lunedì 18 gennaio 2016

CAPOLAVORI: FUTURES(1977) - BURT BACHARACH



Futures è il primo album di Burt Bacharach dopo la fine del rapporto artistico con il paroliere Hal David, (anche se qui sono presenti due brani della premiata ditta) ma è anche il primo disco in cui il compositore americano si lascia indietro i successi che lo avevano caratterizzato nel decennio precedente per giungere ad un nuovo linguaggio, più interiore e più maturo, se mi passate il termine.
Poco conosciuto, Futures è davvero uno sguardo in avanti rispetto all'anno di uscita, si parla del 1977, non orecchiabilissimo ad un primo ascolto, ma se prestiamo l'attenzione che merita, possiamo già da subito riconoscerne quei tratti che saranno poi sviluppati nel decennio successivo nel capolavoro di Carole Bayer Sager "Sometimes Late At Night" per concludersi compiutamente negli anni novanta con "Painted From Memories", un ennesimo capolavoro dove Elvis Costello prende il posto della ex moglie di Bacharach.

La musica di Bacharach, anche quella più riconoscibile e di successo, ha comunque una vena malinconica di fondo, penso a brani come "Alfie" e "A House Is Not A Home", in Futures però si va in direzione della disillusione e dell'introspezione, come se l'artista volesse renderci partecipi del proprio "mal di vivere" raccontandolo in forma di note. Sembra quasi una sfida ai propri fans, una maniera gentile di farsi partecipi di una fase delicata della propria vita ascoltando composizioni facili all'apparenza ma tremendamente complicate nella costruzione e nella metrica.

Ad ogni ascolto ti sorprendono le soluzioni adottate da Bacharach per raccontare il suo mondo: dalla voce soulfoul dolce e arrabbiata di Joshie Armstead nell'iniziale "I Took My Strenght From You" o la strabiliante "Us" sempre con Jo Armstead alla voce, qui ancora più rancorosa, brano questo che anticipa di venti anni davvero le canzoni di "Painted From Memories", bellissimo, che ha la sua continuazione nella successiva "Where Are You", aperto e chiuso da un fenomenale assolo di sax per opera di David Sanborn, quasi come fosse una canzone unica divisa in due parti.
Le strazianti parole di James Kavanough in "We Should Met Sooner" sono giusto mitigate dall'accompagnamento e dalla melodia ideata da Bacharach, dove il bel ritornello è costruito come per dare un briciolo di speranza al testo cantato da Jamie Anders.
"No One Remembers My Name", con il testo di Hal David, sembra invece appartenere al songbook di Carole Bayer Sager e all'album citato all'inizio del post, ma lo precede di quattro anni, e le voci qui impiegate sono quelle delle coriste di Burt: Sally Stevens, Melissa Mackay e Marti Mc Call.
Da segnalare infine due composizioni strumentali che non fanno che confermare la grandezza di Bacharach, la title track "Futures", brano dalle sfumature funk e "Another Spring Will Rise", un capolavoro coronato da un memorabile fraseggio al pianoforte, summa di tutta l'arte del compositore di Kansas City.

Concludendo la recensione, mi sono accorto di avere usato molte iperboli per descrivere "Futures". Poco male, ne sarebbero occorse anche di più, ascoltate il disco e ne converrete anche voi.


2 commenti:

  1. Lo conosco poco, anche se l'ho sempre trovato affasinante come musicista, senza capirne il perché. Il tuo post mi aiuta a capirlo...

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    1. Grazie Alli. L'arte di Bacharach è particolare, si tratta di pop, ma con partiture complesse. Ho iniziato ad apprezzarlo da adulto, una volta che ci sei dentro è un casino uscirne fuori. :-)

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