Riprendiamo l'ascolto degli artisti del pop californiano dopo due mesi di pausa.
L'artista che vi propongo oggi è Ned Doheny, qui al suo terzo lavoro, uscito nel 1978 dal titolo "Prone". Arriva dopo il celebrato "Hard Candy" del 1976 e se potevamo avere dubbi sulla riuscita del disco dopo il capolavoro precedente, l'ascolto di quest'ultimo fuga ogni dubbio. Prodotto anche questo da Steve Cropper e coadiuvato dai musicisti presenti nel disco precedente, che non solo riescono a ripetere le performance di "Hard Candy" ma addirittura le migliorano in raffinatezza e costruzione degli arrangiamenti, confermando quella meraviglia di intreccio tra pop e soul.
Quindi ancora un disco indispensabile per voi carbonari del pop-snob. Doheny dopo questo disco non pubblicherà più niente per dieci anni e questo grazie alla solita lungimiranza dei soliti discografici. Ma noi ce ne sbattiamo di loro e il vostro "dottore" è qui per curarvi a dosi massicce di pop & soul.
Produttore: Steve Cropper
Musicisti: Guitars: Ned Doheny, Ernie Corallo, Steve Cropper Bass: Dennis Parker Keyboards: Joey Carbone, David Foster Synthesizer: David Foster Drums: Gary Mallaber, Mike Baird, Jeff Porcaro Percussion: Steve Forman Horns: Steve Madaio, Chuck Findley, Quitman Dennis, Jim Horn, Lew McCreary Background Vocals: Bonnie Raitt, Fleming Williams, Rosemary Butler, J.D. Souther, Steve Perry
Tony Sciuto è uno dei tanti artisti west-coast aor famosissimi in Giappone e sconosciuti o quasi nella madrepatria, in questo caso gli Usa.
Se questo album fu un grande successo in Giappone nel 1980, non altrettanto si può dire dei riscontri che ebbe negli states dove fu bellamente ignorato e che incisero sulla decisione del nostro di dedicarsi anema e core nello sviluppare la prima parte della sua carriera nel paese del sol levante, per poi entrare a far parte negli anni '90 della band australiana dei Little River Band. Il disco è un buon esempio di quel che era la musica pop californiana di quegli anni, anche se per me un brano spicca su tutti gli altri: "Cafe L.A."
Il pezzo è come un bignami per entrare nell'atmosfera di questo genere musicale; inizia con un fender rhodes che accompagna la voce di Tony, poi entra un basso dalle movenze pastorjusiane per poi dispiegarsi con tutti gli altri strumenti, il fender diventa un piano acustico e dopo la seconda ripetizione del ritornello ecco entrare un assolo di sax accompagnato da un flicorno, ancora la voce di Tony poi di nuovo un'altro assolo di sax e poi di flicorno a chiudere il tutto.
Lucciconi e fazzoletti per un brano che sfiora la perfezione pur essendo di maniera.
C'è da chiedersi il motivo per cui un disco così sia conosciuto dai soliti quattro gatti.
