Tokyo Groove: Viaggio Nel City Pop - Tomoko Aran


Nata nel 1958 a Hirosaki, nel nord del Giappone, Tomoko Yamaguchi – che avrebbe poi scelto il nome d’arte Tomoko Aran – si innamorò della musica sin da bambina. Cresciuta ascoltando Cliff Richard ed Elton John, iniziò presto a tradurre in giapponese i testi di band come i T. Rex e i Beatles. Un gioco, all’inizio, ma che ben presto si trasformò in un primo passo verso la scrittura musicale.


Fuyü Kükan - (1983, Warner Bros.)


A soli 19 anni entra nella scuderia della Being Co., componendo canzoni per altri artisti. Ma il momento più luminoso della sua carriera arriva nel 1983 con l’album Fuyu Kukan, rimasto a lungo nell’ombra fino a quando, decenni dopo, è tornato alla ribalta grazie a YouTube e al campionamento del brano Midnight Pretender da parte di The Weeknd nel singolo Out of Time.


Il sound di Tomoko Aran, pur mantenendo le atmosfere morbide e levigate tipiche del City Pop – in particolare nelle ballad mid-tempo vicine allo yacht rock – si distingue per un’anima più audace e futuristica: groove sintetici, trame funk elettroniche che sembrano anticipare la techno, ma sempre al servizio di melodie limpide e immediate. Fuyu Kukan è ricordato anche per essere uno dei primi album giapponesi con una copertina generata al computer, un dettaglio che conferma la sua attitudine visionaria.

La carriera discografica di Aran si conclude nel 1990: da lì in poi, si dedica alla conduzione radiofonica e televisiva e persino alla scrittura di un libro per bambini. Ma Fuyu Kukan rimane il suo lascito più forte: un disco che oggi è considerato un pilastro del genere, più celebrato ora di quanto non lo fosse all’epoca, quando le vendite non furono all’altezza del suo valore.


Tra i brani più memorabili c’è Hannya, che prende il nome dalla celebre maschera del teatro Nō, simbolo della gelosia femminile trasformata in demone. I versi – “Hannya mi dà sempre miseria”, “Hannya dà sempre follia” – raccontano una spirale emotiva incontrollabile, mentre l’arrangiamento, con i suoi synth ipnotici, le chitarre affilate, i bassi pulsanti e i rumori metallici, scolpisce un paesaggio sonoro inquieto e potentissimo. Se non l’avete ancora ascoltato, è il momento giusto: Fuyu Kukan è un album che aspetta solo di essere (ri)scoperto.




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