Davanti a una vecchia macchina da scrivere, un uomo appare perplesso. Sopra un tappeto, si vedono fogli appallottolati e un nome scritto: M.A. Bakker, acronimo di Maarten Bakker, che inizialmente non mi diceva molto. Ho fatto una piccola ricerca online e ho scoperto che Bakker è olandese, appassionato di letteratura gotica e umoristica, appassionato di cinema e musica. Suona il basso per una band di Amsterdam chiamata gli Amsterdam Saints. "Rejected Script" è il suo primo album da solista. Per questo progetto, Bakker ha collaborato con Warren Byrd, l'uomo che canta in tutti e dieci i brani dell'album. Bakker ha scritto tutte le canzoni, suona chitarra, basso e tastiere, ed è anche responsabile della produzione, dell'artwork, del mixaggio e dell'editing.
A questo punto, non rimane che ascoltare l'album, e la buona notizia è che c'è molto da apprezzare per gli amanti della musica d'annata. Sembrerebbe che quest'anno sia particolarmente generoso con le uscite nell'ambito del Yacht Rock, quel genere che fonde pop con abbondanti dosi di jazz e soul. Bakker sembra avere studiato attentamente alla "scuola" di Fagen e Vannelli, con insegnanti come Graydon e Colaiuta, e questo si riflette nello stile e nel groove delle canzoni. Se non guardassimo la data sul retro dell'album, che riporta il 2016, potremmo facilmente pensare che si tratti di un prodotto del 1976 o lì vicino.
Prendiamo ad esempio "House of Leaves," un brano che sembrerebbe un outtake da "Kathy Lied," con un perfetto e autentico ritmo funk o, per essere precisi, sembra una canzone che Fagen avrebbe composto in un momento di ispirazione per Bakker. Ma oltre a questa, ci sono molte altre sfumature musicali presenti nel disco. "It's A Dirty Job," per esempio, richiama immediatamente alla mente il migliore Yacht Rock, con un inizio che ricorda "Can't Be Seen," uno dei brani iconici della west coast, cantato da Dane Donohue.
"All We Need" omaggia invece il lato solista di Fagen, in particolare l'album "The Nightfly," e lo fa con rispetto, regalandoci un bellissimo finale con sintetizzatore. In "Fright Night," l'unione tra Steely Dan e Gino Vannelli è evidente, specialmente nel modo in cui il ritornello e il bridge di chitarra sono composti.
La presenza costante di un sottofondo funk, abilmente coordinato dal basso, è una caratteristica distintiva di "Ming Zhao Paradise." In "Jet Set Dream," la chitarra suonata alla Jay Graydon e la batteria con un tocco Colaiutano nel ritornello creano un'atmosfera davvero interessante.
"Goodnight Susanna" è una bellissima ballata, con un affascinante sottofondo di organo e un ritornello accarezzato dai fiati, elegante e sofisticato nel suo svolgersi. In "The Sirens Of Titans," si omaggia la chitarra di Steve Lukhater e quel tipo di canzone pop che improvvisamente si trasforma, fondendo il funk con una leggera inflessione reggae, e con un bellissimo assolo di flauto.
E poi, c'è "Oasis," una ballata che sembra uscire direttamente dal repertorio d'oro di Gino Vannelli. Infine, "This Amazing Hat," che apre l'album ed è uno dei momenti più belli dell'intera raccolta. È una canzone che cambia continuamente ritmo ed atmosfera, attraversando vari generi musicali, dal soul al jazz, al blues, all'r'n'b e al funk, e dimostra quanto il Yacht Rock sia inclassificabile ma affascinante.
In conclusione, auguro a M.A. Bakker di poter realizzare altri album come questo, anche se raggiungere la perfezione sarà sicuramente un compito arduo.