Produttore: Steve Dorff
Musicisti: Drums: Ed Greene, Ron Tutt Guitars: Tony Sciuto, Ben Benay, Tom Rotella, Gary Griffin, Steve Lukather Bass: Michael Sciuto, Mike Porcaro, Scott Edwards Keyboards: Bill Cuomo, Tony Sciuto, Gary Griffin Synthesizer: Steve Dorff Percussion: Steve Warehime, John Raines Sax: Tom Scott, Jim Horn Flugelhorn: Chuck Findley Background Vocals: Ginger Blake, Venetta Fields, Shirley Mathews, Joe Chemay, Curt Betcher, Peter Noone, Michael Sciuto
Danny Kortchmar o Kootch per gli amici, è un chitarrista sessionman che sicuramente gli appassionati della west-coast conosceranno bene, avendo lavorato con artisti del calibro di David Crosby, James Taylor, Carole King, Carly Simon, Graham Nash e Don Henley. Qui invece parlerò di uno dei due dischi solisti pubblicato da Kootch nella sua carriera, disco del 1973 e intitolato come il suo nickname, "Kootch", appunto. Se la voce del nostro non è propriamente bella, a livello musicale si sente che ha una marcia in più, avendo messo nel suo disco delle intuizioni che saranno poi artisti come Billy Joel ma anche il Joe Jackson versione "newyorchese" ad avvalersene. Il disco è suonato in collaborazione con Paul Stallworth al basso e con il futuro produttore David Foster alle tastiere, con cui il nostro darà poi vita in seguito al gruppo degli "Attitudes", specializzati in funk-soul. "Kootch" è ancora oggi un godibile pastiche di musica pop intrecciata con i ritmi della città che non dorme mai e oltre ad essere un documento sonoro di quell'epoca è anche un tipo do musica di cui oggi, in un'epoca dominata da tanti cialtroni, ne sentiamo sempre più il bisogno. Danny Kortchmar - Burnt Child
Oggi ci occupiamo di un cantante che i fan di Lee Ritenour conoscono bene, essendo infatti la voce solista del capolavoro del chitarrista statunitense: Rit.
Dreamwalkin è il terzo lavoro di Eric Tagg e anche il più bello, fatto di atmosfere che rimandano al miglior Stevie Wonder ed al soul sofisticato degli anni '70. Dotato di un timbro vocale inconfondibile è anche autore di tre brani del disco, ma quel che vi voglio far ascoltare è il brano che definisce meglio lo stile del nostro e come per altri lavori di questo genere, tutto il disco merita un ascolto.
Tagg inciderà un nuovo disco solista dopo 15 anni e questo la dice lunga sulle scelte delle case discografiche.
Musica che ben si adatta a queste giornate estive, da ascoltare di notte, in dolce compagnia.
Produttore: Lee Ritenour
Musicisti: Guitars: Lee Ritenour Drums: John Robinson, Alex Acuna, Rich Shlosser Bass: David Hungate, Abraham Laboriel, Nathan East Keyboards: David Foster, Don Grusin, Greg Mathieson, Ian Underwood Sax: Tom Scott Horns: Jerry Hey, Gary Herbig, Chuck Findley
Peter Allen, pianista e cantante australiano viene dal musical e dal cabaret, è stato una stella di prima grandezza nel suo paese d'origine ed ha collaborato con i migliori artisti del pop sofisticato americano. C'è la sua firma in Arthur, canzone dell'omonimo film portata al successo da Cristopher Cross, scritta insieme a Carol Bayer Sager e Burt Bacharach. L'album che vi presento è il migliore dell'artista australiano, prodotto dal grande David Foster e scritto per intero da Allen, aiutato per alcuni brani da David Laisley e Tom Keane, è un continuo susseguirsi di canzoni una più bella dell'altra. Inutile dire che è stato suonato dai più grandi turnisti della musica californiana con dei controcanti micidiali ad opera dei vocalist Richard Page e Steve George, i migliori in circolazione all'epoca per questo tipo di sonorità. Si passa da canzoni soft che almeno una volta nella vita vorreste ballare cheek-to-cheek con la vostra amata/o a brani più movimentati senza, come dicevo prima, alcun scadimento di qualità. Purtroppo il nostro è venuto a mancare nel 1992 di Aids. Per concludere, un altro capolavoro del west-coast pop.
