Disco music, pura e semplice disco. Non andrò a compiere arrampicate su superfici lisce e vetrose per giustificare la scelta del killer groove di oggi, soltanto la voglia di ascoltare un brano che sia da viatico per il 2014 e mi affranchi per sempre dalle miserie del 2013. Il brano l'ho preso dalla colonna sonora di Saturday Night Fever, l'autore è David Shire, compositore di musical per Broadway e colonne sonore per il cinema, da ricordare la o.s.t. de "La Conversazione" di Francis Ford Coppola, nonché per la televisione. Di questo brano mi piace il groove che riescono a creare i fiati e l'atmosfera che focalizza bene la New York danzereccia dei tardi anni '70. Niente di più, ma oggi mi basta così.
sabato 28 dicembre 2013
KILLER GROOVE: DAVID SHIRE, MANHATTAN SKYLINE
Disco music, pura e semplice disco. Non andrò a compiere arrampicate su superfici lisce e vetrose per giustificare la scelta del killer groove di oggi, soltanto la voglia di ascoltare un brano che sia da viatico per il 2014 e mi affranchi per sempre dalle miserie del 2013. Il brano l'ho preso dalla colonna sonora di Saturday Night Fever, l'autore è David Shire, compositore di musical per Broadway e colonne sonore per il cinema, da ricordare la o.s.t. de "La Conversazione" di Francis Ford Coppola, nonché per la televisione. Di questo brano mi piace il groove che riescono a creare i fiati e l'atmosfera che focalizza bene la New York danzereccia dei tardi anni '70. Niente di più, ma oggi mi basta così.
martedì 24 dicembre 2013
BUON NATALE
Questo è il mio regalo di Natale per voi. Soul Power, il concerto tenutosi a Kinshasa nel 1974 a corollario del match di pugilato tra Mohamed Ali e George Foreman valevole per il mondiale dei pesi massimi, è ricordato come il più grande evento live di musica soul di tutti i tempi. Un cast da paura: James Brown, The Spinners, Bill Withers, B.B. King, Miriam Makeba ma anche Celia Cruz e i Fania All Star.
Non mi resta che augurarvi, di cuore, un Buon Natale e una buona visione. Vi amo tutti !!
sabato 21 dicembre 2013
KILLER GROOVE: DETROIT EMERALDS, LET'S GET TOGETHER
venerdì 20 dicembre 2013
SOGNO DI BOSSA IN UN POMERIGGIO PIOVOSO
Fu circa alla metà degli anni ottanta, tra band che producevano infima roba commerciale e artisti che provarono a dare un nuovo linguaggio al rock, che si sviluppò una nuova scena ribattezzata "new cool" che andava a ripescare un certo tipo di pop sofisticato infarcendolo di soul, jazz e sonorità brasiliane. E proprio di bossa nova parleremo oggi. Due tra i gruppi che si cimentarono con il genere erano anche agli antipodi tra di loro: da una parte gli Everything But The Girl autori di una incantevole opera prima, "Eden", dall'altra i Matt Bianco, dediti ad un pop si di facile ascolto ma ben scritto e molto raffinato. Sia gli EBTG che i Matt Bianco avevano al loro interno due tra le voci femminili più peculiari e belle del periodo, Tracey Thorn per i primi e la cantante di origine polacca Basia per i Matt Bianco e ambedue ci fecero ricordare della bossa brasiliana con due canzoni che funsero da apripista per chi del Brasile conosceva la spiaggia di Copacabana o al massimo le imprese di Pelè e Garrincha. "Each and Everyone" era anche il brano che apriva il disco degli EBTG, un incipit rarefatto alla tromba per poi dispiegarsi con malinconia e saudade accarezzati dalla voce di Tracey, la tipica canzone che ti immagini di ascoltare in un pigro pomeriggio piovoso sognando di essere sulle spiagge di Rio,"Half A Minute" dei Matt Bianco questa volta cantata unicamente da Basia (peccato che i MB avessero anche un solista maschile) era invece più giocosa, era il Brasile visto dagli occhi di un europeo appena atterrato colà. Due canzoni che furono anche un paradigma di un sogno che fece illudere in chi sperava in un rinnovamento della musica pop virata con le tonalità di queste band -altre ve ne furono in quegli anni - ricordate i Prefab Sprout, i Deacon Blue, The Kane Gang, i Working Week, gli Aztec Camera, gli Orange Juice e i Pale Fountains ? Come è andata a finire lo sappiamo, sconfitta su tutti i fronti dalle forze del tamarro e del banale a tutti i costi, di questa musica non rimane che un ricordo velato di malinconia.
