ROUND MIDNIGHT: GERRY MULLIGAN QUARTET, AS CATCH CAN


Di questo disco ho un ricordo particolare: trattasi del primo album di jazz da me acquistato dopo intensivo ascolto di "The Nightfly" di Donald Fagen. L'omonima canzone, dove si narravano le nottate del DJ Lester che trasmetteva "jazz and conversation" dalla "indipendent station WJAZ", mi convinse a fare il salto definitivo nel mondo del jazz, sfiorato mille volte in tutte le sue declinazioni e fusioni. L'album di Gerry Mulligan, "What is there to say?" del 1958 fu così il primo di una lunga serie che continua ancora oggi. Il quartetto di Mulligan era atipico dagli altri del periodo perché fu il primo a non contemplare il pianoforte, sostituito da tromba e sax baritono in un continuo gioco di armonie ed incroci tali da non far sentire la mancanza di uno strumento fino ad allora indispensabile per ogni formazione jazz. Nel quartetto originale la tromba era affidata a Chet Baker, ma tra litigate e scazzi vari tra i due, il connubio venne interrotto anche a causa dell'arresto e della detenzione di tre mesi per uso di sostanze stupefacenti di Gerry Mulligan e per il sorprendente affermarsi di Baker come cantante. Il quartetto che inciderà uno dei dischi più importanti per la musica jazz vede Art Farmer alla tromba, Bill Crow al basso, Dave Bailey alla batteria oltre chiaramente Mulligan al sax baritono. Il brano che ho scelto dall'album non è conosciuto come ad esempio "My funny Valentine", lì contenuto, ma, cosa principale, è scritto dal genio di Mulligan ed è esplicativo di quella che fu la scuola "cool jazz" di cui il musicista newyorchese fu uno dei padri fondatori.
Buona notte e buon ascolto.

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