Produttore: David Foster
Musicisti: Drums: Ed Greene, Ralph Humphries, Carlos Vega, Jeff Porcaro. Keyboards: David Foster, Bass: Mike Porcaro, Dave McDaniel Guitars: David Williams, Steve Lukather, Richie Zito, Jay Graydon Percussions: Paulinho DaCosta, José Rossy Sax: Eugene Meros, Lon Price Synthesizer: Tom Keane, David Foster, Larry Williams Background Vocals: Richard Page, Steve George
A volte accostarsi ad un disco avviene per i più strani motivi. Talvolta succede che anche se non conosci l'artista vieni attirato da dei particolari, come per esempio in questo caso una copertina con sopra fotografato un personaggio che sarebbe stato bene in un film di Scorsese o di Francis Ford Coppola. E' questo il caso di Nick De Caro, anzi Nicola Giuseppe De caro, musicista dalle chiare origini italiane che omaggia le sue radici in questo disco del 1974. Arrangiatore, produttore, compositore e fisarmonicista di talento De Caro ha collaborato con artisti del calibro di Frank Sinatra, James Taylor, Jackie De Shannon, Herp Albert, Little Feat, Barbra Streisand e in quel gioiello che fu "Pirates" di Rickie Lee Jones organizzando gli arrangiamenti per archi delle loro canzoni. Non ho molte informazioni su Nick De caro, ma posso assicurarvi che se venite in possesso di questo disco lo amerete a prima vista così come è successo a me. Purtroppo il nostro è venuto a mancare nel 1992, all'età di 54 anni.
Produttori: Tommy Lipuma and Nick DeCaro
Musicisti: Drums: Paul Humphrey, Harvey Mason Bass: Wilton Felder, Jim Hughart, Max Bennett Guitars: Arthur Adams, David T. Walker Flute: Bud Shaunk Tenor Saxophone: Tony Ortega Alto Saxophone: Plas Johnson
Torniamo ad interessarci di un'artista di cui abbiamo già parlato nel blog: Rupert Holmes. Era il 1979 quando pubblicava questo disco che una volta tanto riesce a raggiungere quel successo anche di vendite che l'artista sicuramente meritava. Canzoni orecchiabili e molto radiofoniche ma suonate e cantate da Dio con quella classe che al musicista non ha mai difettato. Anche se personalmente preferisco il disco precedente "Pursuit of happiness" su cui tornerò presto, questo è il lavoro che me lo ha fatto conoscere e ho ritenuto giusto proporvelo per farvi capire come una volta la canzone "easy" andava di pari passo con la qualità. In particolare le canzoni "Him" e "Partners in Crime" le trovo un gradino sopra alle altre, e una volta di più servono a rimarcare la differenza tra canzone di consumo e pop song di classe. Cosa che del resto si sono accorti artisti del calibro di Barbara Streisand, Dionne Warwick, Manhattan Transfer e gli Sparks avvalendosi del suo repertorio e della sua produzione.
Produttori: Rupert Holmes and Jim Boyer
Musicisti: Drums: Leo Adamian, Steve Jordan Guitars: Daen Bailen Bass: Frank Gravis Keyboards:Rupert Holmes Horns: Pete Gordon, Bob Gurland, Wayne Andre
Dopo una lunga pausa, torniamo ad occuparci di un'altro eccellente musicista della westcoast-pop americana. In questo caso ci troviamo di fronte ad un album di pop soul che nella sua bellezza è da considerarsi come il capolavoro dell'artista, con delle canzoni che prese una per una sono dei punti di riferimento per il genere.
Primo disco del cantante americano, che in futuro saprà ancora realizzare dei buoni album, ma non raggiungerà le vette di questo; in particolare possiamo qui ascoltare una canzone che è considerata un manifesto del pop californiano, "What you won't do for love", un pezzo perfetto e dalla melodia che ti entra subito in circolo e non ti molla più. Una canzone aldilà delle mode, cantata con un tono nasale che non da fastidio ma che compone un unicum con la musica.
Ecco, se volete iniziare ad entrare nel mondo della westcoast pop americana, cominciate da qui.
