domenica 29 gennaio 2012

ROBERT BYRNE E LA DIFFICILE ARTE DELLE BALLATE


Questa mattina parliamo di un'artista che con soli due album ha inciso un'altro tassello per la definizione del sound pop-soul californiano. Robert Byrne da Detroit, nessuna parentela con David in tutti i sensi, è stato un musicista che ha inciso solo due album, il primo "Blame it on the night" del 1979 e "An eye for an eye" del 1981 in compagnia del pluristrumentista Brandon Barnes, ma è sul primo album che ci focalizzeremo. "Blame it on the night" rimane uno dei dischi più belli del meta-genere west coast pop, ci troviamo canzoni sofisticate dai suoni avvolgenti ed eleganti, uniche come le Polaroid che illustrano la copertina del disco, con momenti che ricordano il miglior Michael Mc Donald, tutte ugualmente belle al punto che è difficile indicarne una che svetti sulle altre. A chi è appassionato alla difficile arte delle ballate, sappiate che qui ne troverete alcune tra le più belle mai scritte, incastonate in una confezione sonora che fa da supporto e mette in risalto le qualità vocali di Byrne. Il disco, come altri del genere, ha venduto una miseria negli States, andando fuori catalogo in poco tempo e se una gemma del genere è riapparsa tra noi mortali, lo dobbiamo alla lungimiranza dei giapponesi che lo hanno ristampato sottraendolo alle manie collezionistiche - c'è chi si sarebbe venduto la mamma per venire in possesso del vinile originale - rendendolo disponibile a prezzi più umani. La vicenda di Byrne proseguirà come detto nel 1981, con un album pubblicato solo per il mercato giapponese, ma visti i deludenti risultati di vendita anche in questo caso, il nostro tornerà dietro le quinte a scrivere canzoni e a collaborare con altri artisti. Robert Byrne lascerà questa valle di lacrime nel 2005, in circostanze misteriose, lasciando in eredità una manciata di canzoni e forse, in qualche musicista, la ricetta per scrivere delle meravigliose ballate.



sabato 28 gennaio 2012

NEAPOLITAN POWER

Di questo disco non ne parlerò mai bene abbastanza, uno degli album fondamentali della musica italiana e naturalmente, del vostro blogger. Il pezzo in questione poi, suonato dal vivo e per chi ha avuto la fortuna di assistere ad un concerto di Pino Daniele in quegli anni, è uno di quelli che resterà scolpito nella memoria. Si è chiamato "Neapolitan Power", un genere coniato per descrivere tutto il movimento di musicisti di e intorno Napoli che fondevano l'amore per il blues, il funk, il jazz e la melodia partenopea in un tutt'uno, ritmi "negroidi", mi sia concesso il termine in senso positivo, un flusso di note e di emozioni, nato dall'ascolto della musica americana e di vecchie canzoni napoletane. James Senese con gli Showmen prima e i Napoli Centrale dopo, Toni Esposito, Tullio De Piscopo, Enzo Gragnaniello, Enzo Avitabile, questa una lista certamente riduttiva dei musicisti che fecero una vera e propria rivoluzione nel campo della musica italiana. Una rivoluzione però senza fare canzoni di protesta, bastava la forza di quel linguaggio per renderla tale. E per inciso, l'ultima vera rivoluzione nella musica italiana.

giovedì 26 gennaio 2012

GRATITUDINE

L'album "Gratitude" degli EWF, primo album live della band comprendente anche brani registrati in studio, mise il sigillo alla prima parte della carriera del gruppo afroamericano, e contemporaneamente fu indicato il nuovo indirizzo che la band di Maurice White avrebbe intrapreso negli anni successivi. La parte dal vivo è infatti un best degli album fin lì realizzati, dove la parte più funk del gruppo è posta in risalto con delle esecuzioni impeccabili ed energiche, ascoltare per credere, i brani da studio sono il primo esempio, nella loro perfezione e raffinatezza di quello che diventerà il sound degli EWF, così come sarà conosciuto in futuro dalla maggioranza delle persone. All'epoca erano già delle superstar in America, avendo venduto milionate di copie dei loro dischi, questo album fu l'ariete che scardinò le difese del resto del mondo, visto che anche un album immenso come "That's the way of the world", precedente a "Gratitude", non fece comprendere alla moltitudine la grandezza del suono della band.
"Gratitude" nella parte live è anche il riconoscersi nelle proprie radici africane, è la riproposizione di brani quali "Shining Star" e "New World Simphony", per inciso due canzoni che da sole valgono l'acquisto dell'album.
E qui, signori miei, se mai qualcuno vi chiedesse quali sono stati i migliori album dal vivo mai realizzati, potete metterci di diritto "Gratitude".

