lunedì 25 febbraio 2013

NOTTAMBULI: NICOLA ARIGLIANO


Nicola Arigliano, per molti l'uomo del digestivo Antonetto, prodotto reclamizzato dal cantante pugliese negli anni 70, per altri, compreso il sottoscritto la "voce" regina dei vocalist jazz italiani. Cantante, sassofonista e contrabbassista , Arigliano prima di diventare solista aveva lavorato in complessi da ballo dal 1941 al 1953, per poi diventare appunto uno dei "crooner" della musica italiana, anche se lui amava definirsi "un intrattenitore".

Arigliano ebbe come base il Victor Bar di Roma, night club in cui si esibì a lungo, dove il nostro, cantando, evocava lo swing di Benny Goodman, di Louis Armostrong e Billy Holiday, ma più che allo swing canonico così  come lo conosciamo, le sue interpretazioni e il suo stile, aldilà del genere, avevano quella immediatezza comunicativa tipica dei crooner d'oltre oceano.
C'è da dire che, come troppo spesso accade nel nostro paese, la bravura come jazzman sarà riconosciuta ad Arigliano quando la stagione dei night club sarà già tramontata, visto che per il compassato pubblico di quei locali, anche uno come Arigliano, per sbarcare il lunario, doveva cantare le canzoni della tradizione italiana o le hit di cantanti quali Claudio Villa.

Ma sentiamo quello che Nicola Arigliano ci dice in proposito: "Quando si parla di night-club, si deve tener conto che nel nostro paese non è successa nemmeno la millesima parte di quello che avveniva negli Usa. Negli anni del dopoguerra vedevi girare gli americani con cioccolata e sigarette. Loro bevevano, mangiavano e fumavano e noi tiravamo la cinghia. Nei night club abbiamo voluto fare gli americani, abbiamo imitato ma con ben poche possibilità. Certo, mi sarebbe piaciuto molto cantare classici quali "Cocktails fo two" o "One for My Baby" ma era impossibile. Non rientravano nel genere commerciale e risultavano incomprensibili al pubblico, non solo a livello di linguaggio ma anche musicalmente. Noi dovevamo fare cose che tutti capissero, dovevi cantare "Anema e Core", altrimenti ti gridavano "Canta italiano". Spesso noi artisti eravamo anche costretti a esibirci insieme, si improvvisava, ad esempio, in trio, in quartetto; io ho suonato con Kramer e con Eraldo Volontè, insomma, il night diventava per molti di noi l'unica fonte di guadagno".

Fonte: Mondo Exotica - Francesco Adinolfi

mercoledì 20 febbraio 2013

ANIMA TORTURATA


"Tortured Soul", questo il titolo del nuovo album di Nicole Willis & The Soul Investigators uscito l'otto di febbraio in Francia e Finlandia, il 4 di marzo nel resto d'Europa per l'etichetta finlandese Timmion Records. Soul che arriva dalla scandinavia, Finlandia per la precisione, nonostante la nostra sia nativa newyorchese ed il sound ha ben poco a che spartire con le nenie nordiche. E' il secondo lavoro di Nicole insieme a The Soul Investigators, il precedente, "Keep Reachin' up" è del 2005 e se là avevamo un suono debitore alla Motown più Northern, qui ci troviamo di fronte ad un'evoluzione di quelle sonorità, per capirsi un po' come accadde verso la fine degli anni sessanta ad alcuni artisti della casa di Detroit, Marvin Gaye in primis. Sonorità quindi meno danzerecce e più meditative, un brano per tutti ad esempio "Delete my Number", a dimostrazione della maturità raggiunta dalla band, che non si limita a ricalcare strade già battute. La voce di Nicole poi è il valore aggiunto, mai fuori dalle righe in cerca di inutili estetismi e/o gigionerie, ma essenziale per il sound della band. Un'altro grande disco di soul per riscaldarci il cuore e l'anima.

