venerdì 30 dicembre 2011

DOCTOR WU AWARDS 2011:FEMALE VOCALIST OF THE YEAR-KELLY PRICE


Ecco un esempio di cantante che meriterebbe più attenzione da parte dei media e del pubblico. Kelly Price è stata in assoluto "la voce" di questo 2011 ormai agli sgoccioli, una voce che ricorda l'Aretha Franklin dei giorni migliori, e se il paragone vi possa sembrare azzardato, ascoltate l'ultimo disco della ragazza. Benché a volte possa sembrare un disco "old fashioned", la voce di Kelly arriva in soccorso per alzare il livello delle canzoni, cosa che se date in mano a delle cantanti meno dotate vocalmente, non riuscirebbero mai a fare.
Applausi !

giovedì 29 dicembre 2011

DOCTOR WU AWARDS 2011: BEST R'N'B/SOUL FEMALE ALBUM - JILL SCOTT: THE LIGHT OF THE SUN


Ferma ai box nel 2011 la fuoriclasse Janelle Monae, il titolo di miglior disco r'n'b/soul femminile dell'anno va a Jill Scott ed al suo "The Light Of The Sun": decisione sofferta, vista la buona annata per quanto riguarda le donzelle - da rimarcare se paragonata ai dischi delle controparti maschili usciti nell'anno - in particolare da segnalare le buone prove di Kelly Price, Goapele e Lalah Hathaway, nonché la rediviva ex Incognito, Maysa. Buono, ma un po' sottotono invece il nuovo lavoro di Erykah Badu.
Un'artista e delle buone vibrazioni che manco a dirlo arrivano da Philadelphia, e si sente nel disco, una produzione raffinata ma mai sopra le righe, album che vede ridotte le intromissioni hip-hop preferendo andare sul cantato - e meno male dico io - perché castrare una voce di siffatta bellezza? Il premio va all'album che in ambito soul non si fossilizza su uno stile unico, ma ha il coraggio di spaziare tra le varietà di stile del genere; dal Philly Sound, al nu soul venato di funk, fino al soul da cantante confidenziale, mai melenso.
Album di classe, ma classe pura.

Miglior album r'n'b/soul di vocalist femminile del 2011.
Jill Scott-The Light of the Sun
Sul podio:
Kelly Price-Kelly
Goapele-Break of Down
Maysa-Motions of Love
Lalah Hathaway-Where it all Begins


mercoledì 28 dicembre 2011

DOCTOR WU AWARDS 2011: BEST FUNK ALBUM AND GROUP - THE BAKER BROTHERS: TIME TO TESTIFY


L'album dei "The Baker Brothers", "Time to Testify", è stato uno dei migliori usciti nel 2011, non solo per quanto riguarda il genere soul-funk, ma in un'anno di uscite alquanto parche di album da consegnare ai posteri, se la gioca benissimo con qualsiasi tipo di sonorità. Ho già parlato di loro in un recente post, ma il tipo di brano presentato non rende giustizia appieno ai ragazzi. Pur essendo un notevole esercizio di stile dedicato all'arte in musica di Donald Fagen e Walter Becker, il vero tratto saliente dei Baker Brothers è il funk, un funk tirato e sudato, mischiato con soul e jazz, da gustarsi live ma ben riprodotto anche in sala d'incisione. Un bell'esempio di ciò è il brano "Make your Move" il secondo in ordine sulla scaletta del disco: canzone da dedicare a chi in Italia sproloquia di musica soul affibbiando l'etichetta ad improbabili artisti da classifica, e ancora non ha il coraggio di decidersi a mandare in heavy rotation sulle fm station un gruppo come questo. Onore al merito a loro quindi, e all'etichetta Record Kicks, piccola ma agguerrita label italiana che dimostra con i fatti cosa vuol dire voler bene alla musica.