martedì 24 gennaio 2012

UN UOMO A NUDO


Posto a cavallo tra "Innervisions" e "Songs in the key of life", l'album "Fullfillingnes First Finale" è negli anni diventato un classico "minore" della discografia di Stevie Wonder. Riascoltandolo in questi giorni devo dire che mai impressione fu più sbagliata; non ci sono magari dei brani che colpiscono al primo ascolto come negli altri album sopracitati, ma tutto il corpus delle canzoni ne fa un disco unico, dal tono cupo e dall'impronta più intimista rispetto agli altri. Più asciutto e scarno negli arrangiamenti e nei suoni , qui infatti Wonder ha suonato quasi tutti gli strumenti alla stregua di un one-man band, quel che ne risulta è però un disco di una sincerità ed una messa a nudo dell'uomo Wonder quasi disarmante. Più una raccolta di canzoni che un album concept come era il precedente e come lo sarà il successivo, dove Wonder sembra aver posato l'ascia di guerra della denuncia sociale, escluso il brano "You haven't do nothin'", dove fa' un attacco diretto all'amministrazione Nixon, in riferimento anche al caso Watergate. Tra tutte le canzoni del disco, la mia preferita è "Creepin" una canzone sospesa tra l'amore e il sognare di esso, carezzevole senza cadere nella ruffianeria, come soltanto le canzoni di Stevie Wonder riescono ad essere.

domenica 22 gennaio 2012

CONOSCI DANE DONOHUE ?


Proseguiamo nella bella consuetudine domenicale di dedicare i post agli artisti che hanno reso grande il pop west coast californiano di fine anni '70, un genere considerato di "confine", pur essendo di facile ascolto. Oggi voglio ritornare a parlare di un'artista a cui avevo già dedicato quattro righe un paio di anni fa'. Lui è il misconosciuto Dane Donohue, autore di un unico disco a suo nome nel lontano 1978, la cui particolarità è nell'essere riuscito a creare un'opera tra le più belle del genere, per quanto sconosciuta. Suonato dai migliori turnisti in circolazione del momento e prodotto da Terence Boylan è un disco che ogni volta che lo ascolto mi regala delle emozioni da tanto è bello, ma di una bellezza che, per chi apprezza il genere, sfugge a qualsiasi catalogazione. Peccato che non devono averla pensata così i discografici che hanno reso irreperibile per molti anni il disco, se non a prezzi esorbitanti, e sopratutto la non promozione dello stesso è stato soltanto un altro alibi meschino per gli operatori del settore, giornalisti e dj dei network radiofonici, per mascherare la propria ignoranza ed incompetenza in materia.
"Tracey", "Can't be seen" e "Woman" sono le canzoni più "nere" del disco, che danno vita a dei raffinati esempi di pop soul come pochi ne possiamo ascoltare e siccome questo album è come un buon vino d'annata, anche i brani vanno centellinati. Quindi oggi sotto con "Can't be seen", per gli altri ci sarà spazio in futuro in altri post da dedicare al nostro.

