Ascoltare gli album pubblicati negli anni 70 da Gino Vannelli significa immergersi in un universo musicale dove jazz, pop e rock si intrecciano in modo originale. Tra i suoi album più celebri, come Brother to Brother e Nightwalker, Storm at Sunup emerge come un lavoro meno conosciuto ma altrettanto interessante.
Questo album si distingue per il suo approccio sperimentale, caratterizzato da un uso innovativo dei synth che, pur rispecchiando il periodo in cui è stato realizzato, conferiscono un’atmosfera particolare ancora oggi. Più che una semplice raccolta di brani, Storm at Sunup si presenta come un viaggio sonoro, con brani strutturati come mini-suite che mescolano influenze progressive, fusion e rock in modo armonioso.
Il pezzo d’apertura, Storm at Sunup, cresce lentamente fino a esplodere nel solo di sax di Richard Baker. Tra tutti i brani dell’album spicca poi Where Am I Going, otto minuti intensi che alternano groove latini, pop e jazz. La batteria di Graham Lear e la chitarra di Jay Graydon regalano momenti memorabili, con un assolo che è una lezione da mandare a memoria per chitarristi di ogni livello. Questo brano da solo potrebbe bastare, ma l’album offre molto altro: Love Me Now e Mama Coco anticipano il sound più maturo di Vannelli, mescolando funk e pop in modo efficace.
Le ballad Father and Son e Keep on Walking completano il quadro emotivo dell’album. La prima è meno incisiva, mentre la seconda si distingue per la melodia raffinata creata da Joe Vannelli e Richard Baker. Love is a Night riprende le sonorità funk/rock tipiche di Vannelli, con un’altra prova notevole di Lear alla batteria e un uso dei synth che farà felici gli appassionati di prog. L’album si chiude con il jazz elegante di Gettin’ High, arricchito dalle percussioni di Victor Feldman e un intervento al sax di Baker.
Storm at Sunup è più di un disco: rappresenta una fase di grande creatività per Gino Vannelli e continua a sorprendere ancora oggi per la sua ricchezza di dettagli, anche dopo molti ascolti.
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