La sua carriera solista iniziò ufficialmente nel 1972 con l’album omonimo e si concluse nel 1984 con Each Time. Successivamente, furono pubblicati due album postumi, nel 2016 e nel 2020, dopo la sua morte avvenuta nel 2013. Cresciuto con la madre, insegnante, in una famiglia monogenitoriale, Ohtaki si appassionò presto alla musica. In quinta elementare scoprì il pop americano, che lo affascinò profondamente. Grande amante del pop occidentale, ricordava a memoria tutte le classifiche musicali dal 1962 al 1966 e collezionava dischi, influenze che segnarono il suo stile musicale. Durante il liceo scoprì i Beatles e iniziò a suonare come batterista in una band. Dopo il diploma, lavorò brevemente in un’acciaieria, ma lasciò il lavoro su consiglio di un suo superiore che lo incoraggiò a cercare un percorso più adatto al suo talento. Si iscrisse quindi all’Università Waseda, dove incontrò Haruomi Hosono grazie a Yoshihiko Nakada. Questo incontro portò alla fondazione della leggendaria band Happy End nel 1969, un gruppo che ebbe un ruolo fondamentale nella storia della musica giapponese e band “ground zero” del movimento City Pop. Gli Happy End si caratterizzavano per uno stile a metà tra il folk rock e l’hard rock. Tuttavia, le divergenze musicali all’interno della band – con Hosono orientato verso il folk e Ohtaki più vicino al rock – portarono allo scioglimento del gruppo. Già nel 1972, però, prima della separazione, Ohtaki aveva pubblicato il suo primo album solista. Nel 1974 fondò la sua etichetta discografica, Niagara (nome ispirato al suo cognome, Ohtaki, che significa “grande cascata”) dove lavorò come produttore, contribuendo al debutto della band Sugar Babe e al lancio delle carriere di Tatsuro Yamashita e Taeko Ohnuki. Nel frattempo, trovò anche il tempo di lavorare come DJ radiofonico. Il primo album pubblicato con Niagara fu Niagara Moon nel 1975.
Gli album di Ohtaki, tuttavia, meritano un approfondimento a parte.
Il primo, omonimo album di Ohtaki fu pubblicato nel 1972. Nonostante richiamasse molto il folk rock melodico degli Happy End, in alcuni brani si intravedono già i germogli di ciò che l’artista svilupperà nei lavori successivi. In questo disco si possono apprezzare alcune incursioni nel country rock alla Neil Young, come emerge chiaramente nel secondo brano dell’album. Sì, c’è anche molto pop di ottima qualità, sebbene siamo ancora lontani dal city pop che verrà. Al contrario, qui si respira un’atmosfera piuttosto inquieta, quasi come se il disco cercasse una propria identità tra le influenze del folk rock, del country rock e del pop melodico, senza però approdare a una direzione definita.
Ohtaki, tuttavia, si diverte a tratteggiare l’album con sonorità che richiamano la New Orleans di Dr. John e il funk di James Brown, dando vita a un lavoro nel complesso accessibile. Mancano però quei lampi di genio embrionali che si manifesteranno nel cosiddetto periodo “Niagara”. Qui Ohtaki si trattiene, e solo in un paio di brani emerge chiaramente la sua ossessione per il pop americano degli anni tra la fine dei ’50 e l’inizio dei ’60.
Nessun commento:
Posta un commento
Scrivete quello che vi pare, ma lasciate un nome.
Ogni commento offensivo sarà eliminato.