lunedì 30 settembre 2013

VEDI "OMAR" QUANT'E' BELLO.....


Confido che mi perdonerete il titolo del post, visto che l'artista di oggi non c'entra niente con la canzone napoletana, tanto meno con l'opera; parleremo di soul invece, di soul a grana fine.
Omar è uno tra i più bravi soul man britannici ed oggi celebreremo il suo ritorno con un album uscito lo scorso giugno, dopo sette anni di stop. In questi sette anni il nostro ha avuto il tempo per essere insignito dell'ordine MBE dalla regina Elisabetta II - è diventato baronetto per meriti artistici - ed è diventato padre di due gemelle. "The Man", questo il titolo del suo nuovo lavoro, si avvale della collaborazione del bassista dei Jamiroquai Stuart Zenden e di Carol Wheeler già con i Soul II Soul. Un album che ci da modo di scoprire l'uomo Omar in una nuova luce - si è sposato e come detto è diventato papà - i testi delle canzoni  riflettono la maturità e il nuovo status raggiunto dall'artista, così come a livello musicale l'album è un caleidoscopio di stili in cui il nostro riesce a destreggiarsi con facilità. Si va dal soul direzione Motown, al blues,  alle suggestioni caraibiche del primo brano, fino al jazz-funk di "High Heels" suonato insieme alla Hidden Jazz Orchestra. Il brano che però ti manda al tappeto è il remake del primo successo di Omar dal suo primo album uscito 23 anni fa, "There's Nothing Like This", che vede al basso il grande Pino Palladino. Qui è bello notare come la voce di Omar sia sempre brillante come allora, quasi come il tempo non abbia influito sulle qualità vocali del cantante. Tirando le somme un disco come ci aspettava fosse fatto da Omar, senza correre rischi, ma che suona fresco come il disco dell'esordio.

venerdì 20 settembre 2013

NE SENTIVATE IL BISOGNO?



Sto preparando la recensione del nuovo album degli Earth Wind & Fire, "Now, Then and Forever", uscito lo scorso 10 settembre per celebrare il 40nnale della band e mi chiedo: ha senso un'altra reunion, tra l'altro di uno dei gruppi che più ho amato? Lasciata la band da parte di Maurice White per motivi di salute come dire l'anima del gruppo, gli EW&F ormai rimasti in tre, Philip Bailey, Ralph Johnson e Verdine White ritornano tra di noi dopo otto anni con un disco che cerca di rinverdire i fasti del tempo che fu; impresa molto ardua direi, per una band che ormai ha detto e bene tutto quello che c'era da dire sia in ambito soul, funk, jazz e pop, ovvero in quei generi che così sapientemente riuscirono a far stare insieme in una miscela esaltante come raramente è dato di ascoltare. Personalmente, pur non dispiacendomi questo nuovo lavoro, l'ho trovato abbastanza ininfluente per quanto riguarda la loro storia, mi spiego, se lo avesse fatto un novellino sarebbe tanta roba, ma pensando a quel che ci hanno regalato loro, beh, penso che potevamo farne anche a meno, specialmente se mettiamo la puntina sul secondo vinile allegato al nuovo disco: una raccolta dei loro brani del passato scelti da artisti fan della band. Qui l'ascolto si fa impietoso veramente, al punto che conviene non ascoltarlo nemmeno, se vogliamo dare un giudizio sereno sul nuovo lavoro. Un album che funziona molto e bene sulle ballad mid-tempo, su tutte "Guiding Lights", molto bella anche "Splashes" dalle atmosfere jazzate con retrogusto brasiliano. Insomma un disco che niente aggiunge e nulla toglie alla gloriosa storia degli Earth, Wind & Fire. 

martedì 17 settembre 2013

IL RITORNO DEI CALIBRO 35



Sono tornati e questa volta per l'etichetta italiana "Record Kicks" di Milano, la label più groove e funk del nostro paese. Per adesso gustiamoci l'anteprima del nuovo album della band in uscita il prossimo 21 di Ottobre, dal titolo "Traditori di Tutti". A tal proposito, vi dice niente il nome di Giorgio Scerbanenco? Si, perché il titolo del disco è tale e quale ad uno dei romanzi più belli e più amari del re del noir italiano, libro ambientato nella Milano degli anni 60, ed è il secondo romanzo del ciclo dedicato a Duca Lamberti, investigatore di polizia, una storia senza lieto fine che ti fa veramente respirare il clima freddo e nebbioso della città, seppur sapientemente tenuta sullo sfondo della trama. Tornando ai Calibro 35 il singolo che apre le danze del futuro album è "Giulia Mon Amour" un perfetto hipshake in linea con gli anni in cui il romanzo è stato scritto, groove uptempo rovente e un degno commento sonoro se casomai qualcuno si decidesse una buona volta a ricavare un film dal libro. Appurato che il romanzo è un capolavoro  e sperando che il disco lo segua a ruota, per l'eventuale film chi vedreste alla regia, Tarantino o Sorrentino ?