Produttori: Ann Holloway, Marsha Radcliffe, George Perry
Musicisti: Drums: Ed Green, Joe Galdo, Harold Seay Bass: Bobby Caldwell, George Perry, Richie Velasquez Guitars: Bobby Caldwell, Alfons Kettner, Steve Mealy Keyboards: Bobby Caldwell, Benny Latimore Synthesizer: Bobby Caldwell All Vocals: Bobby Caldwell
Ancora un soul singer, un cantante che operando in quel di Philadephia ha definito uno stile che gruppi bianchi come Daryl Hall e John Oates e i Faragher Bros. hanno poi fatto proprio sancendo la nascita di quel movimento noto come "Blue Eyed Soul". Eddie Holman già cantante negli Stylstics ha avuto con questo album il suo più grande successo della carriera con la canzone "This will be a night to remember" ballatissima nelle disco di tutto il mondo e che certo ricorderete. Definito da Smokey Robinson come "The Man with a voice of an angel", lo ascoltiamo qui con il brano che apre l'album "You Made My Life Complete", tanto per capire quel che Smokey diceva di lui.
Oggi spostiamo il nostro orizzonte musicale su sonorità orientate verso il soul ed il jazz con il tastierista Eddie Russ, ed il suo bell'album "See the light" del 1976, in cui si muove tra jazz e funk.
Non ha avuto il successo che all'epoca ebbero Herbie Hancock e Lonnie Liston Smith anche se devo dire che se la giocava egregiamente con loro. Qui lo ascoltiamo con una selezione di brani uptempo e jazz ma sempre con un'attitudine soulful che fa si che entri di diritto nello spirito del blog. I brani dell'album sono arricchiti anche da bei cori femminili e da una sezione fiati che fanno da contorno agli equilibrismi di tastiera di Eddie.
Negli anni '70 quando fortunatamente non esisteva ancora Mtv e uno i dischi se li doveva andare a cercare, i più fortunati riuscivano ad entrare in possesso di vinili come questo, provocando sensazione goduriose e cosa più importante salvando tanti di noi dalla fuffa che di li a poco prenderà il sopravvento nelle radio e nelle televisioni. Secondo album della ragazza dopo "Just a stone throw away" del 1977 si distingue da questo per sonorità più orientate ad un pop lussuoso e suonato dai campioni delle sale d'incisione di L.A. e dintorni. Steve Lukhater, Ray Parker Jr., Victor Feldman e Jeff Porcaro alcuni dei musicisti che hanno collaborato con la consueta bravura al disco, per comporre un mosaico di brani per metà originali e metà pezzi d'autore. Canzoni trattate in maniera magistrale da Valerie, che grazie alla solita miopia di discografici e dj's vari sono conosciute dai soliti carbonari che riascolteranno un nuovo disco di Valerie Carter soltanto nel 1996.
Produttore: James Newton Howard
Musicisti: Drums: Jeff Porcaro Bass: Verdine White, David Hungate, Chuck Rainey Guitars: Steve Lukather, Jay Graydon, Davey Johnstone, Fred Tackett, Ray Parker Jr. Piano: James Newton Howard, Victor Feldman Organ: Mike Utley Synthesizers: James Newton Howard, Steve Porcaro Sax: Tom Saviano, Don Myrick Percussion: Lenny Castro, Victor Feldman Horns: Chuck Findley, Jim Horn, Steve Madaio Background Vocals: David Lasley, Vini Poncia, Wendy Haas
Rupert Holmes, su cui torneremo presto con un altro post, ha composto questa ballad nel 1979 per il suo album "Partners in Crime". Questa come le altre canzoni del disco, ci parla con tenerezza della complessità del rapporto uomo-donna e usa la miopia per descrivere i piccoli dettagli di una storia d'amore. Due minuti e cinquanta di melodia sublime.
Cantautore canadese ma di origine statunitense essendo nato a Brooklyn, Marc Jordan ha definito con i suoi primi tre album quello che sarà poi il pop californiano degli anni a venire. Qui ci occupiamo del suo secondo disco, realizzato nel 1979 e prodotto da Jay Gradon, disco che pur essendo più orecchiabile del precedente non ottenne il successo sperato presso il pubblico.
