martedì 4 febbraio 2025

Tokyo Groove: Viaggio Nel City Pop - Tatsuro Yamashita - Prima Parte

C’è qualcosa di magnetico nella musica di Tatsuro Yamashita, una qualità che trascende il tempo e lo spazio, catturando l’essenza di un’epoca e trasformandola in un viaggio infinito. Nato il 4 febbraio 1953 a Tokyo, Yamashita è una figura chiave del city pop, non solo per i suoi album, ma anche per il suo ruolo cruciale come produttore, arrangiatore e turnista in alcune delle opere più belle del genere.

La sua carriera è iniziata con gli Sugar Babe, una band che condivideva con Taeko Ohnuki e Kunio Muramatsu. Nonostante abbiano pubblicato un solo album, l’elegante e intenso Songsdel 1975, il gruppo ha lasciato un’impronta indelebile sulla scena musicale giapponese. Quando gli Sugar Babe si sciolsero nel 1976, Yamashita era pronto a intraprendere la carriera da solista.

Fin da subito si è distinto come un musicista completo, ossessionato dalla perfezione sonora. Registrava personalmente quasi ogni elemento delle sue canzoni: dai cori agli arrangiamenti di chitarra, dai sintetizzatori alle percussioni. Eppure, la sua musica è molto più di un esercizio tecnico: è un racconto del Giappone moderno, delle sue ambizioni e delle sue contraddizioni, uno specchio di una nazione in rapida trasformazione.

Nonostante il successo, Yamashita è rimasto una figura discreta, più a suo agio in studio che sul palco, preferendo il lavoro meticoloso all’attenzione dei media. Fuori dal Giappone, il suo nome rimane relativamente sconosciuto. Il suo catalogo è disponibile solo in parte sulle piattaforme di streaming internazionali, e spesso è necessario uno sforzo dedicato per scoprirlo. Ma forse è proprio questo il fascino della sua opera: come le gemme più rare, la musica di Tatsuro Yamashita è apprezzata al meglio quando viene scoperta lentamente e con cura.

In questa serie di articoli esplorerò la sua discografia, partendo da Circus Town (1976) fino ad arrivare a For You (1982).



Circus Town - (1976, RCA)


Circus Town non è il vero esordio di Tatsuro Yamashita. Il debutto risale al 1972 con Add Some Music To Your Day, un album oggi rarissimo e molto ambito dai collezionisti, dove emerge chiaramente l’amore di Yamashita per i Beach Boys e per l’epoca d’oro del songwriting americano. È con Circus Town che inizia il periodo per cui Yamashita sarà ricordato: un autentico deus ex machina nel rinnovamento della musica pop giapponese.

Pur essendo un lavoro ancora acerbo, l’album lascia già intravedere il genio di Yamashita e il suo talento nel reinterpretare il city pop attraverso sonorità ispirate al westcoast pop americano. La struttura dell’album riflette questa dualità: nella prima parte, soprannominata New York Side domina l’influenza della disco, declinata secondo le atmosfere sofisticate del Philly Sound; nella seconda parte, ribattezzata Los Angeles Side, si entra invece in territori più vicini al Laurel Canyon sound, quel cantautorato intimo reso celebre da Carole King e dalle sue eredi. Circus Town è un album che, pur non raggiungendo le vette dei lavori successivi, anticipa già la grandezza di Yamashita, mostrando una visione artistica ben definita e una capacità straordinaria di fondere influenze internazionali con il contesto giapponese. Un’opera che, già di per sé, è notevole e lascia presagire le meraviglie che seguiranno.



Spacy - (1977, RCA)


Con Spacy, Yamashita non si limita a tracciare le coordinate di un genere emergente, ma lo incarna con una visione tanto lucida quanto lungimirante. Fin dalle prime note di Love Space, l’ascoltatore è catturato da un microcosmo sonoro che prefigura il City Pop come sarà conosciuto dai suoi appassionati. L’album si distingue per la partecipazione di musicisti di grande rilievo, tra cui Haruomi Hosono, Ryuichi Sakamoto, Minako Yoshida, Kenji Ohmura e Hiroshi Sato, che contribuiscono a creare un sound ricco e sfaccettato. Spacy rappresenta un’evoluzione sia stilistica sia contenutistica rispetto al lavoro precedente: le sonorità si fanno quasi eteree, e le influenze West Coast si bilanciano perfettamente con elementi jazz e blues, come si può apprezzare in Candy, uno dei primi capolavori di Yamashita. L’eleganza orchestrale di Dancer sembra quasi dialogare con le grandi produzioni californiane degli anni ’70, ma con un tocco giapponese che ne esalta la nitidezza. In Spacy c’è anche spazio per una delle ossessioni di Yamashita: i Beach Boys, o meglio, Brian Wilson. Le tracce numero otto e nove sono infatti due brani che, se non fossero cantati in giapponese, potrebbero essere facilmente riconducibili al genio di Inglewood. La conclusione affidata ai sette minuti di Solid Dancer (uno dei migliori brani scritti da Yamashita) è invece un ritorno al Westcoast pop, caratterizzato da un groove inconfondibile, ma mantenendo una raffinatezza unica che solo Yamashita sa imprimere alla sua musica. In questo brano, inoltre, non siamo lontani dai protagonisti americani di quella stagione, anzi. Pur essendo stato registrato negli anni ’70, Spacy conserva una freschezza e una rilevanza capaci di affascinare sia i cultori del City Pop che le nuove generazioni di ascoltatori. 



Go Ahead! - (1978, RCA)


Go Ahead è un album che si apre con un pezzo deep funk straordinario, Love Celebration, caratterizzato da una linea di basso slap e un ritmo che richiama gli Earth, Wind & Fire al loro apice. L’intero lavoro si distingue per una felice fusione di jazz, funk, soul e pop. Brani come Let’s Dance BabyBomber e la commovente The Whispering Sea (潮騒, Shiosai), che Yamashita ha cantato anche in inglese, non solo sono destinati a diventare pezzi iconici, ma rappresentano anche un’evoluzione stilistica e l’affermazione di una sensibilità unica nella mescolanza di generi. Il funk puro fa ritorno verso la fine del disco con Paper Doll, preludio di This Could Be The Night, un brano che si discosta dal resto dell’album, in quanto rievoca lo stile dei Beach Boys filtrato attraverso la lente di Phil Spector. Potremmo dire che suona come se Pet Sounds fosse stato realizzato con la tecnica del wall of sound, e Yamashita lo interpreta in un ottimo inglese. Parlando di wall of sound e Pet Sounds, aggiungiamo la sensibilità pop di Yamashita, e avrete 2000T of Rain, l’incredibile pezzo che chiude l’album.

All’epoca, l’album ricevette critiche per la sua apparente disorganicità, ma ditemi, dopo aver ascoltato un lavoro del genere, che sostanza avevano assunto quei critici. Col passare degli anni, l’album ha ricevuto il riconoscimento che meritava, ma, pur trattandosi di un grande lavoro, il meglio doveva ancora venire.


FINE PRIMA PARTE

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