sabato 16 febbraio 2013

FUNKY TARANTINO


Se ci fosse stato un dubbio sulla capacità di Quentin Tarantino di scegliere delle musiche mai banali per i suoi film, un'opera com'è "Jackie Brown", visto per la prima volta dal sottoscritto la scorsa settimana, fuga qualsiasi dubbio. Oltre ad essere un regista imprescindibile per chi ama il cinema (mi dispiace ma nel coro degli "stroncatarantino" a prescindere io non ci sto e non mi ci troverete mai) il nostro come detto mette una cura maniacale per la creazione delle colonne sonore e nel film interpretato dalla bella Pam Grier, con solo due canzoni, quelle che ricorrono maggiormente nella pellicola, ha dato un'impronta precisa per quello che è un'omaggio dichiarato al "blaxploitation movie" dei seventies: i titoli di apertura sono infatti affidati a Bobby Womack con la sua "Across 110th Street", mentre l'altro pezzo che è un po' la cifra del personaggio interpretato da Pam Grieg e dell'innamoramento sottotraccia con il garante di cauzioni Max Cherry, interpretato da Robert Forster è il brano "Didn't I Blow Your Mind This Time"" interpretato dai "The Delphonics". Insomma, a me è bastato ascoltare le prime note dei titoli di apertura per rimanere incollato al teleschermo e questi brani sono la dimostrazione che la scelta di musiche appropriate va di pari passo con la riuscita o meno di un film.

 

lunedì 11 febbraio 2013

LO STILE E LA CLASSE DI MARIO BIONDI


C'è poco da fare, lo stile è una cosa che non puoi comprare, o ce l'hai oppure rischi, provando a dartene uno, di fare delle figure da peracottaro. Mario Biondi è uno che di stile e di classe  ne ha in abbondanza, e il suo nuovo disco uscito da poco, "Sun", ne è una riprova. Devo dire che ritrovo un Mario Biondi in forma smagliante e vi confesso che certe sue passate collaborazioni - quelle con la Tatangelo e con i Pooh per la precisione - mi avevano lasciato molto perplesso al punto da considerare il cantante siciliano avviato verso una carriera simile a molte altre "promesse" della canzone italiana, ovvero quello di adagiarsi nel mare della classica canzonetta pop all'italiana. Per fortuna questo disco, come il precedente di duetti realizzati insieme ad artisti semi-sconosciuti, è la conferma che il nostro ha ben chiaro il proprio percorso musicale. Percorso costellato da brani nella migliore tradizione del soul e del jazz contaminato con la bossa e con la stessa musica dell'anima, qui ci troviamo di fronte ad una produzione dal respiro internazionale (a tal proposito Biondi è l'unico artista italiano non cantante lirico alla Bocelli e non pop alla Zucchero che ha un buon seguito nel Regno Unito, fa concerti colà - è di casa al "Ronnie Scott's" di Londra - e i suoi pezzi vengono suonati alle radio) con grandi collaborazioni, si vai dagli Incognito con Chaka Khan in una bella rilettura di "Lowdown" di Boz Scaggs, a Leon Ware, passando per Al Jarreau e arrivando ai british Omar e James Taylor. Un'album di gran classe da ascoltarsi tutto d'un fiato quindi, con brani che sono godimento puro per i padiglioni auricolari e, dulcis in fundo, un'artista italiano di cui andarne veramente fieri.

 

giovedì 7 febbraio 2013

VERSO L'INFINITO.....


Già la copertina del disco evoca scenari cosmici da viaggi interstellari, l'ascolto del nuovo disco della band anglo-svedese degli "The Greg Foat Group" dal titolo "Girl and Robot with Flowers" vi scaraventerà verso le regioni più remote del cosmo. Alla seconda prova dopo l'acclamato "Dark is the Sun" del 2011, questo nuovo lavoro prosegue nell'esperienza jazz non convenzionale della band immettendo dosi massicce di psichedelia in salsa cinematica, spiccioli di prog, library, fusion, insomma se siete fedeli al credo buddista, questo gruppo è la reincarnazione del jazz contaminato che si ascoltava nei seventies, grande abilità strumentale unita al gusto per l'improvvisazione dentro le melodie. L'album si dipana come una immaginaria colonna sonora da film di fantascienza, non di quelli hollywoodiani però, bensì da film europei; al centro c'è il brano che da il titolo al disco diviso in sei parti, ognuno elaborato in stili musicali diversi, il secondo brano "Have Spacesuite With Travel", anch'esso diviso in due parti è una mini-suite elettronica sognante ed eterea, gli altri brani sono giocati in chiave più tradizionale mantenendo però quell'aura di straniamento onirico che pervade il disco.
Il climax forse si raggiunge nel brano "For a Breath I Tarry", piano e tromba uniti in un etereo abbraccio. Comunque basta con le parole, ascoltatelo e ditemi cosa ne pensate.