Miglior gruppo ed album funk del 2011:
The Baker Brothes-Time To Testify
Sul podio:
Nick Pride and The Pimptones-Midnight Feast of Jazz
Eddie Roberts and The Fire Eaters-Burn!
The Fantastics-All The People
JC Brooks and The Uptown Sound-Want More

Ma ora, è giunto il momento di muovere il culo!

domenica 25 dicembre 2011

CHRISTMAS GIFT: THE SUPREMES AT T.A.M.I. SHOW, 1964



Ecco il mio regalo di Natale: la formazione originale delle Supremes, ovvero Diana Ross, Florence Ballard e Mary Wilson, dal vivo al TAMI show nel 1964. Se ci può essere una definizione di cosa possa essere la grazia e lo stile in musica, questo potrebbe esserne un esempio. In particolare oggi voglio ricordare Florence Ballard, membro fondatore della band e magnifico controcanto alla voce solista della Ross, la sua estensione vocale andava infatti da contralto a soprano, ed unica nel portare la sua innata eleganza come surplus al gruppo. Sappiamo poi che il boss della Motown, Barry Gordy, la cacciò nel 1967, favorendo di fatto l'ascesa di Diana Ross, e sicuramente questo fu uno dei motivi della conseguente caduta di Florence nella depressione e nell'alcool, che la vedrà tentare di avviare una carriera solista che purtroppo non prenderà mai il volo e trascorrerà gli ultimi cinque anni della sua vita in relativa povertà. Da questo stato delle cose "Flo" non riuscirà a tirarsi fuori, se non passando a miglior vita nel 1976 a soli 32 anni.
Un Buon Natale anche a te, dovunque tu sei, cara sfortunata ragazza.

sabato 24 dicembre 2011

STEVIE WONDER: A WARM LITTLE HOME ON A HILL, 1967


Questa la dedico a tutti voi che passate da queste parti; se mai voleste ascoltare delle belle canzoni natalizie, questo è il disco da avere, ed in un colpo solo vi libererete di George Michael, Band Aid, Ave Marie Albanesche e tutto il corollario di melassa che circonda questa festività.
Stevie Wonder pubblicò quest'album, "Someday at Christmas", nel 1967, ed è un punto di riferimento con quanti vogliono cimentarsi con questo genere nel genere.
Questa poi è la canzone che mi riporta ai ricordi di bambino di questo giorno. E forse solo i bambini colgono la vera essenza di questa festa, aldilà di qualsiasi fede e religione.
Quindi, amici, Buon Natale di cuore dal vostro Harmo, che crediate ancora a Babbo Natale oppure no. Pace, prosperità e amore tutto l'anno.

venerdì 23 dicembre 2011

AL GREEN vs.TALKING HEADS: TAKE ME TO THE RIVER, 1974


Sfida ai massimi livelli quest'oggi, con una tra le canzoni più belle di tutti i tempi. Scritta nel 1974 da Al Green insieme al chitarrista Mabon "Teenie" Hodges, è diventata in breve un instant classic coverizzata in seguito da una miriade di artisti di ogni genere, sesso e religione. La versione dei Talking Heads è quella più conosciuta, anzi per molti miscredenti è forse l'unica versione, tanto da passare come brano originale scritto da Mr. "Ciao come sto", David Byrne. Ed è stata probabilmente proprio la spocchia di Mr. Testa Parlante a farla diventare così immediatamente riconoscibile, tanto da oscurare il brano originale. Per il sottoscritto la sfida di oggi ricorda quella pugilistica di qualche decennio fa' tra i pesi massimi Mohammed Ali ed il bianco Oscar "Gringo" Bonavena. Il pugile argentino, considerato la speranza bianca per sconfiggere Ali, nonostante tutta la buona volontà messa sul ring ed aver messo in difficoltà il pugile americano, dovette poi fermarsi all'ultima ripresa, sconfitto per ko tecnico, dopo essere andato al tappeto per tre volte al quindicesimo round. Ecco, vedendo i due video, posso dire che il paragone è calzante. Se ad esempio nell'esecuzione dei brani arriviamo ad un sostanziale pareggio, soulful e groovy la versione del reverendo Green, nervosa e cerebrale quella di mr. Byrne, poi ognuno si scelga quella che gli aggrada, il match alla fine è vinto da Al Green. Questo per un semplice motivo: Al Green è "la Voce" e poi una canzone così Byrne non l'ha mai scritta. Mi si potrà obiettare che i Talking Heads hanno fatto ben altro con i loro lavori, ma non è questo il motivo della disputa, qui parliamo di una singola canzone, ed il fatto che i Talking Heads l'abbiano adottata, tanto da farla diventare un loro cavallo di battaglia, dimostra quanto "mister spocchia" desiderasse scrivere un pezzo di questa fattura.