sabato 21 gennaio 2012

IL LUNGO ADDIO: JIMMY CASTOR, 1940-2012


Jimmy Castor, sassofonista e percussionista nonché leader della Jimmy Castor Bunch è scomparso lo scorso 16 Gennaio per cause sconosciute. Lo ricordo come uno dei leggendari funkster degli anni '70, autore di uno dei dischi più citati e campionati negli anni a venire, si parla di ben 3000 campionamenti, non so se mi spiego. Il disco è "It's just begun" uscito nel 1972 e consacrerà Jimmy Castor alla gloria del funk, la title track sarà poi inserita nel film "Flashdance" nella scena dove si esibiscono i breakdancer e l'altro singolo, "Troglodyte", verrà campionato da una schiera di rapper's ed hip hopper's nel corso degli anni.
Nato a New York, aveva iniziato la sua carriera come cantante doo-wop durante la metà degli anni '50, inciderà il suo primo disco nel '56, "I promise to remember", canzone che fu portata al successo dall'amico Frankie Lymon, altra leggenda del doo-wop, con la sua band, "Frankie Lymon and The Teenagers". Lo stesso Castor si unirà alla band dell'amico ormai scomparso da tempo, per la reunion del 1990. Insieme alla moglie e ai suoi quattro figli, due maschi e due femmine, lo piangono tutti i fratelli uniti dal funk e dal soul sparsi per il mondo.
So long, Jimmy, riposa in pace.
P.s. Mentre sto scrivendo mi è giunta notizia della scomparsa di Etta James, un'altra grande artista soul. Ciumbia, bel modo di iniziare l'anno.



giovedì 19 gennaio 2012

LA MUSICA A COLORI DI LAMONT DOZIER


Lamont Dozier è stato uno dei compositori, insieme ai fratelli Edward e Brian Holland, che ha reso grande la musica soul, in particolare nel versante Motown. Credo che più o meno tutti conosciate le canzoni lasciate in eredità dal trio - ve ne cito una soltanto, "Reach out (i'll be there) e credo che basti - sono certo invece che siano pochi quelli che conoscono la produzione solista di Dozier. Abbandonati i fratelli Holland nel 1973, Dozier iniziò la carriera solista con il disco "Out here on my own", fino ad arrivare nel 1977 a pubblicare il suo capolavoro "Peddlin' music on the side". Disco veramente epocale, non fosse altro per un brano che conoscono anche i sassi, probabilmente nella cover di Richie Havens o sicuramente in quella degli Odyssey, ovvero la superba "Going back to my roots". Inutile dire che la versione di Dozier è di una spanna superiore, meno semplicistica delle altre, votate più che altro ad essere ballate in discoteca, qui invece, benché uno si possa dilettare comunque nella danza, abbiamo una gamma ed una sfumatura di strumenti che piano piano ti portano veramente alle radici di Dozier e di tutti i neri d'America; prima con i cori femminili poi con la bella coda strumentale di tre minuti, dove le suggestioni africane sono sublimate da strumenti e suoni tipici del continente. Ma il disco non è solo questo, mi piace segnalare fra tutti i pezzi una ballad che si stacca per bellezza dalle altre: "What Am I Gonna Do 'Bout You (Girl)", un mid tempo dove Dozier si destreggia tra piano e orchestra, ascoltare come viene arrangiata quest'ultima, con una coda qui di piano solo virato jazz. Un album bello e dimenticato. Cercatelo e suonatelo, passerete 40 minuti di estasi pura.




martedì 17 gennaio 2012

IN PRINCIPIO ERA IL FUNK


Per molti James Brown è stato quel pagliaccesco cantante che faceva sfoggio del reaganismo nella colonna sonora di Rocky IV, senza minimamente sapere quello che ha rappresentato e sopratutto senza sapere la rivoluzione da lui operata nel campo della musica soul. La sua intuizione, geniale e semplice al tempo stesso, fu quella di riportare la musica dei neri d'America nel campo della poliritmia africana, per semplificare, a quest'uomo dobbiamo la nascita del FUNK, con tutto quello che ne è scaturito dopo. L'anno in cui venne rivoluzionata per sempre la musica soul fu il 1965, non a caso un anno decisivo anche per le rivendicazioni sociali della popolazione nera, il brano era "Papa's got a brand new bag", vero prototipo della funk music. Mentre il mondo ancora ballava con i suoni e le canzoni della Motown, c'era chi sperimentava un nuovo groove che in poco tempo riuscì a sconvolgere il mondo della musica, non solo quella black. Ma in merito a questo, lasciamo la parola a James Brown, ecco come descrisse quella novità da lui introdotta: "Fu quella canzone il punto di svolta, e da allora tutti cambiarono direzione. Non feci che spostare l'accento ritmico sulla prima e sulla terza misura della battuta, anziché, come era tipico sulla seconda e sulla quarta. Non feci solo questo, comunque, perché presi anche il gospel e il jazz e sfidai tutte le regole". Coaudiuvato da un gruppo, con a capo Alfred "Per Wee" Ellis, quello che si ascoltò per la prima volta fu una specie di caos organizzato, mai ascoltato prima di allora. Jam furiose dove i fiati e la batteria accentavano la parte destinata ad un downbeat, il basso che sembrava andare fuori tempo rispetto alla batteria, le tastiere e la chitarra e quest'ultima che veniva suonata come uno strumento a percussione. Vedremo in seguito come si evolverà il suono di James Brown e di conseguenza quali furono i discepoli che seguirono il maestro sulla via del rinnovamento della musica soul.
Fonte: Funk-Ricky Vincent ed. Odoya