The Greg Foat Group - GIRL and ROBOT with FLOWERS - LP & CD - 12/03/2012 by Fryer_JazzmanRecords

mercoledì 6 febbraio 2013

FUSIK DI TESTA


Beh, il titolo del post non è proprio un granché, mi serve solo per porre alla vostra cortese attensiùn una band di cinque funkettari di Ft. Lauderdale, Florida, Iu-es-ei, chiamati appunto Fusik. Hanno da poco licenziato il loro terzo album, "Fusik III"- quando si dice la fantasia - dentro ci troviamo un bel po di brani belli pieni di groove. Funk, psichedelia soul, cinematica, reminiscenze latin alla Santana - poche per fortuna mia - e tanta energia. Un disco semplice, ben suonato, talvolta suona un pochetto scolastico ma con tutti gli ingredienti al posto giusto; le fonti di ispirazione, immancabili, i santoni James Brown e Jimi Hendrix, il latin rock dei '70, e tanto funk. Insomma, si può fare suvvia, diamo loro una chance, a me sono piaciuti e li ascolto più che volentieri nel tragitto casa-lavoro. Una buona scossa per svegliarsi bene. 

lunedì 4 febbraio 2013

NEO-CROONER: JOSE' JAMES


Sgombriamo il campo da ogni equivoco: la categoria dei neo-crooner non esiste, è una mia invenzione per questo post, ma se un giorno qualche "artista" della stilografica dovesse coniare il neologismo, Josè James ci starebbe dentro alla grande. L'artista afroamericano se n'è infatti uscito con un album per l'etichetta Blue Note, che se non rispetta i canoni del cantato da crooner tradizionale, nei fatti può essere ascritto come un nuovo stile di canzone confidenziale. "No Beginning, No End", questo il titolo dell'album reso ancora più bello dallo splendido ritratto del cantante che campeggia in copertina, è infatti un concentrato di stile come non si sentiva da tempo e la voce del nostro primeggia negli orditi sonori "minimalisti" creati ad hoc. James è in campo dal 2008, questo è il quarto lavoro, vi dirò che il qui presente è il primo disco da me ascoltato delle di lui opere; mal me ne incolse, ma questa è storia vecchia e devo di nuovo sfanculare i soliti "maitre a penser" che di fatto mettono la mordacchia a questo tipo di produzioni. Quindi, doveroso un ringraziamento ad un uomo che mangia pane e soul e fortunatamente è ancora "on Air", sto parlando di Massimo Oldani, fine conoscitore di tutto quanto fa black music, dove ho potuto ascoltare per la prima volta questa meraviglia, e merda sugli altri.
Ritornando al disco, siamo come detto su livelli altissimi, soul e jazz ultraraffinato, se oso fare un paragone siamo dalle parti di Terri Callier con una spruzzata di Gil Scott Heron, ma lui è talmente intelligente da non tirarsela troppo e suona sia con leggende quali Mc Coy Tyner, come con rappers a me sconosciuti e alambiccatori elettronici come Flying Lotus.
Disco prodotto dall'immenso Pino Palladino e fortemente voluto in Blue Note dal labelmate Robert Glasper (vi ricordate il suo album del 2012, Black Radio?), "No Beginning, No End" è già una pietra miliare del nuovo soul virato in jazz.

 

sabato 2 febbraio 2013

ITALIANI DA ESPORTAZIONE: MARIO BIONDI


Questo è un brano dall'ultimo album di Mario Biondi, "Sun", canzone cantata in coppia col "vecchietto" Leon Ware. Il disco "intiero" lo devo ancora ascoltare, quindi ancora niente recensione, se questo però è il tenore dell'album, ci troviamo di fronte ad un "masterpiece".