mercoledì 26 febbraio 2025

Satisfied Soul - Brother Ali (2025, Mello Music Group)

Ho appena ascoltato il miglior album soul pubblicato in questo scorcio di 2025. Solo che non è soul come lo si potrebbe immaginare, con tutti i cazzi e i mazzi del genere, bensì un album di hip-hop, potente già dalla copertina, per la precisione di underground hip-hop. Considerando la direzione che hanno preso i generi – uno tutto sbilanciato sulla retromania e l’altro sempre più spoglio nelle basi – direi che si tratta di un mezzo miracolo.

Satisfied Soul è il nuovo album del rapper statunitense residente a Istanbul, Jason Newman, in arte Brother Ali, nato nel 1978 a Madison, Wisconsin, da famiglia bianca. Bullizzato da bambino per essere albino e ipovedente, Ali troverà rifugio nella comunità nera, che lo accoglierà come uno di loro. Si converte all’Islam all’età di 16 anni, assumendo il nome di Ali Newman, e inizierà la sua strada nell’hip-hop nel 1999, periodo in cui incontrerà il suo alter-ego in veste di produttore: Anthony Davis, in arte Ant, del gruppo hip-hop statunitense Atmosphere.

Perché considero Satisfied Soul il miglior album soul di questo inizio d’anno? Perché questo disco si inserisce nella tradizione dei grandi album soul del passato, coniugando la profondità dei testi a un accompagnamento musicale superbo. Non sono soltanto le basi, curate da Ant, che attingono al soulful classico – plasmando un sound che abbraccia soul, funk, gospel e jazz grazie a sample e al taglia e cucito di strumenti suonati in studio – a costituire il cuore musicale dell’album, ma, in maniera particolare, sono anche i testi di Brother Ali: un viaggio nel proprio io, nelle esperienze di vita e di fede, narrato con una sincerità disarmante.


Anche la tecnica di Brother Ali non è da meno: ci troviamo di fronte a una vocalità morbida, mai forzata, ma ferma e decisa, accompagnata da un fenomenale flow, che regala barre mai tediose per tutta la durata dell’ascolto. Faccio fatica a individuare un brano inferiore agli altri; se proprio devo stilare le mie preferenze, esse vanno a Deep Cuts, D.R.U.M., Head Heart Hands – quest’ultimo con un ritornello killer e tutte le carte in regola per diventare un singolo di successo, se non fosse per i soliti cialtroni che pascolano nei media – Handwriting e Mysterious Things. Il pezzo finale poi, Sing Myself Whole, dimostra che Brother Ali non si limita a rappare, ma sa anche cantare, in un brano contraddistinto da un basso profondo e da un superbo assolo di chitarra acustica, un pezzo scarno ma talmente potente nella sua tranquilla semplicità che uno come Michael Kiwanuka venderebbe la mamma per scriverlo e poterlo cantare. Tuttavia, come già detto, l’album va gustato nella sua interezza: ogni traccia è una narrazione intensa e vibrante, capace di trasportare l’ascoltatore – e in particolare gli appassionati di musica black – in un viaggio emozionale senza tempo, dove tradizione, consapevolezza e innovazione si incontrano.


Se vogliamo riscoprire le emozioni che la musica soul procurava nella sua epoca d’oro, è grazie ad artisti come Brother Ali che possiamo ritrovarle.







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