mercoledì 21 dicembre 2011

SHARRIE WILLIAMS: OUT OF THE DARK, 2011


Cosa meglio di un bel blues, venato di soul, per sconfiggere il freddo di questi giorni? Può sembrare una frase scontata, e forse lo è, ma quando ascolterete Sharrie Williams anche la frase più banale può diventare piena di significato. Questo è il suo quarto album, arriva dopo l'acclamato "I'm here to stay" uscito per l'etichetta Electro-fi, e dopo i gravi problemi di salute avuti dalla signora, che ora, per fortuna, paiono risolti. Un disco di blues-soul classico e di classe, una voce che ricorda a tratti la miglior Tina Turner - chissà se la Tina avesse avuto questo materiale nelle ultime prove da solista forse non parleremmo di un'artista arrivata al capolinea - un chitarrista, Lars Kutschke, che intesse trame cristalline senza strafare negli assoli. La canzone di oggi, che da il titolo all'album, "Out of the Dark", disco registrato tra gli States e la Germania, è una cover di un classico blues del 1988 di Walter Wolfman Washington. Niente di più, ma per adesso, tanto mi basta.
Keep the faith!

domenica 18 dicembre 2011

CORDUROY: JANUARY WOMAN, 1994


I Corduroy sono stati la band più divertente e "cinematica" del movimento Acid Jazz. Quartetto che nasceva a Londra nel 1991, avevano una cifra stilistica che li rendeva subito riconoscibili; attitudine a vecchie situazioni sixties, dalla moda, al cinema, alla pubblicità che ti riportavano pari pari nei loro dischi. La mia prima conoscenza dei Corduroy è avvenuta con l'album "Out of Here" del 1994 dove ci imbattiamo in delle canzoni semplici, rivestite con un bel groove di Hammond, avendo sempre l'impressione di trovarsi di fronte ad una colonna sonora immaginaria. Riascoltandolo adesso non ha perso niente della freschezza di allora, questo a conferma del fatto che canzoni come queste, che attingono dal passato, sono veramente senza tempo. Non sarà certo un capolavoro che passerà alla storia, ma è un disco che comunque quando lo risuoni, non pigi mai il tasto dello skip.
Su tutte, "January Woman", come stare al cinema a guardare una vecchia pellicola con Michael Caine.

sabato 17 dicembre 2011

UN PARKA ANTICRISI


Contemporaneamente alle misure anticrisi varate dal governo Monti, il vostro blogger preferito ha deciso di impiegare gli ultimi spiccioli che aveva in tasca nel comprare quel bel parka che vedete nella foto. Per certi versi è un'avvenimento, trattandosi del mio primo parka quanto più vicino a quello originale che possiamo ammirare nel film Quadrophenia, e a tal proposito, ho deciso di acquistarlo in sostituzione della preventivata spesa per il cofanetto del medesimo disco dei Who, uscito poco tempo fa. Il Parka è prodotto dalla Merc (avviso: adesso vi beccate un po' di pubblicità aggratis) acquistato via internet sul sito "Adaptor Clothing". Per chi è appassionato di British Style, ma non solo, fateci un salto; se ancora non vi siete arresi alla moda tamarra da tronista, che ormai spopola anche nei mercatini rionali e nei magazzini stile Ovs ed Upim, là si trova della roba molto bella e spulciando ben bene, anche a dei prezzi interessanti. Il Parka in questione, ad esempio, è costato 110 sterline, a fronte delle 130 del sito ufficiale Merc. Leggero, tiene un bel calduccio e ieri è stato testato sotto la pioggia battente caduta su Firenze con degli ottimi risultati.
Altri siti dove potete trovare prodotti British, sono Atom Retro, uno tra i più forniti ma tra i più cari, con una vasta scelta di polo, tra cui le mie preferite, Penguin, Ben Sherman e Baracuta, poi ModClothin', dove c'è una buona scelta di scarpe a prezzi interessanti, come le desert boot della Ikon e per finire questa breve carrellata, da segnalare il sito ufficiale di Baracuta, dove oltre a trovarci i giubbotti Harrington, si può prendere a prezzi di saldo pullover e cardigan oltre a delle splendide camicie.
I link dei negozi on line li trovate a fianco nella lista "Altre Voci", fateci un salto, meritano una visita.
P.s. Merce arrivata in tre giorni lavorativi.

