mercoledì 22 gennaio 2025

Tokyo Groove: Viaggio nel City Pop - Eiichi Ohtaki - Seconda Parte



Seconda parte della puntata dedicata a Eiichi Ohtaki

Niagara Moon - (1972, Niagara Records)

Nel 1975 viene pubblicato Niagara Moon, il secondo album solista di Ohtaki e il primo prodotto dalla neonata etichetta Niagara Records. In quest’opera, Ohtaki inizia a esplorare e rielaborare la musica pop americana della prima metà degli anni ’60. In qualità di proprietario dell’etichetta, gode di totale libertà creativa e ne approfitta per sperimentare con audacia: gioca con il rock’n’roll, introduce marcette da circo, richiama sonorità esotiche ispirate alle isole tropicali, e si cimenta in omaggi e imitazioni di artisti come Dr. John ed Elvis Presley. Il risultato è un collage musicale ricco di intuizioni, in cui frammenti di canzoni si mescolano in un pastiche volutamente imprevedibile. Ohtaki, incurante della possibile reazione del pubblico, crea un’opera che non ottiene il successo commerciale sperato, portando a uno dei primi insuccessi di vendite e mettendo già a rischio la stabilità economica della Niagara Records, che infatti nel 1976 sarà trasferita alla Columbia Records. Nonostante ciò, Niagara Moon è un album che brilla per la sua genialità e originalità, sospeso tra sperimentazione e follia. Non è affatto fuori luogo il paragone tra Ohtaki e Brian Wilson, entrambi innovatori in grado di ridefinire i confini della musica pop.



 Niagara Triangle Vol. 1- (Niagara Records)


Nel 1976 esce Niagara Triangle Vol. 1, un album che vede Ohtaki unirsi in trio con Tatsuro Yamashita e Ginji Ito. A differenza di Niagara Moon, questo disco è più accessibile e presenta una suddivisione equilibrata dei contributi tra i tre artisti: due brani scritti, composti e arrangiati da Eiichi Ohtaki, quattro da Tatsuro Yamashita e altri quattro da Ginji Ito. Da rimarcare che nel disco suonano artisti che avranno delle grandi carriere in futuro, come Haruomi Hosono al basso, Tatsuo Hayashi alla batteria, Shigeru Suzuki alla chitarra, Masataka Matsutoya e Riyuchi Sakamoto alle tastiere.

L’album è fortemente influenzato dalle sonorità americane, riflettendo le passioni musicali del trio. Tra i generi rappresentati troviamo southern rock, R&B, West Coast e, immancabilmente, il doo-wop. Nella riedizione in CD viene incluso un brano ispirato alla musica tradizionale di Okinawa, che sarebbe poi diventata una futura ossessione per Ohtaki. Questo brano non era stato inserito nella versione originale in vinile. Nonostante la qualità delle canzoni e l’eccellente esecuzione, Niagara Triangle Vol. 1 si rivelò l’ennesimo flop commerciale per Ohtaki. Tuttavia, questo insuccesso non lo scoraggiò e lo spinse a concentrarsi sulla realizzazione del suo terzo album solista.



Go! Go! Niagara - (1976, Niagara Records)

Sempre nel 1976 viene pubblicato Go, Go, Niagara, terzo album solista di Eiichi Ohtaki, in cui ritornano le sue ossessioni per un’America idealizzata e cristallizzata negli anni ’50 e ’60. L’album nasce come un concept ispirato alle stazioni radio americane degli anni ’50. Nel 1976, infatti, Ohtaki ebbe l’occasione di lavorare come DJ in una stazione radio giapponese, dove proponeva brani di quell’epoca. A differenza di Niagara Moon, però, le canzoni qui non si presentano più come semplici bozzetti, ma acquisiscono una maggiore compiutezza e solidità. Ohtaki riesce a creare brani originali che sembrano provenire direttamente dal passato, realizzando uno straordinario esperimento di retro-futuro.

