PAT METHENY

Pat Metheny me lo ritrovo sempre tra i piedi in ogni momento particolare della mia esistenza: quando conobbi la mia futura moglie suonavo "First Circle", il giorno prima di inaugurare casa nuova sul piatto girava "Last Train Home", quando è nata mia figlia avevo rispolverato "April Joy" dal primo album della Pat Metheny Band.
Se per un caso vi troverete a passare da casa mia, noterete una nicchia non con le immagini votive del Budda o di Cristo, bensì di Metheny, Fagen e Daryl Hall, questo per dire quanto questi artisti abbiano significato per me, non solo dal punto di vista musicale. Musica fuori da ogni schema e non intrappolata in un genere ben definito. A tal proposito, Metheny è sempre stato inafferrabile, quando pensi che ormai la sua musica non ha più niente da dire, se ne esce con un nuovo progetto a scombinare le carte. Penso alle sue collaborazioni con Ornette Coleman, il disco con lui suonato, insieme a Charlie Haden, Jack De Jonette e Denardo Coleman, "Song X" del 1986 è puro free jazz, quando pensi che ormai è perso dietro sonorità latine e brasiliane, se ne esce con il controverso album di avanguardia "Zero Tolerance For Silence" del 1994. Questo a dimostrazione di una intelligenza messa al servizio degli ascoltatori, aperta ad ogni nuova esperienza, infischiandosene dei giudizi degli altri e proseguendo nella propria immersione totale in ogni genere musicale. Troppo estesa la sua produzione per parlarne qui in poche righe, sul web troverete tutto quello che necessita per approfondire il discorso.
Il Metheny che preferisco è quello della prima parte della carriera, sia con la band (quella con dentro l'immenso Lyle Mais) che in solitario. Lui, insieme agli Steely Dan, sono stati il mio grimaldello per scardinare la porta chiusa a tre mandate della musica che girava intorno, per entrare in un universo di altri suoni, un modo bello di aprire la mente e non tornare più indietro.

First Circle: ci trovi dentro il Brasile, Morricone e Burt Bacharach, ascoltare pre credere.



 Questa è April Joy

Commenti

  1. "Il grimaldello per scardinare la musica che girava intorno": è una immagine che rende benissimo l'idea del voler ascoltare, del voler cercare e capire. Bella davvero.Io lo sto "usando" nella educazione musicale di mia figlia, che vuole imparare a suonare la chitarra...speriamo in bene ;-)
    Ho sorriso al tuo incipit (Il trovarti Metheny fra i piedi): a me (evidentemente più ruspante) è capitato, e capita, con Elvis :-)

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    1. A me non capita mai niente... Love Pat Metheny. Ciao amica.

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    2. Chissá, forse è meglio cosí. Ciao amico.

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  2. Da qualche giorno ho problemi nel caricare i video: ma dove è finito April Joy? Adesso riprovo.

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  3. Bellissima la nicchia votiva con Pat, Don e Daryl. Di Metheny anch'io apprezzo soprattutto il primo periodo sia col Group sia da solista, poi "Shadows and light" nella band di Joni, "Still life (talking)" con l'incredibile "Last train home" e "I Can See Your House from Here" intestato in coppia con John Scofield.

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    1. "Last Train Home", la ascoltai il giorno prima dell'approdo definitivo nella mia nuova casa (quella dove abito ora), immagina la scena: io solo nella casa, una stanza vuota, un caminetto, un giradischi e "Last Train Home" a palla.
      John Scofield un altro mito che passerà da qui.

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  4. Di Pat Metheney apprezzo in particolar modo i dischi in vinile, soprattutto le bellissime parti mute che separano una canzone dall'altra.
    :)

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  5. non sono un grande fan di questo chitarrista, ma devo ammettere che l’album "Still life talking” è un capolavoro. Una pietra miliare di tutto il genere fusion. Il brano "Last train home" rasenta la magia...

    ciao
    mau

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    1. Ti consiglio "First Circle", un grande album.
      Ciao

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    2. mi piacciono moltissimo brani come “Two folk songs” da 80/81, “Are you going with me?” da Offramp, o “New chautauqua” dall’album omonimo e molti altri, ma trovo la sua produzione molto discontinua e qualche volta tendente al soporifero, grazie cmq per la segnalazione

      mau

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  6. Amo molto i primi dischi, il suo suono e il suo modo di intendere il jazz, spesso legato a una struttura. Non è solo divagazione improvvisativa. Le sue canzoni suonano come vere e proprie composizioni.

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