Tokyo Groove: Viaggio nel City Pop - Taeko Ohnuki - Seconda Parte
Seconda ed ultima parte della puntata dedicata a Taeko Ohnuki
Delusa dalle vendite di Mignonne, Taeko Ohnuki si prende una pausa di due anni, per tornare nel 1980 con Romantique, il disco che inaugura la cosiddetta “trilogia europea”, ispirata alle colonne sonore del cinema francese. Questo album rappresenta un netto cambio di rotta per Taeko Ohnuki: siamo all’inizio di un nuovo decennio, e le sonorità a base di synth, che tanto caratterizzeranno gli anni Ottanta, iniziano a fare capolino. Il brano d’apertura, Carnaval, incarna perfettamente questa nuova direzione: una cavalcata synth-pop che regge il confronto con le produzioni europee dell’epoca. Tra i collaboratori, spiccano l’onnipresente Ryuichi Sakamoto e Kazuhiro Kato agli arrangiamenti, mentre tra i musicisti troviamo membri della Yellow Magic Orchestra, tra cui Kenji Omura alla chitarra e Hideki Matsutake alla programmazione dei synth.
L’album ha diviso i fan di vecchia data, ma personalmente lo considero un riuscito tentativo di rinnovamento. A mio avviso, Romantique supera Mignonne: osa qualcosa di nuovo, e le tracce ispirate alle sonorità delle soundtrack francesi sono davvero splendide. Spiccano in particolare la terza traccia, Ame no Yoake, un brano pop impreziosito da un assolo di fisarmonica, e Bohemian, una gemma pop che sfiora la perfezione, con uno stile che richiama la bossa nova di Astrud Gilberto.
Anche la vocalità di Ohnuki in Romantique subisce un’evoluzione: abbandona le note alte per ispirarsi al timbro delicato di Françoise Hardy, con risultati, a mio parere, eccellenti.
Il 1981 vede la pubblicazione di Aventure quinto album in studio della cantautrice giapponese. In Aventure prosegue il percorso iniziato con Romantique l’anno precedente, esplorando il concetto di Wa-sei European Pops ovvero pop europeo in stile giapponese. Rispetto a Romantique le canzoni lasciano la malinconia che lo aveva contraddistinto per abbracciare sonorità più solari e vivaci, come ben espletato nel brano di apertura.
Agli arrangiamenti in aggiunta ai collaboratori storici Ryūichi Sakamoto e Kazuhiko Kato, troviamo Norio Maeda, mentre tra i musicisti sono nuovamente della partita i membri della YMO, e Tatsuro Yamashita ha contribuito agli arrangiamenti vocali. Tra i brani che voglio segnalare la vivace samba Samba de Mar, la cinematica title track alla quarta traccia, l’album comunque nella prima parte sembra trascinarsi senza molta convinzione, poi Ohnuki infila tre brani uno dietro l’altro, Opportunity, Grand Prix e La Mer, Le Ciel, che sono tra i vertici della sua produzione anni 80.
Sono questi la sublimazione del pop francese anni 60 rielaborati con un senso di modernità che solo un genio come Sakamoto riusciva a fare. Grand Prix è un pezzo puramente cinematico, che più che le soundtrack francesi nella parte ritmica sembra omaggiare Armando Trovajoli di Sette Uomini D’Oro.
Con Cliché, sesto album in studio pubblicato nel 1982, si conclude la trilogia europea di Taeko Ohnuki. La cantautrice realizza questo lavoro registrandolo in parte a Parigi e in parte a Tokyo. I brani parigini vantano gli arrangiamenti di Jean Musy, storico collaboratore del compositore francese Francis Lai, mentre per le sessioni di Tokyo Ohnuki si affida a Ryuichi Sakamoto. Tra i musicisti coinvolti spiccano Haruomi Hosono e Kenji Omura.
L’album si distingue per canzoni orchestrali dall’ampia apertura melodica nelle parti parigine, mentre le sessioni di Tokyo prediligono sonorità synth-pop, caratterizzate da un’eleganza estrema. Sarebbe riduttivo definire l’album esclusivamente City Pop: Cliché è un lavoro multiforme, ricco di sfumature, in cui la presenza di Sakamoto e Hosono emerge con forza, soprattutto negli arrangiamenti. Al contrario, quelli curati da Musy, pur ben realizzati, rischiano talvolta di risultare eccessivamente elaborati, una caratteristica che potrebbe non incontrare i gusti di tutti gli ascoltatori.