mercoledì 14 dicembre 2011

THE ZOMBIES vs.TAMMI TERRELL: THIS OLD HEART OF MINE(IS WEAK FOR YOU), 1966



Holland-Dozier-Holland, il trio delle meraviglie della Motown, scrisse questo pezzo insieme a Sylvia Moy originariamente per gli Isley Brothers, ma la sfida di oggi vede impegnati il gruppo inglese dei The Zombies, contro la mia eroina dell'etichetta di Detroit, Tammi Terrell. Dirò che la versione dei The Zombies la preferisco a quella degli Isley, forse perché l'ho conosciuta tramite loro, poi un'altro motivo è per il fatto che la band di Rod Argent è uno tra i gruppi bianchi dei sixties che ha flirtato spesso e volentieri con il soul, riuscendo a risultare credibili ogni qualvolta si cimentavano con quei suoni. Di Tammi Terrell mi è piaciuta invece come ha interpretato il brano, cambiandolo e rendendolo quasi un'altra cosa rispetto all'originale, dimostrando una certa originalità rispetto all'andazzo degli artisti soul di allora, dove spesso le basi dei brani rimanevano pressapoco le stesse, giocando tutto sulla vocalità. Un'altra curiosità fu che nelle intenzioni degli autori la canzone doveva essere cantata dalle Supremes, cosa che avvenne però successivamente agli Isley Bros. nell'album "Supremes a Go-Go" del 1966. Tra gli artisti che l'hanno coverizzata, da ricordare la versione di Rod Stewart incisa nel 1976, bissata nel 1989 insieme a Ronald Isley, e ricantata ancora nel 1999 con Aretha Franklin. Al buon Rod probabilmente riesce bene questo pezzo, no?
Concludendo, quando volete fare un esempio a qualcuno di canzone immortale, fate ascoltare questo brano.

Annunciati da Brian Matthews da Top of the Pops,
ecco a voi, The Zombies, Live !


Ormai l'hanno capito anche i sassi che ho un debole per Tammi.
Questo è il suo ultimo singolo prima della prematura
scomparsa nel 1970.

lunedì 12 dicembre 2011

KELLY PRICE: AND YOU DON'T STOP, 2011


Dopo un'assenza durata sei anni, la cantante soul Kelly Price è ritornata tra noi, lo scorso mese di Maggio, con un nuovo album, intitolato semplicemente "Kelly". Ci troviamo di fronte ad una tra le voci più interessanti del panorama r'n'b americano, una voce che ricorda molto la Chaka Khan degli esordi, da lei omaggiata con una cover di "Ain't Nobody". Nel disco è presente la canzone che vi presento oggi: si tratta di un mash-up, abbiamo infatti la linea ritmica di un vecchio brano dei War, "Galaxy", che ben supporta gli equilibrismi vocali della nostra. Da rimarcare anche l'arrangiamento orchestrale, bello come delle foglie d'autunno al vento, e che ricorda le vecchie produzioni di Quincy Jones. Brano assolutamente contagioso, da farti alzare in piedi e metterti a ballare, un esempio che, volendo, la musica dance avrebbe ancora delle cartucce da sparare che non affidarsi solo e soltanto alla techno. La voce di Kelly è superba anche nel Gospel, splendido il suo precedente album tutto dedicato alla musica sacra afroamericana, e visto che siamo in periodo natalizio ve lo consiglio, anche se della religione e dei babbi natale non ve ne importa niente.

