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Visualizzazione dei post da marzo, 2012

LOST AND FOUND: GOLD - LOST TREASURE FROM 1974

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Questo è un disco che doveva vedere la luce nel 1974, solo che non l'ha mai vista, se non lo scorso anno . Succede che questa band (s)conosciuta come "Gold" abbia inciso del materiale per pubblicare un album, ma che per i casi della vita questi non siano mai stati messi su disco e che i nastri siano finiti abbandonati dentro una scatola nel capannone posto dietro agli studi di registrazione, nei pressi di Las Vegas. Fatto sta che il produttore di allora, nonché co-autore dei brani della band, Avellino Pitts, li ha ritrovati dopo essere stato interpellato per una riedizione dell'unico 45 giri, "What About The Child", rimasto fino a pochi mesi fa come unica testimonianza dell'esistenza della band. Insomma, che la storia sia vera o no poco importa, quel che è sicuro è che ci troviamo di fronte ad un bel sentire di funk e ballate soul con un bel groove psichedelico, brani essenziali e semplici senza essere troppo caricati di inutili orpelli. Le vie del funk,...

IL DEEP FUNK DEI THIRD COAST KINGS

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E' luogo comune associare la rabbia e l'energia in campo musicale con canzoni che inevitabilmente portano a dischi con potenti riff suonati da massicce chitarre, ma anche da chi si diletta nel punk et similia. Quando invece si parla di musica nera, quello che viene in mente a molti sono i ritmi della disco, il funk annacquato di Prince ed il pop soul di Michael Jackson ultima maniera (dimenticandosi colpevolmente il primo, perlomeno fino ad Off The Wall). Se parliamo di funk poi, viene rimarcata la baracconaggine di James Brown, Sly Stone e dei Parliament/Funkadelic, senza pensare per un solo momento che in quanto a rabbia ed energia il funk non è da meno dei generi succitati. Forse perché la storia del funk è stata fatta dai musicisti neri e ben sappiamo quanto la critica bianca e rockcentrica abbia una buona parte di responsabilità in tutto ciò. Per fortuna esistono realtà fatte da musicisti (anche bianchi) e discografici che fregandosene di barriere artificiose create ad art...

DOOBIES AD HONOREM

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Vi ricordate Linus, il bimbo che nei fumetti di Charles Schulze se andava in giro con l'immancabile coperta? L'artista di oggi è simile a Linus, ma al posto della coperta si portava dietro un'immagine di Michael Mc Donald versione Doobie Brothers, tante sono le affinità artistiche tra i due. Robbie Dupree -vero nome Robbie Dupuis - ha scritto alcune della pagine più belle del pop westcoast, il suo timbro vocale ricorda appunto quello del suo nume tutelare, senza essere una mera imitazione, ed il primo album che ha licenziato è una bella raccolta di canzoni scritte di suo pugno più altre prese dal repertorio di Bill LaBounty e Bill Champlin, come dire la crema della produzione pop californiana. Il brano guida del primo bellissimo omonimo album, "Hot Road Hearts", con quel tipico e stupendo sound da FM station americana, ebbe anche un discreto successo negli States, qui da noi girò immancabilmente tra la massoneria degli appassionati della westcoast, ed è stato uno ...

LA DONNA DI FIORI

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Il sax di Joe Lovano introduce una canzone scritta da Stevie Wonder per Michael Jackson, Esperanza Spalding, cantante jazz, bassista e violinista entra in scena per una delle più belle cover del repertorio dell'ex bambino prodigio del soul. "I can't help it" fa parte del nuovo album di Esperanza, "Radio Music Society", uscito lo scorso 20 Marzo, un disco che è il seguito complementare di "Chamber Music Society" del 2010 e dove lì si esploravano delicate trame jazz in versione di musica da camera, qui, come dice la stessa Spalding, viene privilegiata "l'analisi jazzistica di una forma canzone e melodie che vengono comunemente definite come pop". Ci troviamo di fronte ad un lavoro di una eleganza e raffinatezza estrema, roba da palati fini, dove il jazz incontra il soul più morbido, ma tutto ciò senza risultare troppo caramelloso ed appiccicoso, dodici brani che faranno storcere il naso ai puristi di ogni ordine e grado, qui in partic...