Tra i brani spicca Labyrinth, un capolavoro synth-pop minimalista. Sebbene scritto e composto da Ohnuki, è grazie al lavoro di Sakamoto che il pezzo si eleva, diventando uno dei brani più belli e sottovalutati nella storia del pop sintetico.
Nel 1983, conclusa la trilogia europea (e di pari passo il suo contratto con la RCA) Ohnuki pubblica l’album Signifie, che in alcune tracce conserva l’impronta da chanson francese dei suoi lavori precedenti. Gli arrangiamenti di Ryuichi Sakamoto e Shimizu, però, rendono questa influenza meno marcata. L’album brilla soprattutto quando Sakamoto prende il comando, come nella seconda traccia Genwaku. Anche il brano successivo, Signe, è notevole: arrangiato da Shimizu, si rivela un piccolo gioiello di synth-pop.
Il vero limite di Signifie risiede nella mancanza di un’identità stilistica ben definita. Se avesse mantenuto la coerenza dei brani sopracitati, si potrebbe parlare di un capolavoro. Invece, l’album presenta un eccesso di idee che, in alcuni casi, finiscono per disperdere l’attenzione, nonostante la cura negli arrangiamenti firmati da Sakamoto e Shimizu.
La vocalità di Ohnuki, come nei suoi lavori precedenti, rimane misurata e priva di eccessi, conferendo ai brani un’eleganza sofisticata e mai sopra le righe. Signifie resta un album interessante e ricco di spunti, capace di alternare momenti di grande ispirazione ad altri meno incisivi, ma nel complesso privo di una coesione che ne avrebbe consolidato il valore artistico.
Soltanto un breve accenno per l’album pubblicato nel 1984, Cahier, colonna sonora di uno show televisivo della NHK, rete pubblica giapponese, in cui Ohnuki reinterpreta in francese alcuni brani tratti da Cliché. Agli arrangiamenti orchestrali ritroviamo Jean Musy, affiancato, ovviamente, da Sakamoto.
L’album che conclude questa rassegna è Copine, pubblicato nel 1985, dove finalmente Ohnuki compie un netto cambio di marcia. Forse influenzata dal periodo in cui la musica basata sui synth raggiungeva il suo apice, in pezzi come Les Aventures de TINTIN – un synth-funk tiratissimo che mescola eleganza e dinamismo – sembra tornare alle sonorità che l’avevano caratterizzata all’inizio della carriera, ma aggiornate ai tempi. L’album vede ancora una volta la presenza di Sakamoto e Shimizu agli arrangiamenti, ma accoglie anche musicisti occidentali come i Brecker Brothers ai fiati, Don Grolnick al pianoforte e Will Lee al basso.
Copine si rivela un lavoro coerente e ispirato, dove i synth, pur protagonisti, non risultano mai invasivi. La qualità degli arrangiamenti di Sakamoto e Shimizu è evidente fin dal primo ascolto, confermata in brani come Haru no Arashi o Siena, quest’ultimo con una struttura ritmica che richiama un tango e un’atmosfera che evoca romanticismo e nostalgia, simile a Vacanze Romane dei Matia Bazar. Chissà se Sakamoto ne ha preso ispirazione.
Sorprendente Amico, Sei Felice?, con Ohnuki che canta in italiano in maniera convincente. Musicalmente un funk-pop vivace, il brano affronta il tema delle difficoltà nei rapporti umani in una società che mette il lavoro al primo posto.
Tra gli altri pezzi, brillano due episodi dal sapore yacht-rock, una novità per Ohnuki: Out of Africa e Jacques-Henry-Lartigue, quest’ultimo in chiave sophisti-pop. In mezzo, Leave Me Alone, un brano energico in stile post-punk, grazie all’arrangiamento tagliente di Shimizu, dominato da una chitarra incisiva.
L’album si conclude con due ballad, Shiawase no Otokotachi E e Nobe: la prima arricchita da un tocco di bossa nova, la seconda più intima e riflessiva, entrambe valorizzate dagli arrangiamenti di Sakamoto.
Pur non avendo più nulla da dimostrare, Copine rappresenta l’album della maturità di Ohnuki e una storia delle migliori collaborazioni tra Sakamoto e Shimizu. Un lavoro che sintetizza il meglio della sua carriera, lasciando intravedere nuove possibilità.
FINE DELLA SECONDA ED ULTIMA PARTE
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