La forza di Ohtaki risiede nella sua capacità di rendere credibili sonorità vintage negli anni ’70, un periodo in cui il revival musicale del passato era ancora lontano dall’affermarsi. Le influenze sono molteplici e spaziano dal wall of sound a Frankie Lymon, dal mambo al twist, senza dimenticare l’immancabile doo-wop. Ogni brano è pervaso dalla sua genialità, ma, purtroppo, anche Go, Go, Niagara si rivelò un insuccesso commerciale.

Il pubblico giapponese dell’epoca, poco incline a seguire le sperimentazioni di un artista visionario, non colse appieno l’innovazione di Ohtaki, a cui sembrava ancora mancare quel quid necessario per conquistare un pubblico più vasto.



Niagara CM Special - (1977, Niagara Records)

Nel 1977 Ohtaki pubblica una raccolta di brani creati per jingle pubblicitari, Niagara CM Special, in cui possiamo ascoltare le sue “acrobazie” sonore, che sembrano quasi anticipare ciò che i Residents realizzeranno in Commercial Album. Con una differenza fondamentale: i brani di Ohtaki vennero realmente utilizzati nelle pubblicità. La raccolta include ben 42 estratti, brevi accenni sonori che mescolano sperimentazione e ironia, evidenziando l’abilità di Ohtaki nel trasformare semplici frammenti in miniature sonore che non passano inosservate tra gli ascoltatori più scafati.
 



Niagara Calendar 78 - (1977, Niagara Records)

Sempre nel 1977 esce Niagara Calendar 78, un album in cui ogni brano è dedicato a un mese dell’anno. Ohtaki prosegue imperterrito nel seguire il proprio estro musicale, senza curarsi troppo né del gusto del pubblico né delle aspettative della casa discografica. Il risultato segna comunque un passo avanti rispetto a Go, Go, Niagara, almeno per quanto riguarda le melodie, che risultano più orecchiabili.

Il disco si apre con un r’n’r dove Ohtaki si diverte a mescolare Gene Vincent con Elvis, per poi regalarci una splendida ballad dedicata al mese di febbraio, Blue Valentine’s Day, impreziosita da una languida chitarra slide, che rappresenta senza dubbio uno dei momenti più alti del disco. A marzo troviamo un brano in stile merengue, mentre aprile, ispirato alla passione di Ohtaki per il baseball, è caratterizzato da un sound southern rock.

I pezzi forti dell’album sono i mesi di luglio e agosto. Per luglio, Ohtaki mette in campo tutto il suo amore per i Beach Boys, con un brano in stile surf che richiama le armonizzazioni dei fratelli Wilson e lo stile chitarristico di Dick Dale, creando una geniale sintesi tra i due universi sonori. Agosto invece è rappresentato da una classica ballad terzinata, malinconica e intrisa di rimpianto per l’estate che volge al termine.

Settembre vede Ohtaki sperimentare un’inedita fusione tra Ondo, la musica tradizionale di Okinawa, e il reggae: un mix mai sentito prima, che sorprendentemente funziona. Ottobre è un omaggio al sound di Bo Diddley, mentre novembre ci porta in atmosfere cinematografiche, con un brano che sembra tratto dalla colonna sonora di un film di samurai. Dicembre, prevedibilmente, chiude in grande stile con una canzone natalizia definitiva, che mescola Stille Nacht, White Christmas e Jingle Bells. Il brano inizia come una marcetta per poi evolversi in pieno stile anni ’50, evitando però melensaggini. In chiusura, Ohtaki aggiunge un’appendice a cappella in stile doo-wop, dedicata al capodanno.

L’album è ricco di idee, forse persino troppo per un’audience poco incline a sperimentazioni, anche se non particolarmente complesse. Il risultato è un autentico flop: il disco vende pochissimo e non entra in classifica. Ma pensate che Ohtaki si lasci scoraggiare? Nemmeno per sogno.


FINE DELLA SECONDA PARTE

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