARA SMILE, 1975
Quando Daryl Hall e John Oates incisero questa canzone, avevano già all'attivo tre album, tra cui uno, "Abandoned Lancheonette", disco di platino e considerato uno dei migliori dischi della loro carriera. Nel 1975, in piena era glam, Hall&Oates richiamarono nella copertina del disco le suggestioni di quell'epoca, i due sono ritratti truccati e virati in argento, ma la musica era ben lontana dai lustrini e dalle paillettes dei gruppi inglesi. Dosi di robusto soul, una canzone "Grounds for separation" utilizzata nel film di Stallone "Rocky" e campionata ai nostri giorni da Kayne West nella sua canzone "Fight with the best".
"Sara Smile" è la killer song dell'album, come lo fu a suo tempo quel capolavoro imperituro di "She's Gone" nel già citato "Abandoned Lancheonette", un brano che dimostra la capacità di scrittura soul di Daryl Hall, alla pari dei migliori autori "black". Cosa che ha portato la critica ad inserire i nostri nel sottogenere "blue eyed soul", riferito appunto agli artisti bianchi dediti alle sonorità nere, mischiate con una forte sensibilità pop. E di questo, Hall&Oates sono stati dei maestri che hanno attraversato gli anni, e solamente con gli album usciti per la Atlantic, ovvero prima del loro successo planetario, hanno ridefinito il genere per gli anni a venire.
E "Sara Smile" ne è divenuto uno standard ed un manifesto.
martedì 11 ottobre 2011
RUFUS FEATURING CHAKA KHAN: ONCE YOU GET STARTED, 1974
In principio erano i Rufus, una tra le maggiori attrazioni dei locali di Chicago, dalla popolarità via via maggiore grazie soprattutto alla vocalist, una allora giovanissima Chaka Khan. Fu così che nel 1974, dopo due dischi col nome della band, all'alba della realizzazione del nuovo album "Rufusized", fu aggiunta alla band l'estensione "featuring Chaka Khan", per rimarcare le doti vocali della cantante che all'epoca veniva paragonata come una novella Aretha Franklin con l'energia di Tina Turner. Certo a vederla nel video, e pensare a com'è adesso non diresti che è la stessa persona, notare il seno - adesso triplicato, davvero - ed il lato B, divenuto nel tempo "a seggiola", come si dice dalle mie parti, cioè a "sedia", per i non toscani. La musica dei Rufus era un funky virato verso il pop e l'r'n'b, una spruzzata di jazz e di rock, per intendersi, nel solco degli EW&F, e della Average White Band. La canzone che vi propongo oggi era l'opening track dell'album "Rufusized", il disco che fece da trampolino di lancio alla band e alla futura carriera solista di Chaka Khan. Un pezzo ed uno stile che in poco più di tre minuti riesce a definire un decennio, e che forse più del rock lo caratterizza. Poi, guardate come si muove Chaka: tutta "carne", zero "silicone".