Post

Visualizzazione dei post da maggio, 2012

FUNK MASSICCIO DA BRIGHTON: THE IMPELLERS

Immagine
Se dici Brighton pensi subito agli scontri fra Mods e Rockers negli anni 60, oppure, se sei appassionato di football, ma di quelli seri, sicuramente ti potranno interessare le gesta del Brighton and Hove Albion FC, non memorabile squadra di Championship inglese, la nostra serie B, che ha vinto il suo unico trofeo nel 1910. A me invece Brighton fa venire in mente Ben Sherman, stilista di moda cui devo buona parte del mio guardaroba, camicie con il caratteristico "botton down", ovvero il terzo bottone posto sul retro del colletto, polo, chinos e giubbino "Harrington". L'altra cosa per cui Brighton merita di essere ricordata e attinente al blog, è la band dei "The Impellers", dieci elementi, con alla voce solista la brava Clair Witcher - potenza allo stato puro la bimba, ascoltare "The Knock Knock" - in cui ha attecchito il morbo del funk. "The Impellers" hanno da poco inciso il loro secondo album, "This is not a drill", per ...

DIZZY IN FUNK

Immagine
La recente uscita di una bella raccolta dedicata ai musicisti che hanno pubblicato sulle label Perception e Today Records, mi fornisce l'occasione di parlare di un bel disco uscito nel 1970 ad opera di Dizzy Gillespie, "The Real Thing". Il disco vede il buon Dizzy flirtare con dei micidiali groove funk, lontano anni luce dalle classiche sonorità bop di cui lui fu uno dei fondatori, contornato da una band che vedeva nelle sue fila musicisti come James Moody al sax, Eric Gayle alla chitarra e Michael Longo al piano. Chiamatelo jazz-funk, fusion o come vi pare, quel che è certo è la notevole apertura mentale di Dizzy verso la musica che girava per le strade in quei giorni e al pari di un Miles Davis e di un Herbie Hancock, seppe indicare la via giusta a tutti quei jazzisti che non volevano rimanere imbrigliati in una formula tradizionale a scapito della propria creatività. Poi il bello della musica jazz e nera in generale è proprio questo: riuscire a fiutare per primi i suon...

ROUND MIDNIGHT: IL "CAPOLINEA" DI MILANO

Immagine
Se chiedete a uno straniero quali siano le eccellenze italiane nel mondo, è probabile che vi risponda: le auto, la moda e la cucina. Se poi gli domandate cosa conosca della musica italiana, quasi sicuramente citerà Bocelli e Pavarotti. È anche possibile che accenni un sorriso ironico se gli chiedete del rock tricolore. I più esperti, però, vi diranno che il jazz è un’altra delle nostre eccellenze, una tradizione costruita da musicisti capaci di guadagnarsi il rispetto dei maestri del genere e diventare veri punti di riferimento. Non si parla solo di musicisti, però. Il jazz italiano è stato anche alimentato da una rete di locali dove quelle note prendevano vita, contribuendo a scrivere la storia del genere nel nostro Paese. Uno su tutti: il “Capolinea” di Milano. Questo storico locale, affacciato sul Naviglio Grande, è stato un crocevia per la produzione jazz internazionale e italiana. Aperto nel 1968 da Giorgio Vanni, ex batterista toscano (e qui non posso che provare un moto d’orgogl...

SICURO, E' FUNK (E DI QUELLO BUONO)

Immagine
Nel fondamentale disco di Sly and the Family Stone, "There's a Riot Going On", la traccia omonima era inesistente, ovvero era scritta sul tondino del vinile ma non c'era, mai incisa e forse mai pensata, perché come motivato dello stesso Sly, "sentii che non ci dovrebbero essere mai disordini". A distanza di quarantuno anni, il gruppo californiano dei Monophonics, usciti per la label Ubiquity Records lo scorso 15 Maggio con l'album "In your brain", provano a dare voce e musica a quella risposta che Sly Stone dette alla domanda posta a titolo dell'album capolavoro di Marvin Gaye, "What's going on". Da allora e come allora, pur con altri motivi, i tempi per una rivolta sembrano essere tornati d'attualità, ma qui mi fermo e non vado oltre, per la politica esistono blog e bloggers migliori del sottoscritto. I Monophonics sono attivi dal 2005, questo è il loro terzo lavoro, dopo l'uscita nel 2007 di "Playin' and S...