venerdì 13 gennaio 2012

GLORIA JONES vs.SOFT CELL: TAINTED LOVE, 1964


Di questo brano forse la maggioranza delle persone crede che la versione originale e quella migliore sia quella del duo elettropop dei Soft Cell. Oddio, anche il sottoscritto, prima di vedere la luce lo pensava, salvo poi ricredersi e buttare alle ortiche tutto quel ciarpame loffio decadente. Al cospetto della versione di Gloria Jones, l'unica, quella dei Soft Cell è roba che va bene per i programmi alla carloconti, cioè avete capito, quelle trasmissioni tv dove passano il peggio di anni altrimenti esaltanti. Il pezzo è stato rifatto da millanta gruppi ed artisti, qui in Italia mi ricordo di una cover virata in rockabilly dei catanesi Boppin' Kids, da pomodori fradici sul viso invece la versione di Marilyn Manson.
Gloria Jones, anche se avesse cantato solo questo pezzo, basterebbe per farla entrare di diritto nel pantheon della musica di tutti i tempi. Una curiosità, che aggiunge ulteriore merito alla ragazza, è quella di essere stata la donna di Marc Bolan, cioè un vero "decadente", altro che Marc Almond.
P.s. A proposito, questo è il Marc - Almond che preferisco.



mercoledì 11 gennaio 2012

IL SOUL SCARNO DI CLAIRY BROWNE AND THE BANGIN' RACKETTES

"Baby Caught The Bus" è l'album di debutto di Clairy Brown an The Bangin' Rockettes, combo di nove elementi proveniente da Melbourne, Australia, fedele al verbo Stax e Motown, undici brani di ruvido r'n'b, doo wop, e northern soul, tutto giocato sulla voce di Clairy, dolce e sporca come lo sono le voci delle sue muse ispiratrici, Etta James e Tina Turner.
Per noi orfani di Amy Winehouse diciamo che può essere una consolazione vedere che c'è ancora chi si diletta con le vie del soul, e seppure la nostra Clairy ha ancora da pedalare, questo disco lascia ben sperare per il futuro, se il gruppo riuscirà a tener dritta la barra della qualità senza scendere a compromessi ed ammorbidimenti di suono.
Tra le canzoni che compongono il disco da segnalare la title track, "Love Letter", "Vicious Cycle" e la bella cover di "Bang Bang".
Insomma come avrete capito, ci troviamo di fronte ad una band che sa il fatto suo e ad un bel disco d'esordio, a cui si accomuna una buona presenza on stage. A tal proposito, speriamo quanto prima che attraversino l'oceano per vederli nel vecchio continente.


Questa è "Vicious Cycle"


