Nel mezzo del sentir di tal vinile, mi imbattei in una materia oscura, che la diritta via avea smarrita....si narrava di peni enormi, vagine, deretani, posizioni strane, sesso matto, mutandine nere. Ohibò mi son detto, chi è tale poeta che declama questo verbo accompagnato da musici e parlatori, forse colui che scriveva questi versi?
"Tu, Lesbia, vuoi che l'abbia ritto all'infinito, credimi, il cazzo non è proprio uguale a un dito.
Tu l'accarezzi parlandogli da amico, ma il fare tuo impetuoso ti è nemico."
No, troppo lirico, questo era Marziale, Roma antica.
Ecco magari è quello che ha scritto questo poemetto:
"Perch'io prov'or un sì solenne cazzo che mi rovescia l'orlo della potta, io vorrei esser tutta quanta potta,
ma vorrei che tu fossi tutto cazzo.
Perché, s'io fossi potta e tu cazzo, isfameria per un tratto la potta, e tu avresti anche dalla potta
tutto il piacer che può aver un cazzo.
Ma non potendo esser tutta potta, né tu diventar tutto di cazzo, piglia il buon voler da questa potta.
- E voi pigliate del mio poco cazzo la buona volontà: in giù la potta ficcate, e io in su ficcherò il cazzo;
e di poi su il mio cazzo lasciatevi andar tutta con la potta: e sarò cazzo, e voi sarete potta."
No, questo arriva dal Rinascimento, Pietro Aretino si chiamava e non faceva certo l'r'n'b.
Ci sono, sicuramente avrà scritto questa poesia, si chiama "Er Padre de li Santi"
"Er cazzo se po di' radica, ucello, cicio, nerbo, tortore, pennarolo, pezzo-de-carne, manico, cetrolo,
asperge, cucuzzola e stennarello.
Cavicchio, canaletto e chiavistello, er gionco, er guercio, er mio, nerchia, pirolo, attaccapanni, moccolo, bruggnolo, inguilla, torciorello e manganello.
Zeppa e batocco, cavola e tturaccio, e maritozzo, e cannella, e ppipino, e ssalame, e ssarciccia, e ssanguinaccio.
Poi scafa, canocchiale, arma, bambino. Poi torzo, crescimmano, catenaccio,minnola, e mi'-fratello-piccinino.
E tte lascio perzino, ch'er mi' dottore lo chiama cotale, fallo, asta, verga e membro naturale.
Quer vecchio de spezziale dice Priapo; e la su' moje pene, segno per dio che nun je torna bene."
No, neanche questo, non è il Piotta però e neppure la Flaminio Maphia, trattasi di Giuseppe Gioacchino Belli poeta romano del diciannovesimo secolo.
Chi sarà allora? Di sicuro quel che scrive e canta è assai più noioso di questi versi e certamente ha scoperto l'acqua calda.
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