IL LUNGO ADDIO: ROBIN GIBB, 1949-2012

Immagine
Sulla morte di Robin Gibb in questi giorni è stato scritto molto e molto a sproposito: ad esempio la sua dipartita è stata messa in correlazione con la scomparsa di Donna Summer, come se i Bee Gees avessero scritto e cantato soltanto nel periodo della disco music, non ricordando invece i numerosi successi avuti negli anni sessanta, con canzoni memorabili nell'ambito della musica popular. Restando sugli anni '70 e sulle sonorità che interessano al sottoscritto, voglio ricordare che i Bee Gees scrissero brani dance o perlomeno dall'atmosfera pop-soul ben prima dell'exploit di Saturday Night Fever: "You should be dancing", "Nights on Broadway" e "Fanny" furono i brani che videro la sterzata del gruppo dal pop degli esordi a suoni più marcatamente black, costruiti però sui loro caratteristici intrecci vocali e sui loro ritornelli killer. Il miglior modo per ricordare Robin Gibb è riascoltare la "divina" Candi Staton nella cover di ...

SUNDAY MORNING MUSIC: BOBBY CALDWELL

Immagine
Autore raffinatissimo, che spazia dal soul al jazz alla fusion, Bobby Caldwell incise nel 1982 uno dei suoi album migliori, "Carry on" da cui è tratto il brano di oggi, "Sunny Hills". Caldwell iniziò la sua carriera come turnista lavorando con Johnny Winter e come membro di due gruppi, gli Armageddon e i Captain Beyond, per poi intraprendere nel 1978 la carriera solista. "Carry On" è il terzo album che arriva dopo il suo omonimo masterpiece del 1978 e segue "Cat in the hat" del 1980. Album che rispetto agli altri pecca in spontaneità, essendo i brani costruiti ed arrangiati in modo impeccabile, ma sicuramente quello che non difetta è un generale godimento per tutta la durata del disco. Da rimarcare è che pur trovandoci in ambito di musica da intrattenimento di gran classe, l'ascoltare questa miscela di musica di diversi generi così ben assemblati ha ben pochi eguali in altri autori e rende Bobby Caldwell un artista tra i più originali del pan...

ROUND MIDNIGHT: GERRY MULLIGAN QUARTET, AS CATCH CAN

Immagine
Di questo disco ho un ricordo particolare: trattasi del primo album di jazz da me acquistato dopo intensivo ascolto di "The Nightfly" di Donald Fagen. L'omonima canzone, dove si narravano le nottate del DJ Lester che trasmetteva "jazz and conversation" dalla "indipendent station WJAZ", mi convinse a fare il salto definitivo nel mondo del jazz, sfiorato mille volte in tutte le sue declinazioni e fusioni. L'album di Gerry Mulligan, "What is there to say?" del 1958 fu così il primo di una lunga serie che continua ancora oggi. Il quartetto di Mulligan era atipico dagli altri del periodo perché fu il primo a non contemplare il pianoforte, sostituito da tromba e sax baritono in un continuo gioco di armonie ed incroci tali da non far sentire la mancanza di uno strumento fino ad allora indispensabile per ogni formazione jazz. Nel quartetto originale la tromba era affidata a Chet Baker, ma tra litigate e scazzi vari tra i due, il connubio venne in...

IL LUNGO ADDIO: DONNA SUMMER, 1948 - 2012

Immagine
Con la scomparsa di Donna Summer non se n'è andata soltanto una diva della disco music, se n'è andata un'idea di musica nata nella seconda metà degli anni '70, ideata dai bianchi per rendere digeribile alle masse la musica funk e divenuta ben presto un'equivoco per molti che di musica black ne masticavano poco. Più di una volta ho sentito associare la disco con la musica nera tout court, dando luogo ad un pregiudizio duro a morire. Con la scomparsa di Donna Summer se n'è andata via una parte della mia giovinezza, i ricordi legati ad un mondo che sembra lontano un secolo. Donna Summer te la ritrovavi in ogni dove, era il tormento e l'estasi di ogni adolescente, riuscì a liberarsi dalla disco registrando album di gospel, rock ed r'n'b, con buon successo, ma la mia Donna Summer è inequivocabilmente quella della disco e non voglio qui farne un rivalutazione post-mortem sulle proprie capacità vocali, non me ne frega proprio niente e non ne ha bisogno. Vog...

