Se dico Stefano Pulga a molte persone è probabile che il nome dica poco. Se dico Kano o Disco Project forse qualche vecchio appassionato di Italo Disco ne ricorderà le gesta. Se così fosse, non mi resta che farvi un bonario rimprovero.
Musicista dall’impressionante carriera come turnista, Pulga dal 1975 al 1979 ha lavorato praticamente con tutto il gotha della musica pop italiana: Bertè, Finardi, Oxa, Radius, Cocciante, Leali, Mannoia, Vecchioni, Nannini, Marcella, Concato, tanto per ricordarne alcuni. La sua musica la possiamo ascoltare anche nei jingle pubblicitari per marchi molto conosciuti, nonché nelle sigle dei cartoni animati.
Pulga comincia a studiare pianoforte al conservatorio all’età di nove anni, studi che abbandonerà in seguito; trasferitosi a Milano collabora con i Dik Dik per poi approdare alla Numero Uno dove entrerà a far parte dei Flora Fauna e Cemento di Mauro Lavezzi.
Il suo primo album solista è del 1979, “Suspicion”, prodotto da Mauro Lavezzi, un disco che contiene canzoni con i testi scritti da Ivano Fossati e altri brani strumentali, la stessa formula che Pulga riproporrà nel suo secondo album solista “Indio”.
“Indio” arriva nel 1982, un progetto di pop sofisticato, sempre prodotto da Mauro Lavezzi, dove Pulga da vero fuoriclasse delle tastiere riesce a creare trame sonore di infinita bellezza, ma che purtroppo non ha avuto i riconoscimenti che avrebbe meritato. Pulga realizza questo album dopo aver fondato i Kano nel 1980, un progetto musicale dance e dopo aver realizzato nel 1981 con i Pink Project un successo come “Disco Project” un mash up di Another Brick in The Wall dei Pink Floyd e Mammagamma di Alan Parsons.
Ma torniamo ad “Indio”: come detto per “Suspicion” anche questo disco consta di brani cantati, tutti sul lato A del vinile, e di soli strumentali inseriti sul lato B.
Quello che mi ha colpito del lato A è la progressiva qualità delle canzoni ad ogni avanzamento dei brani: l’inizio è un pop molto orecchiabile, “Come Nei Fumetti”, ispirato dal synth-pop è una canzone dalla struttura musicale debitrice del periodo in cui fu scritta (ricorda molto lo Stevie Winwood anni 80) e che non lascia presagire quello che poi ascolteremo. Da segnalare il bel giro di basso suonato da Pier Michelatti, per il resto la canzone si avvale di un testo essenziale e della consueta maestria di Pulga alle tastiere.
Con “Dolce Luna” si inizia a viaggiare alti, è il primo tassello nella creazione di una canzone pop sofisticata come poche ne abbiamo ascoltate in Italia. Qui organo e synth la fanno da padrone, ma non è quel gigioneggiare tipico dei suonatori di tastiere prog, Pulga sa benissimo qual è il senso della misura che passa tra il farsi piacere e l’annoiare, non ti sbatte in faccia quell’atteggiamento tipico da musicista egocentrico.
Di seguito “W Te” è l’antipasto per il gran finale che concluderà il lato A: in questa canzone si lascia da parte il pop all’italiana per abbracciare suggestioni californiane, sia nella struttura del brano, con un caratteristico breve bridge vocale preludio all’inciso, sia nel complesso arrangiamento dalle ardite escursioni armoniche, precisione ritmica e cambi tonali, con sullo sfondo un pregnante suono di organo, un assolo di sax per opera di Claudio Pascoli e un bel contrappunto di chitarra suonato da Luciano Ninzatti.
Ma è con “La Mia Nave” che arriva il capolavoro del disco: è questo un autentico gioiello, un pezzo di Yacht-Rock o Westcoast pop che dir si voglia dal respiro internazionale, sofisticatissimo ed elegante, quanto di più vicino al Gino Vannelli dei tempi d’oro e al Marc Jordan di Blue Desert, (ma attenzione, senza per questo essere derivativo) che sia mai stato fatto in Italia, con un bel assolo di Pulga al piano elettrico, un basso funk a pompare su una ossatura ritmico-armonica che attinge dal jazz miscelata sapientemente da Pulga, una canzone in cui si evince una cura quasi maniacale nell’arrangiamento per arrivare alla perfezione. Il pezzo tra l’altro è stato inserito nella compilation di Yacht Rock prodotto in Italia “Paisà Got Soul”, uscita nel 2022 a cura dal digger, produttore e giornalista David Nerattini.
Il lato B come detto è composto di soli brani strumentali, che spaziano dalle suggestioni latin della title track, con una bella intro di piano e synth ripetuta più volte per poi dispiegarsi, grazie alle percussioni di Maurizio Preti, in un pezzo afro-funk.
“La Foglia E L’Aria” è un bel brano meditativo dalle sonorità per immaginarie colonne sonore, che vede impegnato Pulga al pianoforte e synth, preludio al jazz fusion virato samba di “Crisalide” che ricorda molto le atmosfere che gli Spyro Gyra sapevano creare. La chiusa all’album è affidata a “Zaniah” e ci riporta in territorio californiano, ancora yacht-rock, ancora mood internazionale, una vera perla con un arrangiamento pazzesco e la degna chiusura di un album che vede Pulga gran maestro cerimoniere che sciorina tutta la sua sapienza tecnica alle tastiere senza tralasciare la creatività, a dimostrazione di come il pop, se fatto così, se la gioca alla pari con prodotti cosidetti alternativi.
Purtroppo del disco non è stata fatta ristampa in Cd e neppure in vinile, non c’è sui canali di streaming, se non sul sito ufficiale di Stefano Pulga. Sia il vinile che lo streaming mostrano una dinamica piatta, un suono compresso che manca di nitidezza e che avrebbe bisogno di una edizione rimasterizzata per restituire al meglio quello che Pulga seppe creare.
Speriamo che qualcuno legga queste parole e ci pensi, il disco merita di rinascere a nuova vita.
👉 https://www.stefanopulga.it/discografia/indio.html👈
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