Yacht Rock Losers: I’m With You - John Konteau (1981, Erect)

 


Pensate che sfortuna: siete un cantautore sconosciuto e dopo anni di gavetta finalmente arrivate a incidere il vostro primo album da solista, per una etichetta sconosciuta quanto voi, mettendo su disco le canzoni in cui avete riversato sogni, nostalgie e ambizioni. Poi – sorpresa delle sorprese – la casa discografica decide di cambiare il vostro cognome: Kontel diventa Konteau. E il tutto senza richiedere la vostra autorizzazione, un intervento tecnico che vi lascia spiazzati e amareggiati.

Ma a parte questo pasticcio amministrativo, il contenuto musicale è di altissimo livello. L’album è un perfetto esempio di quella fusione elegante che qualcuno ha ribattezzato sophisti-pop: un equilibrio sapiente tra soul e jazz, ricco di arrangiamenti lussureggianti ma mai stucchevoli, con linee di basso rotonde, fiati calibrati e tastiere. Tutti i brani sono firmati da Konteau, che però sulle note del disco sono accreditate con il suo vero nome, Kontel. 

L’apertura dell’album è affidata a una traccia scandita da un ritmo terzinato che richiama tanto l’attitudine swing quanto il nervosismo del funk: all’inizio pare promettere una svolta più frizzante, ma ben presto ci si rende conto che il filo conduttore di tutto il disco è un’eleganza dal respiro più interno e meditato. Tra i pezzi spicca The Heckler, un brano dal piglio ironico che, per la precisione degli intrecci armonici e il gusto per le modulazioni inusuali, sembra proprio un raro outtake degli Steely Dan. Dopotutto, se nel corso dei brani si sentono echi di Fagen e Becker – e in uno, addirittura, un non lontano omaggio alla voce vellutata e alle orchestrazioni di Gino Vannelli – il risultato non è mai un freddo esercizio di stile o un copia-incolla, ma piuttosto un percorso personale che sa guardare al passato con rispetto senza rinunciare a un’identità ben definita.

Di Jon Konteau (o Kontel) si perderanno presto le tracce: l’album finirà a sua volta relegato in qualche mercatino scalcagnato di dischi, preda di crate-digger accorti soltanto decenni dopo la pubblicazione. Di Kontel/Konteau sappiamo che nel 1986 pubblicò in private press un altro disco, It’s Time, questa volta con il suo vero cognome. Un lavoro discreto, con alcune canzoni in linea con il pop/soul del periodo — quindi infarcite di synth — e una manciata di brani affini al suo primo album, arrivati però fuori tempo massimo per un genere già allora considerato obsoleto. Oggi, però, farebbero la felicità degli appassionati di yacht-rock, dato il poco che offre il mercato.

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