DIVA'S: PHYLLIS HYMAN

Immagine
Parte oggi una nuova rubrica dedicata alle divine della musica soul: per intendersi, ed in linea con il blog, qui non vengono contemplate presunte dive alla Mariah Carey, forse, se mi va, accennerò alle dive più conosciute e meritevoli di questo titolo, Aretha e Diana, tanto per fare due esempi. Mi preme invece ricordare quelle "dive" che lo furono per un piccolo attimo nel tempo, tanto fuggente quanto indelebile negli anni a venire per chi è appassionato di musica black. La storia di oggi non ha un lieto fine e comincia dall'ultimo atto, con il suicidio dell'artista, il 30 Giugno del 1995. L'inizio della parabola artistica di Phyllis Hyman però partì con ben altri presupposti e sin dal primo disco tutto lasciava presagire per un finale diverso. Bella, sofisticata, una vocalità intensa e profonda, Phyllis Hyman inizierà la carriera di cantante registrando il suo primo omonimo album nel 1977  per la Budda Records, disco caratterizzato già da canzoni che resteran...

SUNDAY MORNING MUSIC: STEVE KIPNER

Immagine
Ecco un'altro dei "beautiful loser" della musica californiana. Steve Kipner al pari di altri artisti del genere pop west coast ha all'attivo un solo album, "Clock the walls down" uscito nel 1979, coprodotto insieme ad un Jay Graydon alle prime armi ma con il quale riuscirà a tirar fuori dal cilindro uno dei primi lavori di riferimento per tutto il genere. La bellezza delle melodie, dei suoni e degli arrangiamenti vanno a sopperire ad una non bellissima vocalità da parte di Kipner, ma come detto, le trame sonore create da Graydon e Tom Seufert - l'altro coproduttore dell'album - riescono a fare di questo lavoro una gradevolissima esperienza di ascolto. Altro merito è quello di essere riusciti a creare delle canzoni che non sono di impatto immediato ma che necessitano di ulteriori ascolti per conquistarti piano piano. Le mie preferite sono "Cryin' out for love" e la stupenda title track, dove possiamo ammirare la maestria di Graydon alla...

'ROUND MIDNIGHT: PAUL DESMOND, TAKE FIVE

Immagine
Ma anche il Dave Brubeck Quartet- Dave Brubeck al piano, Paul Desmond al sax contralto, Gene Wright al contrabasso e Joe Morello alla batteria - e l'album "Time Out" del 1959, ovvero la storia del jazz o meglio, la storia della musica. Take Five però fu scritto da Paul Desmond, sassofonista del quartetto, il brano fu così chiamato, pare, perché sviluppato in metrica di 5/4 e fu anche uno dei primi brani in cui la batteria non ebbe la funzione di mero accompagnamento come accadeva allora, ma divenne parte integrante nello sviluppo del brano. Take Five è il classico pezzo che conoscono anche chi del jazz ne sa poco o niente, è uno degli standard più suonati di sempre ed ebbe anche un buon riscontro nella top 100 di Billboard. Paul Desmond scrisse il brano durante la realizzazione di Time Out, dove il nostro iniziò ad improvvisare sul ritmo, appunto in 5/4, ideato dal batterista Joe Morello, e Brubeck ne fu tanto entusiasta da chiedere a Desmond di unire le parti improvvisat...

QUEL SOUL CHE ARRIVA DALL'AUSTRALIA: DOJO CUTS FEAT ROXIE RAY

Immagine
Buone nuove dall'Australia per quanto riguarda la nostra musica preferita. Poco tempo fa su questo blog ebbi modo di parlare di Clairy Brown and The Bangin' Rackettes , band proveniente da Melbourne, dedita ad un ruvido r'n'b, oggi è la volta dei Dojo Cuts , combo che arriva da Sidney, con alla voce la brava e bella Roxie Ray. Hanno fatto uscire da poco il loro secondo album, "Take from me", per l'ormai imprescindibile label italiana, per chi ama soul e funk, Record Kicks e posso dire che anche questa volta hanno colto nel segno. Se in altri artisti dell'etichetta, vedi ad es. Nick Pride and The Pimptones o i Third Coast King ci troviamo di fronte ad una proposta musicale orientata verso il funk nudo e crudo, in questo album viene privilegiato un approccio alla materia più morbido, abbiamo infatti dei brani quasi tutti giocati in chiave mid-tempo, molto raffinati e dalle sonorità pulite e anche laddove viene affondato il coltello nel burro, vedi la co...

