Cuoco, imitatore, homeless e infine cantante, questa in sintesi la vita di Charles Bradley, artista afroamericano che alla tenera età di 64 anni è arrivato ad incidere il suo secondo album, "Victim of Love", in uscita il prossimo 2 di aprile per la Daptone Records, etichetta specializzata in operazioni di "retrofuturo", dal momento che le loro produzioni si distinguono per un marcato accento sixties oriented per quanto riguarda soul e funk. Una vita non certo noiosa quella di Bradley. Nativo di Gainesville in Florida, cresciuto dalla nonna fino all'età di 8 anni, Bradley se ne andrà poi a Brooklyn per vivere insieme a sua madre, dove nel 1962, assistendo insieme alla sorella ad un esibizione di James Brown all'Apollo Theatre, ebbe l'illuminazione che dal quel giorno sarebbe stato lui in pensieri, parole, opere, omissioni, nonché nell'ugola. Si perché il nostro oltre ad imitare nello stile e nella voce il padrino del soul, si esibirà poi nei locali di mezza america a nome "Black Velvet" una specie di "One Man Cover Band" di James Brown e C.
Nel mezzo metteteci che Bradley, da adolescente, è vissuto da clochard per due anni nelle strade e nella metropolitana di New York, poi ha lavorato come cuoco prima di intraprendere un viaggio in autostop che lo ha portato fino in California, dove iniziò ad esibirsi come "Black Velvet". Ah, tra una canzone e l'altra ha rischiato anche di morire, a causa di un'allergia alla penicillina dopo essere stato ricoverato in ospedale per cause che non conosco, e si è ritrovato sulla scena del crimine dove è stato accoppato suo fratello.
La fortuna, se così si può dire, girerà a favore di Bradley nel 2002 dove fu notato in un club da Gabriel Roth, uno dei co-fondatori della Daptone Records e dopo una serie di singoli, nel 2011 vedrà la luce il suo primo album "No Time for Dreaming". Tra pochi giorni, come detto, uscirà il suo secondo lavoro, "Victim of Love" e non crediate che Bradley, nonostante le affinità con James Brown, non abbia personalità. Il disco è molto bello, l'ambito come detto è quello del soul degli anni d'oro e lui ci mette davvero l'anima per far sentire che non è soltanto un imitatore.
Certo che fisicamente un po' lo ricorda, James Brown. Mi sembra un po' meno "sguaiato" ( dove "sguaiatezza" applicata a Brown non puó avere che una accezione positiva) peró, onestamente, a me sembra che lo ricalchi non poco.
RispondiEliminaUn JB ripulito? Sai il rischio di queste operazioni è proprio quello di farne una copia pari pari all'originale. Forse è proprio "la ripulitura" che lo salva da essere un clone. Certo che la somiglianza è impressionante.
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