Yacht Rock Losers: Jimmie Spheeris
Fratello della regista Penelope, celebre per il film Fusi di Testa, Jimmie Spheeris è un nome che dice poco, se non ai più attenti cultori del soft rock californiano. Ed è un peccato, perché la sua musica rappresenta una delle vette più limpide e trascurate di quella West Coast immaginifica, sospesa tra realtà e sogno.
Nato a Phenix City, Alabama, ma cresciuto a Los Angeles, Spheeris si formò all’interno di una scena musicale in fermento, respirando fin da giovane le sonorità della California degli anni Sessanta e Settanta. Iniziò a scrivere canzoni prestissimo, con una naturalezza disarmante, attratto tanto dalle melodie quanto dalla possibilità di costruire mondi paralleli attraverso le parole. Durante un periodo trascorso a New York condivise l’appartamento con Laura Nyro, figura centrale del cantautorato americano, con cui instaurò un rapporto di amicizia e confronto artistico. Fu grazie a Richie Havens che venne presentato a Clive Davis, allora dirigente della Columbia, per cui pubblicò quattro album tra il 1971 e il 1976.
La voce di Spheeris – calda, profonda, levigata – e la sua scrittura evocativa lo collocano in una zona appartata ma fondamentale del panorama westcoastiano. Ogni sua canzone sembra nascere per sottrazione, come se nulla fosse superfluo: melodie dilatate, arrangiamenti misurati, testi che preferiscono il simbolo all’enfasi. Spheeris non cercava l’impatto, ma la risonanza interiore. Il suo primo album, Isle of View, anticipa molte delle soluzioni sonore che avrebbero caratterizzato il pop californiano della metà del decennio, muovendosi tra folk, jazz e morbide incursioni orchestrali.
La sua musica sembra nascere in riva all’oceano, ma con lo sguardo puntato verso il cielo, come chi cerca qualcosa oltre l’orizzonte. C’era in lui un bisogno silenzioso di evasione, mai gridato, che prendeva forma in canzoni dove il tempo rallenta, si dilata, fino quasi a scomparire. Poi, nel 1984, tutto si fermò per davvero. Aveva solo 34 anni quando la sua moto si scontrò con un furgone guidato da un uomo ubriaco. Una fine improvvisa, brutale, che mise fine a una voce rara, tra le poche capaci di far sembrare lieve anche la malinconia.
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