GROOVE ENERGETICO

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A vederli con quelle sgargianti tutine colorate con il "pacco" in bella vista, i più penseranno all'ennesimo stereotipo di band nera tamarra arrivata dagli anni '70. I Con Funk Shun non saranno stati il massimo dell'eleganza ma sicuramente non mancavano di stile, e se i loro costumi di scena vi fanno rabbrividire, basta attaccare uno dei loro pezzi per dimenticarsi lustrini e "pacchi" assortiti. Nel presentarvi la band, attiva ancora oggi dai seventies, potrete notare le similitudini con altre del periodo, mi vengono in mente gli EWeF ed i Commodores, quel che è certo è che i loro brani vengono suonati ancora oggi a trent'anni di distanza, nonostante non sia stata una band dal successo paragonabile alle altre due succitate, anche se il loro buon seguito lo avevano e lo hanno ancora adesso. Superbi arrangiamenti fiatistici, un groove superbo ed energico, melodie che ti si stampano nel cervello, due brani memorabili che bastano e avanzano per inserirli...

CHUCK WOOD vs. DEXY'S MIDNIGHT RUNNERS: SEVEN DAYS TOO LONG

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Ritornano le sfide tra brani che hanno fatto la storia della musica o perlomeno la storia di un genere ben definito, come in questo caso. Si parla di Northern Soul, la canzone "Seven Days Too Long", in origine cantata da Chuck Wood, per chi bazzica il genere, è poco meno di un inno, una canzone che anche nella versione dei Dexy's non perde la carica dell'originale, ma anzi, nel riproporla al pubblico agli inizi degli '80, resero giustizia ad uno stile e ad una cultura tanto sfuggente ad ogni catalogazione ed irreggimentazione da parte del music business, quanto emozionale in ogni sua singola canzone. Un bel pareggio si va a profilare quest'oggi, con una leggera preferenza semmai alla cover dei Dexy's, che presero il brano e lo attualizzarono ai tempi, rendendo di nuovo "moderni" ed indispensabili quei suoni caduti nell'oblio della storia. Questo è il Northern Soul, non solo musica ma uno stile ben definito nato dalla working class inglese e c...

SUONI DAL PASSATO PER IL FUTURO

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Ci sono artisti che travalicano i tempi e le mode, il 24enne Michael Kiwanuka musicista londinese di origine ugandese è uno di questi. Il suo primo album, "Home Again" potrebbe essere uscito nel 1972 o giù di lì invece di qualche giorno fa', prendi la sua voce ad esempio; era dai tempi di Bill Withers che non si ascoltava una vocalità talmente pura e cristallina da farti venire le lacrime agli occhi. Per non parlare della musica: una miscela di Soul e Folk che rimanda a John Martyn e Terry Callier, arpeggi nudi di chitarra con arrangiamenti di archi che hanno la decenza di non cadere nello sdolcinato, una musica che arriva da lontano ma che, vista la quantità industriale di merda musicale che dobbiamo sopportare nelle radio e nelle tv mainstream, giunge a noi come nuova e come una benedizione dal cielo. La stessa modalità di costruzione dell'album ricorda quella del passato: uscita di ep e singoli, non più sui 45 giri ma su you tube ed i-tunes, per poi essere riuniti ...

