Anidride Solforosa - Lucio Dalla

Immersi come siamo nell’abbondanza dei buoni sentimenti e delle parole ben collocate, è comune che la musica di Lucio Dalla precedente al suo omonimo album del 1979 sia ormai quasi dimenticata dagli ascoltatori occasionali di oggi. In un’epoca in cui gli algoritmi decidono quale canzone dovremmo ascoltare e personaggi con produzioni meno significative vengono osannati come modelli di qualità nazionale, parlare di un album come “Anidride Solforosa” sembra essere un gesto nostalgico e poco apprezzato.

Alcuni potrebbero obiettare che il mondo evolve, senza rendersi conto che la musica italiana sembra essersi fermata nel tempo negli ultimi trent’anni. “Anidride Solforosa” rappresenta il secondo capitolo di una trilogia realizzata in collaborazione con il poeta bolognese Roberto Roversi, che include anche “Il Giorno Aveva Cinque Teste” e “Automobili”. È un perfetto equilibrio tra sperimentazione e melodia, con versi che si intrecciano in modo incisivo. All’interno di questo album, troverete elementi di jazz, progressive e musica popolare, uniti da un’apprezzabile immediatezza.

Qui, Dalla compone musica che risponde in modo provocatorio e appassionato ai testi di Roversi, lontano dalle melodie leggere per cui è noto. Non troverete qui le canzoni che dominano i programmi televisivi in prima serata né gli applausi da show di Carlo Conti o nelle celebrazioni sanremesi, ma potreste incontrare la migliore incarnazione di Dalla.

Partendo dalla title track, un brano che mescola teatro e musica e che già nel 1975 anticipa un futuro distopico, tra inquinamento (pensate che il verso ““ieri la città si vedeva a malapena, oggi la città si vede tutta intera” fu usato nel 1984 su un volantino della Federazione dei giovani comunisti di Bologna per ridurre il traffico nel centro storico) e l’ascesa degli elaboratori elettronici come parte integrante dell’umanità futura.

“La Borsa Valori” è un brano frenetico che elenca i titoli della Borsa di Milano, ma Dalla riesce a trasformarlo in una critica acuta al capitalismo, citando in modo geniale il Bacharach di “Raindrops Keep Fallin’ On My Head” e “Singing In The Rain” nella coda orchestrale.

“Ulisse Coperto Di Sale”, uno dei vertici dell’album, rivisita il mito raccontando di come la vita sia vista sempre come un eterno ritorno. In “Carmen Colon” si parla di vite ai margini, di indifferenza e di mass media morbosi. Carmen Colon era una ragazzina di 10 anni, fu rapita nella città di Rochester nello stato di New York, da quello che sarà ricordato come “Alphabet Killer”, uno dei tanti assassini seriali americani, fu ritrovata morta due giorni dopo a Churchville a sei chilometri di distanza. Il caso ebbe vasta eco nel mondo, compreso in Italia, il testo di Roversi mette in risalto la strumentale commozione dei mass media, e l’indifferenza di chi vedendola agonizzante l’avrebbe potuta salvare, il tutto racchiuso nel commento sonoro di Dalla, contrastante e dall’andamento quasi fosse un carillon scordato. 

Ma il brano più bello del disco ed uno dei vertici assoluti della carriera di Dalla lo troviamo in “Tu Parlavi Una Lingua Meravigliosa”, canzone pregna di commozione struggente, dove il maestro costruisce una melodia che aumenta di intensità con l’avanzare del racconto: la storia di un uomo avvolto nei pensieri mentre ritorna a casa dopo una giornata di lavoro, seduto all'interno di un vagone ferroviario, ricordando "il giovane che ero". Nel suo cuore riaffiora un antico amore ormai smarrito visto per un attimo fugace alla stazione in attesa del treno, non riuscendo a trovare il coraggio di rivelarsi, costringendosi a riflettere su ciò che aveva perduto. Di questa canzone, mi viene in mente una splendida reinterpretazione eseguita dai Diaframma.  

Dopo aver ascoltato queste cinque canzoni, potremmo già sentirci soddisfatti ma il disco prosegue con un altro racconto di marginalità, quello del riformatorio minorile Ferrante Aporti di Torino in “Mela Di Scarto”, prosegue con gli amici irriconoscibili in “Non Era Più Lui”, nel racconto in forma di fiaba di “Merlino E L’Ombra”, in una storia di povertà e miseria cantata in “Un Mazzo Di Fiori” racconto di una donna contadina suicida nel Po, per concludersi con la storia delle masse popolari in “Le Parole Incrociate”. 

È sorprendente e disdicevole come questo album sia stato quasi dimenticato dalla critica italiana, che sembra conoscere solo la produzione più leggera di Lucio Dalla. È altrettanto deludente vedere ascoltatori medi che lo definiscono troppo complesso; poco male, per voi ci sono pronti gli artisti “indie” che potete “ammirare” tutti gli anni al Festival di Sanremo. 
 👉 https://youtu.be/fk_PCCDMjn4👈

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