lunedì 16 dicembre 2013
NEVE VIOLA SU MINNEAPOLIS: IL FUNK PRIMA DI PRINCE
Credo che sappiate cosa penso dei cofanetti che vengono pubblicati con regolarità con l'approssimarsi delle festività natalizie; il più delle volte trattasi di vere truffe, con l'ennesima riproposizione di brani straconosciuti di artisti strafamosi, magari con l'aggiunta di un paio di inediti dell'artista di turno impegnato a fare gargarismi mattutini. Non sono contrario invece alla pubblicazione di cofanetti che abbiano un senso, specialmente quando si va a scavare in aspetti poco conosciuti del panorama musicale. E' il caso ad esempio di una raccolta uscita da poco per la Numerogroup Records contenente due cd (oppure 4 vinili se preferite) ed un libretto che ci racconta della misconosciuta scena funk e soul di Minneapolis pre-successo di Prince. "Purple Snow: Forecasting The Minneapolis Sound" il titolo della raccolta, dove in trentadue brani ci viene raccontata in musica, a partire dai primi anni settanta fino al 1984 circa, come la scena indie-soul di Minneapolis abbia contribuito in maniera decisiva nello svecchiare la musica black; parliamo di sonorità che pur prendendo spunto dai maestri del funk e dal philly sound si sono sviluppate in maniera autonoma prediligendo uno stile asciutto e mai magniloquente e zuccheroso. Una scena che insieme ad un giovane Prince alla chitarra, come possiamo ascoltare nel primo brano del disco, ha dato risalto ai primi synth che per cause di costi sostituivano gli archi. Dove le produzioni erano veramente all'osso, e in questi dischi se ne ascoltano diverse, come ad esempio "Can you deal with me" dei "Quiet Storm" dove la registrazione sembra arrivare da una stereo-cassetta, si sopperiva con l'inventiva e la sperimentazione al punto che molti di questi brani sono arrivati inediti fino ai nostri giorni. Da segnalare in questi brani, oltre alla presenza di un giovane Prince, anche quella di Jimmy "Jam" Harris e Terry Lewis nel tempo divenuti due tra i maggiori autori e produttori di r'n'b, oltre ad essere due colonne portanti della band "rivale" di Prince, i "Time" di Morris Day e della futura star r'n'b Alexander O'Neal. Per oggi mi fermo qui e vi consiglio caldamente di ascoltare questa meraviglia.
sabato 14 dicembre 2013
KILLER GROOVE: THE CLASH, "THE MAGNIFICENT SEVEN"
"Sandinista" fu un meraviglioso disco pieno zeppo di stili e contaminazioni musicali che dette risalto per la prima volta in un disco di rock ai suoni che arrivavano dalla Giamaica, dub in primis e dai ghetti afroamericani. Registrato a New York nell'aprile del 1980 "The Magnificent Seven" fu il primo brano di una band bianca che si approcciava alla nascente scena hip-hop - "Rapper's Delight" della "Sugarhiil Gang" fu registrata giusto un anno prima - con tutta la furia e la rabbia che Joe Strummer e compagni mettevano nel creare la loro arte. Pezzone con base funk e linea di basso che suona come suonerebbero gli "Chic" spogliati dalla loro eleganza, declamazione di versi anticapitalistici da parte di Strummer, ne fu tratto un singolo che arrivò al nr. 34 della Uk Singles Chart ma sopratutto brano imprescindibile per tutti quei dj's con sale in zucca - un nome su tutti, Larry Levan - che la piazzavano nel mezzo delle loro scalette tra un Sylvester e una Grace Jones. Il merito di "Sandinista" in fondo è stato quello di aver fatto conoscere ad una generazione cresciuta a pane e rock l'esistenza di altre scene che meritavano di essere ascoltate e vissute e mi dispiace per quei pochi che ancora oggi non ne hanno colto l'essenza e l'importanza.