lunedì 9 gennaio 2012

BOZ SCAGGS: LOWDOWN, 1976

Mi piace pensare che questa canzone, insieme a "Do it Again" degli Steely Dan e a "She's Gone" di Hall ed Oates sia portata ad esempio di quella corrente musicale chiamata "blue eyed soul", ovvero musica dell'anima suonata da bianchi. Può essere usata anche come sinonimo di musica di classe, se mai questo termine voglia significare qualcosa. Pur nella sua facilità di ascolto, questa canzone, come altre del genere, sono pezzi che più che alla pancia parlano al cervello, talmente sono elaborati nella loro costruzione e nei loro cambi armonici. Ma basta la linea di basso e l'entrata dei fiati per toglierti di dosso i freni inibitori, portandoti ad un godimento assoluto. E pensare che il brano, uscito come singolo nel '76 dall'album "Silk Degrees", non ottenne subito quel clamoroso successo che ebbe poi, un milione di copie vendute e Grammy per il miglior brano r'n'b dell'anno, ma grazie alla lungimiranza ed all'insistenza di un Dj di una radio di Cleveland, che la passava a getto continuo, ed al conseguente passaparola tra gli ascoltatori, è diventato un brano di riferimento per il genere. La canzone è stata scritta da Boz insieme a David Paich, suonata dalla crema dei musicisti californiani, tra cui Jeff Porcaro e David Hungate e molta della sua riuscita è dovuta sicuramente alla produzione in studio, dove le tecniche di registrazione usate hanno contribuito al successo della stessa.

sabato 7 gennaio 2012

MANDRILL: GET IT ALL, 1974 - ECHOES IN MY MIND, 1979

Ecco un esempio di buona musica che arriva dal passato e praticamente sconosciuta da tutti, o quasi. I Mandrill, con la loro miscela di riff rockeggianti, funk, ritmi latini e jazz avevano tutto il necessario per far sballare gli appassionati di musica di inizio anni '70. La band guidata dai fratelli Wilson, Louis, Carlos e Dr. Ric, insieme ad Omar Mesa alla chitarra, Claude Cave alle tastiere, Neftali Santiago alla batteria e Fudgie Kae al basso, fu un combo multietnico e la loro musica fu una vera e propria lezione di storia e di stili. Il loro primo omonimo disco è datato 1970 ed ottenne un discreto successo nella classifica dei top soul albums di Billboard, così come i successivi, tanto da far pronosticare a molti che sarebbero diventati delle vere e proprie superstar. Quello che però accadde per i Kool and the Gang e gli Earth Wind and Fire, ovvero partire dal funk puro e duro per approdare a sonorità più levigate, che seppur di qualità furono decisive per far scalar loro le classifiche di vendita, non successe per i Mandrill, che rimasero sempre fedeli al verbo del funk meticcio[1] senza compromessi degli esordi. La loro musica "urbana" è stata omaggiata dal regista Walter Hill nella colonna sonora "The Warriors" con il brano "Echoes in My Mind", perfetta per descrivere il mood del film.

[1] E questo a conferma della mia tesi che per trovare delle "novità" non importa perdersi nella ricerca spasmodica del nuovo ad ogni costo; basta farsi un giro nel retrofuturo.



venerdì 6 gennaio 2012

NICOLA CONTE: KIND OF SUNSHINE, 2004


Ecco un esempio di musicista italiano fuori dai soliti schemi e dal solito giro del solito rock - a proposito, finalmente anche una voce come Gino Castaldo si è reso conto dell'ineluttabile - leggete un po' qua e ditemi che ne pensate. Ritornando al nostro Nicola, questo splendido pezzo che in poco più di tre minuti vi fa' capire cos'è la classe e lo stile è tratto dal suo album del 2004 "Other Directions" uscito per la Schema Records, album tra i migliori del nostro, più improntato al jazz che non all'altra sua grande passione, la bossa. Un attacco, voce e basso, ipnotico, prima dell'arrivo rullante della batteria; ecco se si può applicare la psichedelia ad un brano jazz, questo ne è un'esempio, il tutto nella ricerca di un groove che rimanda alle vecchie colonne sonore di film italiani dei sixties.
Se veramente come dice Castaldo il rock è finito, forse sarebbe il caso di dare importanza a questi musicisti che perlomeno sono apprezzati anche all'estero. Ma capisco che per le orecchie del bel paese è chiedere troppo.