FUNKY A GO GO

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Anzi, per meglio dire, funk e go-go. Le due cose stanno insieme, sissignori, visto che il go-go, anzi la go-go music è un sottogenere del funk, nato e sviluppatosi nell'area di Washington D.C. intorno alla metà degli anni '60, e andato avanti più o meno fino alla fine dei '70. E così come il funk aveva il suo "godfather", anche il go-go ne aveva uno. Faceva Brown di cognome, vedi te le coincidenze, e Chuck di nome. La sua band era chiamata come una congrega di fratacchioni in cerca di anime da redimere, "The Soul Searchers" e se dopo l'ascolto di "Bustin' Loose" non vi sarete redenti al verbo funk, beh, sicuramente dentro di voi c'è qualcosa che non funziona! A parte gli scherzi, "Bustin' Loose" divenne l'inno ed il brano più famoso della go-go music, canzone contagiosa e coinvolgente ancora adesso a trentatré anni di distanza. Il go-go altro non era che una miscela di funk, r'n'b, percussioni lo-fi, le con...

UN GIOIELLO NASCOSTO

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Quest'oggi invece di recarsi in California, per la nostra rassegna settimanale di artisti westcoastiani, ci spostiamo ad est, in Ohio, per la precisione nella cittadina di Dayton. Dayton come città e scena che ha dato i natali agli Ohio Players, alla Bootsy's Rubber Band e alla Dazz Band, nonché al gruppo che prende il nome dalla città, i Dayton. Il combo ha pubblicato cinque album nel periodo che va dal 1980 al 1985 ed oggi ci occuperemo di un brano che pur non essendo tipico dei suoni della west coast lo ricorda per come è strutturato. E' il secondo pezzo del quarto album della band "Feel The Music" uscito nel 1983, che considero il loro masterpiece: un disco che riesce ad abbinare il funk con il pop, figlio del suo tempo, qui infatti abbondano synth a manetta, ma grazie ad un uso magistrale degli strumenti e sopratutto con dei brani talmente belli nella scrittura e nelle melodie, a dimostrazione di una maturità raggiunta partendo dalle sonorità funk ereditate d...

L'ESPERIMENTO DEL DOTTOR GLASPER

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Robert Glasper, pianista jazz da Houston, Texas, è un artista di confine a cui piace mischiare nelle sue creazioni le varie declinazioni della musica afroamericana tra cui l'hip hop ed il neo-soul, riuscendo così a creare qualcosa di nuovo e di non scontato nel paludato mondo del jazz. Oltre a suonare nel suo trio, Glasper è anche leader del "Robert Glasper Experiment" il quale ha pubblicato lo scorso Febbraio per la Blue Note Records un album intitolato "Black Radio", suonato insieme ad alcuni dei nomi più interessanti del neo-soul, tra cui spiccano Erikah Badu, Lalah Hathaway, Lupe Fiasco, Musiq Soulchild e Bilal. Contaminazione quindi, come Miles Davis ed Herbie Hancock hanno operato negli anni passati, per un disco che è un nuovo punto di ripartenza per la musica jazz, di impatto immediato e totale, c'è chi l'ha paragonato ad "Attica Blues" di Archie Shepp e non sia blasfemo l'accostamento, qui dentro c'è un concetto di musica nera...

NON NE HO MAI ABBASTANZA !

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"Non ne ho mai abbastanza, di quella roba funky, dico wo wo wo...wo wo yeah". Così parlarono più o meno i Kool and The Gang nell'Ottobre del 1973, quando diedero alla luce "Funky Stuff", una cavalcata ritmica martellante di tre minuti e destinata a restare scolpita come un blocco di granito nella storia del genere. Chi ha memoria dei Kool and The Gang versione anni '80 se li dimentichi e corra ad ascoltarsi quello che furono in quegli anni. James Brown li definì la "seconda band più carogna in circolazione", dopo la sua, ovviamente, e ascoltando questo brano, come dargli torto. Il pezzo inizia con un fischio, per poi proseguire con una precisa e matematica punteggiatura di fiati che vanno ad incastrarsi con precisione nelle frasi ritmiche secche e martellanti costruite dal basso e dalla chitarra, formando un groove micidiale che cambiò radicalmente il modo di fare musica black, sfidando sul suo stesso terreno, quello che era il sound di James Bro...