AWB vs.CHAKA KHAN: WHATCHA GONNA DO FOR ME

Immagine
Quando l'Average White Band incise "Whatcha Gonna Do For Me" il gruppo scozzese aveva già attraversato l'atlantico per trasferirsi nella terra del funk, gli States. In crisi d'identità in patria, dove la loro musica rimase come incompresa - figurarsi se nel bel mezzo dei seventies nel Regno Unito la massa delle persone si filava il funk - non è che negli states le cose andassero per il meglio - immaginatevi i funkster neri cosa avranno pensato: "ehi, chi cazzo sono questi visi pallidi che ci imitano cosi bene?" Una cosa però è certa e scolpita nel marmo; l'AWB incise un disco "Shine", prodotto dal genio di David Foster, che seppur scostandosi dal funk puro degli esordi è un caposaldo del pop'n'soul, basta ascoltare i primi quattro brani dell'album - cibo per artisti in cerca di gloria - per capirlo. Il brano della sfida di oggi ne è un esempio: scritto da Ned Doheny e Hamish Stuart è una canzone che da lustro imperituro alla ca...

SUNDAY MORNING MUSIC: MICHAEL FRANKS

Immagine
Michael Franks è considerato, da chi lo ascolta superficialmente, il classico artista buono da ascoltare in situazioni intime, insomma, musica buona per scopare. A parte il fatto che già questo basta a farmelo piacere, i pochi che lo hanno ascoltato più attentamente scopriranno un'artista raffinato e sensibile, che parla si di amore e passione nei suoi dischi, ma dal songwriting che esclude le banalità in cui cadono molti autori. Michael Franks ha scritto lavori migliori di questo, ma "Passion Fruit" con quelle sue canzoni che si muovono sul confine del jazz, tra pop e bossa, ha dentro quel mood che lo rende subito riconoscibile, piccoli bozzetti come quei quadri di artisti sconosciuti che trovi nei mercatini, come una donna non bella ma che ha dentro quel non so cosa che ti fa sangue. Prendete i due brani di oggi: "When Sly Calls", dove si parla di una telefonata inaspettata da parte di un amico che ti piace ancora e con cui hai paura a parlare e "Alone at...

L'ORGOGLIO DI SCOZIA

Immagine
Ve la immaginate una band di scozzesi bianchi dediti al funk nel Regno Unito degli anni '70? Strano a dirsi, in un epoca in cui il glam prima e il punk dopo dettavano legge, eppure la Average White Band fu una delle più belle realtà della musica funk di quegli anni e ancora oggi è rispettata ed amata. E sinceramente, quando arrivarono al numero uno, dicasi UNO, nella hot 100 di Billboard con il loro primo singolo "Pick up the pieces", colsero di sorpresa buona parte del pubblico e della critica, ma quel brano, suonato da sei bianchi, fu la prova vivente dell'universalità e del fascino del funk. Un groove strumentale caratterizzato da un assolo "maligno" di sax in salsa be-bop ed una chitarra ispirata dai Jb's era quanto di più fresco e familiare si potesse ascoltare in ambito soul in quei giorni. Chi avesse ascoltato quel brano senza sapere che dietro a quelli strumenti c'erano dei ragazzi bianchi lentigginosi, avrebbe giurato che la crew fosse forma...

ERIKAH BADU AL CONCERTO DEL PRIMO MAGGIO 2001

Immagine
Sicuramente il miglior live act di sempre del concerto romano del Primo Maggio. Entrò sul palco accolta da un generale scetticismo, del resto il cartellone di quell'anno, 2001, prevedeva Pelù, Britti, Mannoia, 99 Posse - ci siamo capiti no ? - e dette una lezione di stile e di bravura a tutta la compagnia cantante. Peccato che anche allora ci fu chi non capì 'na mazza sull'arte della nostra, leggete cosa scrisse il Corriere della Sera: "L' ETEREA BADU - La regina del new soul è dispersiva e troppo «raffinata» per una piazza così dilatata. Erykah Badu col suo mega-turbante si fa precedere da dieci minuti di intermezzo strumentale in cui le coriste ripetono il suo cognome. La divina si accende una sigarillo, dice ciao. A un certo punto grida alla folla un po' spaesata di «urlare»." Un raffinato ed esplicativo esempio di critica musicale, oserei dire. Per fortuna i più avveduti tra gli spettatori, resisi conto che non avevano davanti una peracotta...