sabato 10 dicembre 2011

THE BAKER BROTHERS: HEAD SOUTH, 2011


Gli inglesi The Baker Brothers, con il loro nuovo album, "Time to Testify", uscito per l'etichetta "Record Kicks" - casa discografica di culto, da seguire per chi ama le sonorità funk e soul, ma anche per chi si interessa di buona musica - hanno ribadito la supremazia inglese nel mondo soul-funk, riuscendo nella difficile impresa di rendere personale un genere che per forza di cose deve rapportarsi con quanto realizzato nel passato dai padri nobili della black music. Settimo album in otto anni, ed un caleidoscopio di stili, dal funk nervoso di brani quali "Pieces of the Puzzle", "Snap Back" e "Genki Strut", al blue eyed soul di "Once I Had Friend" tra echi di Hall e Oates, fino ad arrivare a sfiorare la perfezione con il brano "Head South". Si, qui ci troviamo in pieno territorio Steely Dan, e i nostri fratellini sono riusciti a tirar fuori un brano che, aldilà di un semplice esercizio di stile, è un pezzo che non sfigurerebbe in un album dei due geni americani, magari come ghost track di "Katy Lied".
Chi bazzica i territori di Fagen e Backer sa quanto è difficile avvicinarsi alla loro arte senza passare per meri scopiazzatori e fare delle colossali figure "cacine" (per i non fiorentini sarebbe una figura di merda..). Qui invece si sente la passione sgorgare dalle note e la convinzione nel cimentarsi alla pari, ottenendo come risultato un brano da incorniciare e da mettere come esempio per tutti quelli che ancora credono nella musica come strumento per farti stare meglio, e di questi tempi sappiamo quanto ne abbiamo bisogno.

giovedì 8 dicembre 2011

GALLIANO: PRINCE OF PEACE, 1992


Antefatto: quando nel 1987 acquistai spinto da curiosità per la copertina il Cd "Acid Jazz and Other Illicit Grooves", mi trovai di fronte a tre opzioni, una volta ascoltatone il contenuto: affacciarmi alla finestra della mia cameretta ed urlare al miracolo, uscire di casa in cerca di una chiesa per accendere un cero a San Marvin, o in ultima analisi, cercarsi una femmina con cui copulare al ritmo della musica del dischetto. Chiaramente me ne rimasi ben fermo, anche con le mani, onde evitare accuse di rimbambimento precoce da parte della mia famiglia e dei vicini di casa. Quello che non accadde allora ebbe luogo qualche anno dopo, indovinate con quale opzione, alla luce dei dischi usciti per le etichette Talkin' Loud di Gilles Peterson e la Acid Jazz di Eddie Piller, dove si certificava, finalmente, la rinascita della soul music suonata non solo e soltanto con l'elettronica - tendenza che ebbe nel periodo il soul r'n'b americano - recuperando tutta l'iconografia sixties, innerbata da dosi massicce di jazz, funk ed hip-hop. Non a caso, anche stavolta grazie agli artisti inglesi, fu inventato di sana pianta un genere che recuperava uno stile ed un modo di far musica soppiantato dai soliti cazzari di discografici, e di tutti i personaggi protagonisti dell'ondata Acid Jazz, i Galliano furono tra quelli che ho amato di più. I primi ad essere messi sotto contratto per la Talkin' Loud ed i primi a stilare le coordinate di quello che sarà il nuovo genere: un tappeto sonoro raffinato dal groove inconfondibile e pronto per far nuovi proseliti, cosa che avvenne con il sottoscritto. "Prince of Peace" può essere a ragione presa come esempio, per chi non conoscesse cosa è stato l'Acid Jazz, di quel movimento che provò a farsi largo nell'indistinto mare magnum di fine anni '80, arrivando alla metà dei novanta, periodo che è bene dirlo, non è stato solo appannaggio del grunge e del solito indie rock, che a forza di ripetere le stesse cose, era diventato più mainstream di un disco di Claudio Villa.
Let's Groove Man !

martedì 6 dicembre 2011

EARTH, WIND AND FIRE vs. D'ANGELO: CAN'T HIDE LOVE, 1973

Due pesi massimi della black music per una canzone presa come paradigma di tutte le soul ballad passate, presenti e future. Scritta nel 1973 da Skip Scarbourogh, autore anche di "Lovely Day" portata al successo da Bill Withers, sarà universalmente conosciuta nella versione degli EWeF, che la incisero nel 1975 per il loro album "Gratitude". L'arrangiamento della canzone, con quell'intro di fiati di quattro battute, la rende immediatamente riconoscibile e sarà una pietra di paragone per le cover a venire. A scalfire il primato della band di Maurice White ci penserà nel 1996 il soul singer D'Angelo, dandone una versione live da brividi, che per il sottoscritto fa' finire alla pari il match di oggi. Comunque una canzone che mette in subbuglio i sensi, mai un pezzo che parla di una schermaglia sentimentale era stata tradotto in musica con tanta eleganza, e gli sfidanti di oggi le rendono onore una volta di più. Da ricordare anche una discreta cover di Dionne Warwick del 1982, dall'album "Friends in Love".