venerdì 13 settembre 2013

DOCTOR WU CLASSICS: TOTO and GEORGY PORGY


Oggi non doveva esserci questo post, avrei dovuto recensire un nuovo album, solo che, appena alzato ed accesa la radio, dall'altoparlante se ne esce questa canzone. Non sono mai stato un fan dei Toto, molto più del lavoro da turnisti di chi suonava nella band, non mi è mai piaciuto molto il loro rock a volte troppo semplicione e al limite del dozzinale, ma questo brano, perdio, basta e avanza per render loro onore e merito. L'intro del piano è qualcosa di sublime, così come lo stacco tra il ritornello ed il chorus e la sezione ritmica del brano è stata esempio di innumerevoli canzoni che hanno cercato di ripercorrerne le gesta senza riuscirci, penso a "Splendida Giornata" del Vasco nazionale. Mi sono sempre chiesto a cosa fosse riferita la Georgy Porgy del testo, ho letto in rete che la canzone è un omaggio a Gershwin, in particolare al suo capolavoro Porgy and Bess, non so, mi pare strano, so che il testo del ritornello è tratto da una canzone popolare inglese che si perde nella notte dei tempi, che Rudyard Kipling è autore di un racconto intitolato Georgie Porgie che si apre con il testo della canzoncina popolare, che lo scrittore Roald Dahl ha scritto un breve racconto intitolato sempre Georgy Porgy che parla delle strane "relazioni" tra un prete e le sue parrocchiane. Questo è quanto, se avete altre notizie a tal proposito, fatemele sapere.

 

mercoledì 11 settembre 2013

IL RITORNO DI JANELLE


Un'orchestra in stile morriconiano ci invita ad entrare nel mondo delle meraviglie del nuovo disco di Janelle Monáe, "The Electric Lady", seconda prova dell'artista afroamericana, dopo i fasti dell'acclamato "The Archandroid". Diciamo subito che il nuovo lavoro risulta essere più diretto rispetto al precedente, se lá avevamo un caleidoscopio di stili musicali molto diversi tra di loro,in questo le canzoni risultano più lineari all'ascolto, anche se non c'è un genere a prevalere sugli altri. Si inizia con un brano che da solo vale l'acquisto del disco: "Givin' em what they love" si avvale della collaborazione di un Prince in grande spolvero, come non sentivamo da tempo. Funk rock urbano della miglior specie, con la chitarra solista a spaccare in due il brano. Si prosegue con un'altra grande canzone e con un'altra collaborazione eccellente: "Q.U.E.E.N.", cantata insieme ad Erika Badu ci porta nei territori funk alla Parliament. Il disco però prende il volo con "Dance Apocalyptic", geniale e divertente dance song, seguita da un repentino cambio di sonoritá: "Look into my eyes" è puro sound cinematico, con echi di paesi esotici, poi una breve suite strumentale ci introduce alla più bella ballata soul dell'album: "It's code", canzone che ricorda le cose migliori degli Swing Out Sister (ebbene si! ) e mentre ancora siamo a godere del brano ecco arrivare l'omaggio di Janelle a Stevie Wonder con "Ghetto Woman", synth e basso in primo piano così come lo avrebbe inteso Stevie nostro. Si va avanti con altri brani che hanno nel pop non plastificato la loro ragione d'essere, spicca "Sally Ride" canzone che ricorda la prima donna americana nello spazio,  fino ad arrivare a "Dorothy Dandridge Eyes", canzone dedicata alla prima attrice afroamericana che abbia mai avuto una candidatura ai premi Oscar; questa volta è la divina Esperanza Spalding a prestare la propria bravura al servizio di Janelle. Non pensiate però che l'album sia un mero esercizio di stile: Janelle ha lavorato di fino anche sui testi, nel suo essere è anche un album ben connotato politicamente, sui diritti troppo spesso negati alla nazione afroamericana, e sul sessismo.  Un disco doppio, come usava una volta e venti canzoni che vi si attaccheranno addosso e vi consumeranno nella loro semplice bellezza fino alle barbe.


