giovedì 5 dicembre 2024

Diana Ross - Ross (1983, RCA)


Non si può negare che Diana Ross, quando nel 1983 pubblicò "Ross", non abbia dimostrato una notevole dose di coraggio. Decidere di avventurarsi nell'arena del pop raffinato, o adult-contemporary, rappresentava una sfida titanica che, come vedremo, non si è rivelata totalmente vittoriosa.
 

"Ross" è un album imperfetto, nonostante alcuni brani notevoli, che però si trova smarrito nella sua direzione, nonostante il grande impegno profuso. È naturale chiedersi come sia stato possibile che, con una tale schiera di talenti nella produzione e nella scrittura (Gary Katz, Michael McDonald, Donald Fagen, Franne Gold, Ray Parker Jr. e Marc Jordan), il disco non abbia ottenuto il successo sperato. Molto probabilmente, ciò è dovuto a una certa mancanza di passione di base da parte della Ross, nonostante la sua impeccabile e precisa vocalità. Altrimenti, è difficile spiegare tale risultato. O forse è dovuto al fatto di non aver affidato la produzione a un singolo produttore, contandone ben tre. 


Gary Katz, noto per il suo lavoro con gli Steely Dan, ha prodotto i primi cinque brani su otto dell'album, mentre Ray Parker Jr. ha prodotto i brani sei e sette, con l'ultimo brano prodotto dalla stessa Diana Ross. 


Gli autori, come già accennato, formavano un vero e proprio parterre de Roi. "That’s How You Start Over" è opera di Michael McDonald ed Ed Sanford, mentre "Love Will Make It Right" è firmata da Donald Fagen, una vera chicca con un ampio uso di synth, come da moda dell'epoca. "You Do It" porta la firma dell'allora stellina del country pop Deborah Allen ed è uno dei brani più deboli dell'intero album. "Pieces of Ice" e "Girls" vedono tra gli autori Marc Jordan, mentre "Let’s Go Up", insieme al pezzo di Fagen, emerge come il migliore del lotto, con la firma di Franne Gold. Due brani sono stati scritti da Ray Parker Jr., la discreta "Love or Loneliness" e "Up Front", quest'ultima davvero fuori contesto rispetto al resto delle canzoni. 


Nonostante i momenti di genialità e la presenza di talenti straordinari, “Ross” rimane intrappolato nel vortice del suo tempo, con l’uso eccessivo dei synth che conferisce all’intero lavoro un’aura di datato. Come accadde per altri album dell’epoca, come il controverso “Dog Eat Dog” di Joni Mitchell, l’ascolto di “Ross” oggi può suscitare una sensazione di straniamento, un confronto tra il passato e il presente che mette in luce le sfide e le ambizioni di un’epoca musicale ricca di contrasti e di sperimentazioni. 


Sebbene "Ross" possa non essere riuscito a conquistare il successo universale che Diana Ross e il suo team di talenti si auspicavano, rimane comunque un documento prezioso di un'epoca musicale ricca di innovazione e di audacia, una testimonianza della ricerca artistica e dell'incessante desiderio di esplorare nuovi territori sonori ed emotivi.

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