Il genere noto come "lo-fi" mi ha sempre dato l'impressione di essere un'espressione deliberata, scelta più per stile che per necessità reale di risorse, come se fosse un vezzo o una moda. Tuttavia, nel disco che presento oggi, sebbene il suo legame con il rock sia limitato, l'essenza autentica del lo-fi emerge chiaramente. La Lyman Woodard Organization e il loro album "Saturday Night Special" rappresentano una delle produzioni più sincere nell'ambito del funk e oltre. Siamo nel Detroit del 1975, una città già martoriata dalla crisi petrolifera del 1973, e questo album funge quasi da documentario sonoro della vita nei quartieri più disagiati dell'America urbana. Detroit è stata soprannominata "Murder City" o "la città del diavolo," ed è importante notare che Detroit è una metropoli unica, principalmente abitata da afroamericani (nove su dieci degli abitanti) e in cui un terzo della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
In questo contesto, Lyman Woodard, un organista jazz che fu uno dei musicisti di sessione più richiesti per le registrazioni Motown e che ha anche svolto il ruolo di direttore artistico per Martha and The Vandellas, offre una rappresentazione cruda e onesta del cosiddetto "ground zero" della società americana. La title track, divisa in due parti, funge da colonna sonora della vita nella "Motor City," dalla fatica che inizia all'alba sulla catena di montaggio all'innocente gioco dei bambini per le strade, affrontando temi come le rapine, la droga, sbirri e puttane. Questo è il funk cinematografico più coinvolgente che potete immaginare, autentico nella sua natura lo-fi, registrato in modo grezzo ma sincero fino al midollo.
Il secondo brano, "Joy Ride," apparentemente rilassato, cattura il suono della città al termine di una giornata di duro lavoro, la colonna sonora per chi torna a casa dopo essersi consumato in fabbrica, con note malinconiche e disincantate, ma straordinariamente belle. Come detto, Lyman Woodard era un eccellente organista, e il resto dell'album conferma la sua maestria. Sebbene meno centrato sul funk urbano, questo secondo lato dell'album è comunque radicato nella musica stradaiola, con ritmi latini che fungono da base per le acrobazie jazz e soul del gruppo, tra cui spicca "Cheeba," un brano suddiviso in due parti con una finale di pura improvvisazione. Non si tratta del tipico latin da salone da ballo; piuttosto, è il ritmo di strada degli immigrati.
Questo album è stato originariamente pubblicato dall'etichetta "Strata" e per molti anni non è stato ristampato. Nel 2009, la Wax Poetics Records ha compiuto un atto meritorio rieditando il disco, ripulendo le tracce dallo "sporco" originale. Tuttavia, mi permetto di suggerirvi caldamente di ascoltarlo nella sua versione originale, quella grezza ma al contempo sincera.
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