lunedì 22 luglio 2013

PORTA APERTA


Una porta socchiusa che lascia intravedere uno spiraglio di luce, il nostro che se ne sta seduto su una sedia con un uccello notturno su di una spalla, indeciso sul da farsi, una corda a mo' di serpente che sbuca dalla porta. Se Mayer Hawthorne voleva farcire di significati esoterici la copertina del suo nuovo disco, "Where Does This Door Go", direi che ci è riuscito alla perfezione.  Il sottoscritto, che di esoterismo conosce il giusto, preferisce entrare attraversare la soglia della porta per scoprire quello che ci propone il soul singer del Michigan. Terzo album di studio questo, che promette e mantiene un rinnovamento stilistico del sound di Hawthorne, lasciando al passato le suggestioni retro soul in salsa Motown/Stax che avevano caratterizzato le produzioni precedenti. Qui infatti si può a ragione parlare di un disco che ha come punto di riferimento le stagioni d'oro del "blue eyed soul" e infatti in più di un brano il pensiero va in direzione Hall & Oates, ma non solo, potevano mancare i riferimenti in un disco del genere alla premiata ditta Fagen/Becker ? No, ci troviamo dentro anche loro. Quindi, pop di buon gusto e fatto con tutti i crismi per piacere a chi si sollazza con il genere sopra descritto. Il disco, dopo una partenza al fulmicotone con "Back Seat Lover", si rilassa con tre brani che mi lasciano abbastanza indifferente, per poi ripartire con "Wine Glass Woman" e da qui in poi si va alla grande, un brano migliore dell'altro, con gli apici in "Her Favorite Song", "Crime" dall'introduzione "arabic", cantato in coppia con Kendrick Lamar per finire con "Corsican Rosé". Album derivativo ? Sicuro. Ma ve ne importa qualcosa ? A me no, averne di dischi così. 


2 commenti:

  1. Ascoltando il primo brano credo di aver compreso il senso della definizione "album derivativo"...e continuo a credere sempre di più che quando la musica è buona, sia seminale o derivativa poco importa davvero.

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    1. Infatti, poi sai che con queste sonorità ci vado a nozze.

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