giovedì 5 gennaio 2012

DOCTOR WU AWARDS 2011: MALE VOCALIST OF THE YEAR - WILL DOWNING

C'era da aspettarselo; è bastato un extended play di cover di quattro canzoni, "Yesterday" il titolo, il primo di una trilogia, gli altri due si chiameranno, pens'n'po', "Today" e "Tomorrow", per consentire a Will Downing di sbaragliare la concorrenza. Nonostante il cantante americano possieda una delle voci più calde e vellutate del panorama soul/r'n'b, dopo la scomparsa di artisti quali Teddy Pendergrass e Luther Vandross sommata alla prolungata assenza di Stevie Wonder, capite bene che il nostro abbia avuto vita facile per conseguire il premio.
Will Downing è il tipico esempio di artista che ha fatto della propria voce il marchio caratteristico nonché lo strumento principe della sua musica, come lo senti stai pur certo che lo riconoscerai tra mille. E una volta tanto permettetemi di gustarmi delle soul ballad fatte alla vecchia maniera; se vi piace la pietanza accomodatevi pure, può essere un modo per digerire quel terribile disco natalizio di "MaicolBabblè", che probabilmente qualche vecchio zio vi avrà regalato per le feste.
E con questo grande artista, si concludono i "Doctor Wu Awards" per il 2011. Dal prossimo post si ritorna al vecchio regime.
Enjoy it !



Questa non c'entra 'na mazza con il disco, ma era troppo bella per non proporvela.

martedì 3 gennaio 2012

DOCTOR WU AWARDS 2011: BEST R'N'B/SOUL MALE ALBUM - RAPHAEL SAADIQ : STONE ROLLIN'

Questo disco meriterebbe il premio anche soltanto per il titolo: "Stone Rollin' ". Bello, sa di cose robuste e genuine; e un po' lo è, a dirla tutta. Il nuovo album di Raphael Saadiq, pseudonimo di Charles Ray Wiggins, è infatti un compendio di quello che possiamo intendere per soul music all'ennesima potenza. Come nel precedente lavoro del 2008 "The way I see it" erano i suoni Motown e Stax a farla da padroni, qui abbiamo le sonorità bluesy ed r'n'b della Chess Records come punto focale dell'album, come a chiudere il cerchio su un periodo d'oro della musica soul. Ma non solo, in qualche brano riaffiorano sapori da blaxploitation movie. Raphael Saadiq, già membro negli anni '80 del gruppo "Tony! Toni! Toné!", ha le spalle grosse per cimentarsi con musiche e personaggi che hanno su di se le stimate della leggenda, essendo stato nel corso della carriera produttore di artisti del calibro di John Legend, Joss Stone, le TLC, Mary J. Blige e il grande D'Angelo. Al quinto lavoro in nove anni, il nostro lavora spedito senza tenere minimamente conto di suoni ruffiani da classifica, ma avendo ben dritta davanti a se la barra della buona musica, senza compromessi. C'è chi lo chiama retro-soul, oppure musica derivativa: bene, mandateli 'affanculo, qui c'è quanto basta per farti stare bene e materia a sufficienza per coprire di ridicolo quelli che vanno sempre a cercare il pelo nell'uovo per il gusto di farlo.
Miglior album soul/r'n'b maschile del 2011:
Raphael Saadiq - Stone Rollin'
Sul podio:
Robin Thicke - Love after war
Eric Roberson - Mister Nice Guy
Mayer Hawtorne - How do you do
Will Downing - Yesterday
Heston - Warm Human, Cold World

Questa sarebbe una perfetta colonna sonora per un blaxploitation movie.


Questa invece è la "ghost track" dell'album


Questo invece è un saggio di quel che riesce a fare il ragazzo

domenica 1 gennaio 2012

DOCTOR WU LATE NIGHT SHOW


Questa è il mio augurio per un 2012 pieno di cose buone e tanta buona musica. Una compilation da ascoltare nelle ore della notte, o quando più vi aggrada.
Vuole essere anche un'omaggio al Dj italo-americano Tom Savarese, che la notte del 31 Dicembre 1978, aprendo la serata, suonava i primi due brani che ascolterete nella scaletta allo Studio 54 di New York.
Buon Anno quindi e buon ascolto.
Enjoy it!

P.s. Non parte subito, pazientate qualche secondo.

La scaletta:
Since I've been gone - Webster Lewis
Loving you, losing you - Phillys Hyman
Oh Lovin' you - The Paragons
Once you get started - Rufus and Chaka Khan
Fantasy - Johnny Hammond
Whisper Zone - Ramsey Lewis
I'll never forget - Dexter Wansel
Pretty Baby - Sister Sledge
It's a pleasure - Sheree Brown
Life on Mars - Dexter Wansel
On the Town - Webster Lewis
Find a Cure - Ashford and Simpson