lunedì 9 settembre 2013

IL RITORNO DELLA "VOCE": GREGORY PORTER



Gregory Porter, l'uomo dalla voce che anche voi vorreste avere per parlare d'amore alla vostra bella, il crooner del nuovo millennio è di nuovo tra di noi con il suo nuovo album, il terzo ed il primo registrato per l'etichetta jazz per antonomasia, la Blue Note Records. "Liquid Spirit" il titolo e dai solchi del disco ci abbeveriamo davvero alla materia eterea che le note musicali sprigionano tutte intorno a noi. Questo nuovo lavoro di Porter non regala sorprese, se non quella di farci stupire di nuovo davanti alla bellezza della voce del cantante afroamericano, voce calda e coinvolgente, dalla tecnica impressionante ma che non viene mai usata per impressionare gli ascoltatori e quindi capace di emozionarti in maniera sottile, le canzoni sono tutte giocate nello stile della label statunitense, quindi grandi ballad e be bop distribuito a piene mani, in puro stile Tony Bennet ; sfuggono ai canoni la title track, una grande canzone tutta giocata in chiave gospel e la bella cover svolta in chiave funky groove di una hit dei '60ies, "The in Crowd". Nessuna sorpresa quindi, una conferma ed un disco così bello nella sua semplicità da far suonare e risuonare nelle prossime giornate autunnali questo si ! 
Ultra classico.
Voto 3/5

domenica 8 settembre 2013

SMOKEY E LE LACRIME DEL PAGLIACCIO


Curiosa la genesi di questa canzone: siamo a Detroit nel 1967, festa di Natale della Motown, immaginate un salone con dentro tutti gli artisti della label, tra questi Smokey Robinson e Stevie Wonder. Stevie si avvicina a Smokey: "Senti Smoke, ho scritto questo pezzo ma non riesco a trovare le parole giuste, ascoltalo e dimmi se ti viene in mente qualcosa". Smokey porta a casa il nastro, lo ascolta e lo riascolta, lo trova incredibile e si accorge che c'era una parte con una di quelle musichette da circo, ma è lampante che il futuro testo non avrebbe parlato di animali e trapezisti,  ma che in qualche modo sarà una storia che avesse a che fare con il mondo del circo. Una storia che fosse come una stilettata nel cuore. Una storia come quella narrata dal Leoncavallo, la storia di Pagliacci, il clown triste che rendeva tutti felici, Pagliacci che faceva ridere ma non aveva una donna che lo amasse come lo amava la gente che faceva ridere. Smokey decise quindi che la canzone avrebbe parlato di lui, la intitolò "Tears Of A Clown", la registrò con i Miracles nel 1967, fu messa in un album ma come singolo venne scartata a discapito di alcune hit che già avevano e quindi non uscì mai. Caso volle che nel 1970 una giovin signora inglese che lavorava per la Tamla Motown si imbatté nell'ascolto del brano e convinse gli inglesi a stampare "Tears of a Clown" per il loro mercato e questi divenne subito un numero uno nella classifica di vendite del Regno Unito. Fu quindi deciso di stampare il singolo anche per il mercato americano e ben presto schizzò al numero uno anche là. Quindi se abbiamo potuto ascoltare un siffatto capolavoro, lo dobbiamo alle feste di Natale della Motown, oltre che a Smokey e a Stevie, e alla giovin signora inglese, sure !


venerdì 6 settembre 2013

SESTO


Sesto su dieci. Questo è il piazzamento finale del mio blog al  contest "Targa Mei Musicletter - Indie Blog Award 2013". Come ricorderete questo blog fu inserito nella nomination dei migliori dieci blog musicali "personali" e questo bel risultato lo devo a voi che mi seguite, ai vostri voti e ai giurati del premio. Un grazie di cuore a tutti voi quindi e un grazie speciale alle "preghiere" di Mr. James Brown a cui mi ero appellato. A parte gli scherzi è un piacere stare in classifica in mezzo a fior di giornalisti che scrivono di musica per professione, quali Eddy Cilia, Federico Guglielmi e Paolo Vites, nell'ordine primo, secondo e terzo, Mauro Zambellini classificatosi appena dietro il mio blog, ma sopratutto è un piacere condividere con due amici di "tastiera" questo risultato: Antonio "Tonyface" Baciocchi, terzo classificato, e Luciano "Joyello" Triolo, con un immeritato decimo posto. 
 Grazie ancora e "keep the faith" !

Questa la classifica finale del "Miglior Blog Personale"

1. Venerato Maestro Oppure di Eddy Cilìa 
2. L’ultima Thule di Federico Guglielmi 
3. The Red River Shore di Paolo Vites
4. Tony Face di Antonio Bacciocchi
5. Musica, viaggi, cucina… di Paola De Angelis 
6. Doctor Wu di Leo Giovannini 
7. Zambo’s Place di Mauro Zambellini 
8. Fascino Rock di Sara Stella 
9. Onan Records di Luca Bettega
10. Fard Rock di  Luciano “Joyello” Triolo