lunedì 9 dicembre 2013
TENGO LA MUTANDA NERA (OCCHIO, LINGUAGGIO ESPLICITO)
Nel mezzo del sentir di tal vinile, mi imbattei in una materia oscura, che la diritta via avea smarrita....si narrava di peni enormi, vagine, deretani, posizioni strane, sesso matto, mutandine nere. Ohibò mi son detto, chi è tale poeta che declama questo verbo accompagnato da musici e parlatori, forse colui che scriveva questi versi?
"Tu, Lesbia, vuoi che l'abbia ritto all'infinito, credimi, il cazzo non è proprio uguale a un dito.
Tu l'accarezzi parlandogli da amico, ma il fare tuo impetuoso ti è nemico."
No, troppo lirico, questo era Marziale, Roma antica.
Ecco magari è quello che ha scritto questo poemetto:
"Perch'io prov'or un sì solenne cazzo che mi rovescia l'orlo della potta, io vorrei esser tutta quanta potta,
ma vorrei che tu fossi tutto cazzo.
Perché, s'io fossi potta e tu cazzo, isfameria per un tratto la potta, e tu avresti anche dalla potta
tutto il piacer che può aver un cazzo.
Ma non potendo esser tutta potta, né tu diventar tutto di cazzo, piglia il buon voler da questa potta.
- E voi pigliate del mio poco cazzo la buona volontà: in giù la potta ficcate, e io in su ficcherò il cazzo;
e di poi su il mio cazzo lasciatevi andar tutta con la potta: e sarò cazzo, e voi sarete potta."
No, questo arriva dal Rinascimento, Pietro Aretino si chiamava e non faceva certo l'r'n'b.
Ci sono, sicuramente avrà scritto questa poesia, si chiama "Er Padre de li Santi"
"Er cazzo se po di' radica, ucello, cicio, nerbo, tortore, pennarolo, pezzo-de-carne, manico, cetrolo,
asperge, cucuzzola e stennarello.
Cavicchio, canaletto e chiavistello, er gionco, er guercio, er mio, nerchia, pirolo, attaccapanni, moccolo, bruggnolo, inguilla, torciorello e manganello.
Zeppa e batocco, cavola e tturaccio, e maritozzo, e cannella, e ppipino, e ssalame, e ssarciccia, e ssanguinaccio.
Poi scafa, canocchiale, arma, bambino. Poi torzo, crescimmano, catenaccio,minnola, e mi'-fratello-piccinino.
E tte lascio perzino, ch'er mi' dottore lo chiama cotale, fallo, asta, verga e membro naturale.
Quer vecchio de spezziale dice Priapo; e la su' moje pene, segno per dio che nun je torna bene."
No, neanche questo, non è il Piotta però e neppure la Flaminio Maphia, trattasi di Giuseppe Gioacchino Belli poeta romano del diciannovesimo secolo.
Chi sarà allora? Di sicuro quel che scrive e canta è assai più noioso di questi versi e certamente ha scoperto l'acqua calda.
domenica 8 dicembre 2013
KILLER GROOVE: BELLE & JAMES, "LIVIN' IT UP (FRIDAY NIGHT)"
Leroy Bell (nipote di Thomas Bell mitico produttore degli The Stylistics, degli The Delfonics e degli The Spinners) e Casey James furono un duo di musicisti bianchi che operò nella Philadelphia di fine anni '70, quindi in pieno Philly Sound. Concittadini di un altro duo che operò in quegli anni, Hall & Oates - ne furono una versione più orientata al disco/funk - non hanno avuto molti dischi al loro attivo essendo principalmente autori per altri artisti dell'etichetta di Gamble e Huff, la Philadelphia International, tra i quali Phillys Hyman, The O'Jays, MFSB, The Three Degrees, Gladys Knight & The Pips, ma anche Elton John. Con tre soli album all'attivo, dal 1978 al 1981, dalle alterne fortune, ebbero però il tempo di regalarci questa "killer groove" che inaugura questa mini rubrica di "pezzoni" rimasti nella storia della musica soul; "Livin' it up (Friday Night) ha un tiro funk inconfondibile, fu assai ballata nei dance hall che ebbero la fortuna di avere degli avveduti Dj's ed arrivò fino al nr. 7 della U.S Black Single di Billboard e al nr.15 della HOT 100. Bella e trascinante come poche, fa ancora la sua porca figura in qualunque party che si rispetti.
