JACKIE WILSON: I GET THE SWEETEST FEELING, 1967


Jackie Wilson l'ho conosciuto tardi, nel 1986, quando la ristampa del suo "Reet Petite" ebbe un discreto successo radiofonico anche qui da noi. In particolare, dalle mie parti, divenne un tormentone delle stazioni fm commerciali, tanto che dietro a quel motivo divertente credevo si nascondesse un carneade alla stregua, che so, di un Lou Bega. Non era così, per fortuna, e una volta conosciuta la carriera di Jackie Wilson, a forza di acquisti dei suoi vecchi dischi, badate bene che internet era di là da venire, quindi fatica doppia nel trovare fonti e materiali, mi trovai di fronte ad un artista talmente importante per la transizione dal r'n'b al soul, che mi chiedevo come fino ad allora in Italia fosse considerato un oggetto misterioso o poco più. Prima di tutto ci troviamo di fronte ad un grande performer, sarà da esempio per numerosi artisti neri, non ultimo Michael Jackson. Mr. Wilson le canzoni le prendeva e le faceva diventare un ribollente calderone di frenesia sessuale, già su disco; dal vivo, per quelle poche immagini arrivate fino a noi, doveva essere un indemoniato che nemmeno Elvis riusciva ad eguagliare. Un moto perpetuo, un punto fermo dei dancefloor anglosassoni, tanto da essere considerato uno degli eroi del Northern Soul, genere che furoreggiò nel nord dell'Inghilterra negli anni '60 ed arrivato qui da noi, giusto venti anni dopo, grazie anche alla ristampa di quel "Reet Petite" che per un'estate mandò in soffitta i soliti cialtroni da classifica.

Commenti

  1. ieri marvin oggi jackie domani per coerenza post su nightshift dei commodores

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  2. Qui siamo sempre più sul "classico". Great.

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  3. Lo consoco solo per la canzone "Jackie Wilson Said (I'm in Heaven When You Smile)" (nella versione dei Dexy's del 1982, mentre l'originale era di Van Morrison)

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