RICORDANDO JOHN BELUSHI A TRENT'ANNI DALLA SCOMPARSA

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Nella biografia di John Belushi, Wired, l'autore racconta di come durante la realizzazione del film " I Vicini di casa" nel 1981, Belushi suonava il pezzo degli Steely Dan "Hey Nineteen" incessantemente a tutto volume. Ha detto il produttore del film che John voleva fare un film basato sulla canzone in cui una ragazza degli anni '60 racconta la sua storia ad un punk rocker. Un buon motivo per riascoltare la canzone.

TRE CANADESI AL SOUL DELLA CALIFORNIA

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I China sono stati uno dei gruppi più misteriosi nell'ambito del pop west coast californiano. Trio canadese apparso dal nulla, registrarono un solo disco nel 1981, nel nulla scomparve dopo la realizzazione dell'omonimo album. Ci troviamo di fronte ad un gioiellino del genere, un suono che si muove tra soul e pop, intrecci vocali che ricordano i Doobie Brothers al loro meglio ed armonizzazioni sonore che pagano il loro debito alla chitarra di Jay Graydon, benché lo stesso partecipe alla realizzazione del disco soltanto in veste di collaboratore agli arrangiamenti. Che i China fossero però degli intenditori e non dei meri scopiazzatori di altre band lo si evince anche dalla lista dei collaboratori, troviamo infatti Lee Ritenour,Danny Mc Bride, Albert Lee e Danny Mc Bride alle chitarre, Abraham Laboriel al basso e l'onnipresente Paulinho Da Costa alle percussioni. Come al solito disco quasi introvabile, perlomeno nella versione in vinile se non a costi esorbitanti, un po' ...

CINQUANTA

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Il 3 marzo 1962, non fosse nato lo scrivente, sarebbe stato un giorno dove non accaddero fatti eclatanti. Un aviatore cinese se ne fuggì a Taiwan, ci furono le elezioni nel territorio australiano del South Wales vinte dai laburisti, nacque l'atleta statunitense Jackie Joyner Kersee, plurimedaglia d'oro olimpica nell' eptathlon e nel salto in lungo. In Usa al primo posto delle charts c'era Gene Chandler con il brano "Duke of Earl", in UK spopolava Elvis con "Can't help falling in love", mentre da noi Milva era al numero uno con "Tango Italiano". E poi, come detto, nascevo io. Cinquant'anni tondi tondi. Cazzo. Per festeggiare insieme a voi, vi invito nella mia time-capsule indietro fino al 1972, nella trasmissione americana "The Midnight Special" a vedere dal vivo gli Spinners; si prega tutti quelli a cui non piace il soul di venire ugualmente, magari si tratterranno al bar. Prosit!

IL LUNGO ADDIO: LUCIO DALLA 1943-2012

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Ciao Lucio, ti voglio ricordare così:

BRIVIDI DI PIACERE

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Non so se il primato dei gemiti di piacere incisi in una canzone sia di Donna Summer con la sua "Love to love you baby", quel che è certo è che il pezzo che ascoltiamo oggi supera in bellezza e di gran lunga la performance masturbatoria della regina della disco. "I wanna do something freaky to you" di Leon Haywood sono sei minuti di puro "sweet funk", ed è anche il maggior successo del cantante di Houston - il brano arrivò al nr. 15 delle charts pop Usa e al nr. 7 della chart r'n'b. La canzone fa parte dell'album "Come and get yourself some" uscito per la Mercury Records nel 1975, bel dischetto con dentro del bel funk morbido e dell'r'n'b bello sudato in stile vecchia scuola. Di Leon Haywood altro non vi so dire, se non che la base del pezzo in questione è stata campionata da Dr. Dre nel suo singolo "Nothin' but a G thang", mai ascoltato tra l'altro non essendo un appassionato di rap, ma di una cosa sono ...