venerdì 6 dicembre 2013
IL MIELE DI FRANCO MICALIZZI & THE BIG BUBBLING BAND
mercoledì 4 dicembre 2013
UN MONDO DA SCOPRIRE: DA LATA
Dieci anni sono una vita discograficamente parlando, ma Patrick Forge e Chris Franck, due musicisti che hanno contribuito alla nascita della World Fusion con la loro band "Da Lata" non hanno perso niente del loro istinto nel creare groove che ti si stampano in testa. "Fabiola" questo il titolo del nuovo album, uscito lo scorso 21 di ottobre per l'etichetta "Agogo Records" è un bell'esempio di come dovrebbe essere intesa la musica che fonde sonorità tradizionali dei paesi a cui si ispira con l'elettronica e i generi codificati del music business. A fronte di una spiccata propensione verso le sonorità africane, il disco contiene in se i germi del funk e del rock, un po' di Brasile, spoken word, psichedelia, soul e dub; forse a qualcuno potrà sembrare un minestrone e nulla più ma se prestate attenzione alle canzoni queste hanno il respiro e i colori del mondo a cui si ispirano. Mai pesanti e tediose questi brani riescono a compiere opera culturale mediante le note di un pentagramma e ti fanno venire la voglia di andare a scoprire la fonte di quel folklore che non è fatto ad uso e consumo dei turisti ma è spesso la coscienza e l'anima di un popolo. Aldilà della bellezza del disco, questo è forse il merito e la funzione principale che dischi di questo genere devono avere. Un bel dieci pieno a questo lavoro, stra-meritato.
lunedì 2 dicembre 2013
ANTEPRIMA: THE PEPPER POTS
La prima cosa che ti viene in mente quando pensi alla Catalogna, probabilmente sono le giocate di Lionel Messi e il tiki taka del Barcellona e se al posto del calcio ci mettiamo la musica è molto facile che vi siate prima o poi imbattuti nelle sonorità degli "The Pepper Pots". La band catalana se ne esce con un nuovo album in uscita il prossimo 9 Dicembre dal titolo "We Must Fight", per la label tedesca "Legere Recordings", il sesto dopo dieci anni di onorata carriera nel campo della musica soul. La prima cosa che balza all'orecchio è quella di trovarsi davanti ad una macchina del tempo, direzione anni '60, in quel di Detroit; la musica che girava da quelle parti, quel soul leggiadro e zuccherino che passerà alla storia come "Motown Sound" lo ritroviamo qui cotto e servito e le canzoni filano via lisce, anche troppo verrebbe da dire. Probabilmente il vostro recensore dopo anni passati ad ascoltare dischi più o meno buoni si aspetterebbe uno scatto in più da queste band che non sia soltanto una mera riproposizione di suoni già sentiti innumerevoli volte con l'aggravante che gli originali suonano certamente più credibili ma anche più "grezzi", nonostante l'alto grado di glucosio dello stile Motown; intendiamoci l'album è gradevole e si ascolta tutto di un fiato, ma onestamente mi sarei aspettato qualcosa in più. Un esempio calzante di come si possa rinnovare il genere pur restando in un ambito di revival è il disco uscito qualche mese fa di Nicole Willis & The Soul Investigators a titolo "Tortured Soul", dove il soul degli anni '60 si fondeva con il funk non disdegnando sonorità più elettroniche. Tornando agli "The Pepper Pots" una nota di merito va ascritto alle due voci soliste, belle e melodiche al punto giusto, ben accompagnate dagli strumentisti che focalizzano in maniera pertinente il sound della band. Si può dare di più, recitava una vecchia canzone, e vista la bravura che i ragazzi dimostrano mi auguro che la prossima prova sia un po' più grezza e meno smielata.
Iscriviti a:
Post (Atom)