Il risultato è comunque un album con canzoni splendide, arrangiate e suonate come dio comanda, fatte di progressioni armoniche sempre più sofisticate e di assoli rubati al jazz. "Generalities" e "Lost in the hurrah" un gradino sopra le altre, ma è come scegliere tra un Sassicaia ed un Brunello di Montalcino.
Un disco che una volta ancora rimarca come i veri rivoluzionari della musica leggera siano stati questi artisti e non i soliti strimpellatori da tre accordi.
Prendendo in prestito il titolo di un bel film con protagonista Clint Eastwood, inizio questo minispeciale sulle ballad proposte dagli artisti della west coast, che avrà cadenza settimanale, tra Sabato e Domenica a mezzanotte in punto. Quale ora migliore per ascoltare queste gemme che soltanto con questo genere musicale trovano la loro sublimazione.
Canzoni da ascoltarsi in solitudine, per ricordare, per pensare, con quel particolare tipo di mood che non trova parole nella nostra lingua ma che i brasiliani hanno saputo sintetizzare bene con "saudade".
Partiamo ancora con il grande Bill LaBounty e la sua struggente "Slow Fade".
Ancora un album di un'artista sconosciuto ai più. Joe Chemay ha lavorato come produttore e vocalist in tanti dischi di west-coast ma ha licenziato soltanto un album a suo nome, disco che è quasi impressionante nella qualità costante dei suoi brani. Soul, pop, fusion, queste le coordinate che compongono il mosaico di queste canzoni tutte composte dal medesimo ad eccezione di "Love is a crazy feeling" di Davey Johnstone e la splendida "Proud" scritta da Andrew Woolfolk degli Earth Wind & Fire.
Quindi un'altra rarità proposta dal vostro dottore, anche se la ristampa in cd dovrebbe essere reperibile facilmente.
Produttori: Joe Chemay and John Guess
Musicisti: Drums: P. Leim Guitars: Joe Chemay, B. Walker Bass: Joe Chemay Piano and Synthesizes: John Hobbs Organ: M. Meros Percussion: P. Leim, Louis Conte Background Vocals: Maxine & Julia Waters
Bill LaBounty arriva a scrivere questo capolavoro della west-coast pop dopo tre ottimi dischi, affermandosi come uno dei più sensibili cantori del genere.
Autore dalla scrittura sopraffina, i suoi brani sono eleganti canzoni sullo stato delle cose della vita sentimentale senza però avere quella melensaggine che contraddistingue la maggior parte di queste.
Il disco si apre con "Livin' it up", brano "perfetto" di quel che è il pop californiano al suo meglio, inizia con un'introduzione di accordi suonati dal Rhodes, tastiera regina di tutta la produzione del genere, contrappuntata da un piano acustico e prosegue con le parole di Bill sulla condizione classica del sedotto e abbandonato che cerca in tutti i modi di rialzarsi.
Altro brano che spicca nella raccolta è "Look who's lonely now" già coverizzato da Randy Crawford, ma anche gli altri motivi sono altrettanto belli, grazie anche a dei session-man che hanno qui suonato al loro meglio.
Insomma un disco da possedere e da mostrare con orgoglio ai propri amici musicofili.
Produttore: Russ Titelman
Musicisti: Drums: Steve Gadd, Andy Newmark, Jeff Porcaro Guitars: Dean Parks Bass: Willie Weeks, Chuck Rainey Keyboards: Bill LaBounty, Greg Phillinganes Synthesizers: Ian Underwood, Nyle Steiner Percussion: Lenny Castro Sax: David Sanborn Horns: Jerry Hey, Kim Hutchcroft, Chuck Findley, David Sanborn Background Vocals: Patti Austin, James Taylor, Leslie Smith, Jennifer Warnes, Stephen Bishop
Ecco uno dei misteri in cui ci imbatteremo spesso su questo blog. Dane Donohue è un musicista che a molti di voi, come del resto a me quando mi ci sono imbattuto non dirà niente, ha pubblicato un solo disco omonimo nel 1978 che è forse uno tra i più belli mai prodotti nel campo del pop californiano o west-coast che dir si voglia.
