Ripropongo oggi, in occasione della scomparsa di Burt Bacharach, questa mia recensione, riveduta e corretta, pubblicata nel 2016
"Futures" segna un capitolo significativo nella carriera di Burt Bacharach, rappresentando il suo primo lavoro dopo la separazione dal paroliere Hal David. Nonostante due brani di questa collaborazione di successo siano inclusi nell'album, Bacharach si avventura in un territorio musicale nuovo, più profondo e maturo, allontanandosi dalla voce di Dionne Warwick e dai successi che avevano caratterizzato il decennio precedente.
Quest'album, uscito nel 1977, è notevolmente avanti rispetto all’anno della sua pubblicazione e forse non immediatamente accessibile a causa degli arrangiamenti intricati che lo caratterizzano. Tuttavia, se ci si dedica con attenzione, si possono intravedere gli elementi che verranno sviluppati successivamente nella sua carriera, come si può notare in "Sometimes Late At Night" album della allora moglie di Bacharach, Carole Bayer Sager, e ancor di più in "Painted From Memories," una gemma creata in collaborazione con Elvis Costello negli anni '90.
Nonostante il riconoscibile tocco malinconico di Bacharach, presente anche nei suoi successi come "Alfie" e "A House Is Not A Home," "Futures" esplora territori musicali più bui, esprimendo un senso di disillusione e introspezione, quasi come se l'artista desiderasse condividere la sua angoscia con l'ascoltatore.
Ogni ascolto rivela le geniali soluzioni musicali adottate da Bacharach: dalla voce soulful e appassionata di Joshie Armstead in "I Took My Strength From You," all'impressionante interpretazione di "Us" di Jo Armstead, che aggiunge un pizzico di rancore. Quest'ultima traccia anticipa le canzoni del favoloso "Painted From Memories" di vent'anni dopo, concludendosi con un memorabile assolo di sax di David Sanborn in "Where Are You," che sembra quasi un'unica canzone divisa in due parti.
Le struggenti parole di James Kavanough in "We Should Have Met Sooner" sono bilanciate dall'accompagnamento e dalla melodia di Bacharach, che offre un barlume di speranza nel ritornello cantato da Jamie Anders.
"No One Remembers My Name," con testi di Hal David, sembra appartenere al repertorio di Carole Bayer Sager e all'album citato all'inizio del post, ma precede quest'ultimo di quattro anni, con voci di coriste di Burt: Sally Stevens, Melissa Mackay e Marti McCall.
Infine, due composizioni strumentali sottolineano la grandezza di Bacharach: la title track "Futures," con influenze funk, e "Another Spring Will Rise," un capolavoro coronato da un memorabile fraseggio al pianoforte, che rappresenta la quintessenza dell'arte di questo compositore di Kansas City.
In conclusione, questa recensione ha fatto largo uso di iperboli per descrivere "Futures," ma tali esagerazioni sembrano a malapena sufficienti per catturare la grandezza di quest'album.
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