domenica 4 dicembre 2011

LINGOMANIA: MONOMANIA, 1986 - AMORE A PRIMA VISTA, 1987

La band nella reunion del 2007

Proseguiamo nella ricerca di quei gruppi italiani dediti alla fusion ed ormai passati nel dimenticatoio. Oggi parliamo dei Lingomania, gruppo che cercò di coniugare il rigore jazzistico con l'elettronica, sulla scia delle band americane quali gli Steps Ahead ed i Yellowjackets, ma tenendo conto della tradizione melodica italiana e l'ambizione di creare delle sonorità fruibili a tutti gli appassionati di musica. I Lingomania nacquero nel 1984 grazie al sassofonista Maurizio Giammarco, band dove si avvicendarono negli anni Enzo Pietropaoli e Furio Di Castri al basso, Roberto Gatto alla batteria, Danilo Rea e Stefano Sabatini alle tastiere, Flavio Boltro alla tromba e Umberto Fiorentino alle chitarre, quindi, come vediamo, una vero e proprio supergruppo jazz. Il primo disco della band uscì nel 1986 per la Gala Records, "Riverberi" il titolo, ascoltato per la prima volta nel programma Rai-Stereonotte, ed acquistato dopo lunghe peripezie alla Ricordi di Milano - si, sono stato uno dei folli che andavano ad acquistare i vinili anche a trenta milioni di anni luce da casa - visto che qui a Firenze e zone limitrofe era un oggetto sconosciuto o poco più. La parabola artistica dei Lingomania si completerà con altri due album, sempre pubblicati dalla Gala Records, "Grr...expanders" del 1987 e "Camminando" del 1989, raccogliendo gli apprezzamenti degli appassionati di jazz e rimanendo pressoché sconosciuti a tutti gli altri, nonostante la vittoria nei referendum delle riviste Musica Jazz e Guitar Club come miglior gruppo italiano. Poche sono anche le notizie reperibili in rete, nonostante i loro dischi siano stati ristampati nel 2006, ed è un peccato che una delle formazioni più interessanti del panorama italiano sia come un fantasma passato tra le innumerevoli schifezze dei soliti noti che ci vengono ammansite quotidianamente.


venerdì 2 dicembre 2011

PERIGEO: LA VALLE DEI TEMPLI, 1975


Dopo aver spalleggiato i Weather Report, aprendo i loro concerti durante la tournée del 1975, il Perigeo, gruppo faro del jazz rock italiano, composto dai alcuni tra i migliori musicisti jazz di allora, D'Andrea, Biriaco, Fasoli, Tommaso e Sidney, pensò bene di ingaggiare il percussionista Tony Esposito per la realizzazione del nuovo album, "La Valle dei Templi". Disco che dette uno scossone a l'allora asfittico panorama jazz italiano: per la prima volta si univano elementi black alla musica jazz e rock del gruppo, e questo grazie all'apporto decisivo di Esposito. Del resto i musicisti napoletani hanno sempre avuto relazioni pericolose con il funk e la musica afroamericana in generale, basti pensare ai Napoli Centrale, ad Enzo Avitabile e pure al primo Pino Daniele.
Grande tecnica in questo lavoro, ma non solo come esercizio sterile fine a se stesso, qui l'abilità dei musicisti è messa al servizio della musica e di chi l'ascolta, e come dimostra la title track, non c'è spazio per elucubrazioni cervellotiche, basta avere il coraggio di lasciarsi trasportare dai suoni e dai profumi che inevitabilmente, oggi come nel 1975, questa musica riesce ad evocare.
Lavoro "epocale", che nei miei successivi ascolti di musica italiana, non ho trovato l'eguale, ancora oggi fresco e che provoca entusiasmo in chi, oggi, l'ascolta la prima volta.