Ho poche notizie del suddetto artista, anche in rete sembra di trovarsi di fronte ad un fantasma visto le poche informazioni reperibili. Il disco è come diviso in due parti, nella facciata A troviamo delle canzoni più orientate verso la west-coast e il country mentre la facciata B si muove sul terreno del pop sofisticato con richiami alla musica nera.
Prodotto da Terence Boylan e suonato dalla crema dei turnisti californiani è un vero peccato che a conoscerlo siamo soltanto in tre gatti e che la reperibilità del disco è pressochè nulla se non rivolgendosi al mercato giapponese o a quello dei collezionisti; conosco gente che all'epoca si sarebbe venduta la mamma pur di venire in possesso di questo vinile.
Il brano che spicca nell'album è "Freedom", ma anche gli altri non sono da meno, componendo un mosaico di stili che per la loro bellezza sono risultati irripetibili in altri eventuali album dell'artista, che infatti non ci sono mai stati.
Produttore: Terence Boylan with Jai Winding, Steve Hodge, John Boylan
Musicisti: Drums: Andy Smith, David Kemper, Steve Gadd, Ed Greene Guitars: Larry Carlton, Dane Donohue, Jay Graydon, Steve Lukather Bass: Jeff D'Angelo, Bob Glaub, Scott Edwards, Chuck Rainey, Mike Porcaro Piano: Jai Winding, David Getreau, Victor Feldman Percussion: Victor Feldman, Steve Forman Sax: Ernie Watts Horns: Steve Madaio, Chuck Findley, Slyde Hyde, Gary Herbig, Tom Saviano Background Vocals: Don Henley, Stevie Nicks, J.D. Souther, Tim Schmit, Herb Pedersen, Tom Kelly, Bill Champlin
Jay Graidon e David Foster sono due tra i più celebrati produttori del pop californiano, ovunque ascoltiate gruppi come Earth Wind & Fire, Manhattan Tranfer, solisti come Al Jarreau, c'è il loro zampino, anzi ascoltando i pezzi che vi propongo anche qualcosa di più.
Autori in duo di un solo disco, con il nome di Airplay uscito nel 1980, hanno creato lo standard di riferimento per quel genere di musica mischiata con il rock, il soul, fatta di melodie complesse ma accattivanti e con inserti di sax e chitarre di derivazione jazzistica.
Nel disco collaborano alcuni dei migliori musicisti di L.A., quasi tutti i componenti dei Toto, Bill Champlin dei Chicago e Steve Kipner come coautori dei testi e la sezione dei fiati comandata di Jerry Hey. Tra le canzoni del disco si ricordano "After the love is gone" portata al successo dagli EW&F e "Nothing you can do about it", nonchè "Bix" canzone giocata tra il contrappunto di fiati e piano. Disco fondamentale per capire lo sviluppo di un certo modo di intendere la canzone americana.
Airplay: Jay Graydon, David Foster, Tommy Funderburk
Produttori: Jay Graydon, David Foster
Musicisti: Drums: Jeff Porcaro, Mike Baird Bass: David Hungate Guitars: Steve Lukather, Jay Graydon, Ray Parker Jr Keyboards: David Foster Synthesizer: Steve Porcaro, Pete Robinson Horn: Jerry Hey, Gary Grant, Steve Madaio, Bill Reichenbach, Charlie Loper Lead Vocals: Tommy Funderburk, Jay Graydon Background Vocals: Bill Champlin, Tom Kelly, Max Gronenthal and Airplay
Questo blog vuole essere un mio personale omaggio a tutti quei musicisti sconosciuti della west coast americana e non che hanno realizzato dei dischi ispirati alla musica degli Steely Dan e sconosciuti ai più.
Iniziamo però dai maestri, ovvero dagli Steely Dan in persona con la canzone che da il titolo al blog.