Yacht Rock Losers: Memories of Glen Ivy - Richard Powell (1976, Private Press)

 




Ci sono dischi che sembrano più leggende metropolitane che vere pubblicazioni. E Memories of Glen Ivy di Richard Powell è uno di questi. Un album così improbabile e fuori da ogni circuito da sembrare inventato, e invece esiste, con tanto di ristampa ufficiale curata — ça va sans dire — da quegli archeologi della musica perduta che rispondono al nome di Numero Group.

La storia è già di per sé surreale: Powell, ex marinaio con sei anni di servizio nella U.S. Navy, torna alla vita civile negli anni ’70 e trova lavoro come intrattenitore in un parco roulotte californiano, il Glen Ivy Trailer Park, situato a Corona, nella contea di Riverside. Qui, tra partite a shuffleboard e barbecue collettivi, prende vita un piccolo bar/ristorante chiamato The Pub. Powell diventa una sorta di istituzione del posto: canta, suona, intrattiene, ma soprattutto incide — con mezzi minimi e spirito massimo — un LP destinato a essere venduto esclusivamente nel negozio di souvenir del parco. Nessuna distribuzione, nessuna etichetta ufficiale, nessuna ambizione di gloria. Solo un gesto locale, domestico, quasi artigianale. 

Registrato nel 1976, il disco contiene dieci brani: cinque cover e cinque originali. Le cover sono quelle che ci si aspetta da un repertorio da bar californiano dell’epoca: “Sweet Caroline”, “Feelings”, “Get Down Tonight”, “You Are the Sunshine of My Life”, scelte prevedibili ma eseguite con cura. Ma sono gli inediti firmati dallo stesso Powell a sorprendere davvero. Piccoli bozzetti tra folk-pop e soft rock, con una sensibilità melodica che sembra sbucare direttamente da Laurel Canyon ma con addosso il sapore della piscina condominiale. Brani come “In the Morning” e “World of Ecstasy” potrebbero tranquillamente convivere in una playlist lo-fi yacht rock accanto ad un Michael Franks in versione casalinga o nelle demo di Ned Doheny.

Il fascino dell’album, oltre alla musica, sta tutto nella sua irripetibilità. È un documento che viene da un altro tempo, da un’America liminale, di confine: né città né campagna, né professionismo né dilettantismo, né mainstream né outsider art. Un prodotto fatto per la comunità, nel senso più letterale del termine, e rimasto lì per decenni, perso tra un campo da bocce e una roulotte fissa. Solo la Numero Group poteva restituirci una gemma del genere, pubblicandolo nella serie From the Stacks nel 2020, con tanto di rimasterizzazione digitale e liner notes che fanno luce su questa bizzarra epopea da dopolavoro.

Ascoltarlo oggi significa entrare in un tempo sospeso, in un piccolo universo alternativo della musica americana: dove le velleità artistiche passano dal bar del campeggio, e la sincerità conta più del perfezionismo. È yacht rock? È outsider folk? È canzone d’autore in bermuda? Forse è tutto questo. O forse è solo Powell, con la sua voce pacata e le sue melodie gentili, a raccontarci l’America di provincia come nessun altro.

Un disco fuori dal tempo, fuori da tutto, e per questo necessario.



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