DIVA'S: PHYLLIS HYMAN


Parte oggi una nuova rubrica dedicata alle divine della musica soul: per intendersi, ed in linea con il blog, qui non vengono contemplate presunte dive alla Mariah Carey, forse, se mi va, accennerò alle dive più conosciute e meritevoli di questo titolo, Aretha e Diana, tanto per fare due esempi. Mi preme invece ricordare quelle "dive" che lo furono per un piccolo attimo nel tempo, tanto fuggente quanto indelebile negli anni a venire per chi è appassionato di musica black.

La storia di oggi non ha un lieto fine e comincia dall'ultimo atto, con il suicidio dell'artista, il 30 Giugno del 1995. L'inizio della parabola artistica di Phyllis Hyman però partì con ben altri presupposti e sin dal primo disco tutto lasciava presagire per un finale diverso. Bella, sofisticata, una vocalità intensa e profonda, Phyllis Hyman inizierà la carriera di cantante registrando il suo primo omonimo album nel 1977  per la Budda Records, disco caratterizzato già da canzoni che resteranno nella memoria dei fans per lungo tempo: "Loving you, losing you", "I don't wanna lose you" e la splendida "No one can love you more". La firma con l'etichetta Arista Records l'anno successivo fu paradossalmente l'inizio dei problemi personali della cantante afroamericana: nonostante i notevoli mezzi della casa discografica, e la buona accoglienza data a  "You know to love me" album del 1979 e "Can't we fall in love again" uscito nel 1981, questa parve non rendersi conto della grandezza della Hyman, non supportandola a dovere e preferendo puntare massicciamente su Whitney Houston,  arrivando a boicottarla con finte promesse, non ultima quella di farla diventare la nuova Diana Ross.

Forse anche per questo, Phyllis Hyman, che nel frattempò affiancò la sua carriera di cantante a quella di attrice nei musical di Broadway e nel cinema, fino a lavorare come modella, precipitò nella spirale maledetta della depressione, combattendo contro l'alcolismo e l'aumento di peso. La morte a distanza di un mese l'uno dall'altro della madre e della nonna, nel 1993, fu forse il colpo finale che stroncò definitivamente il morale della cantante.

Tra tutti i dischi da ricordare di Phyllis Hyman mi preme sottolineare l'album del 1986, "Living all alone", registrato per la Philadelphia International dopo la rescissione del contratto con l'Arista Records: è stato il mio primo incontro ravvicinato con l'arte di Phyllis, un disco riconosciuto da tutti come uno dei più belli ed ispirati nel campo della musica soul virata al femminile, con dentro quelle ballate soul che furono l'eccellenza e la distinzione dell'arte di Phyllis.
"Prime of my life" del 1991 fu il canto del cigno dell'artista, un disco registrato tra un esaurimento nervoso e l'altro, con un brano "Don't wanna change the world", accolto entusiasticamente dalle radio e dai clubs ed unico numero uno nell'r'n'b chart di Billboard nella carriera della cantante. Quel che ci resta oggi di Phyllis Hyman sono una manciata di bei dischi da riscoprire e il ricordo nostalgico di quanti ne amarono l'arte e la bellezza.

"No one can love you more", dal primo album, scritta dal grande Skip Scaroborough


La struggente "Old Friend", dall'album del 1986 "Livin' all alone"


Live al David Letterman Show con "What you won't do for love" cover
di un brano di Bobby Caldwell

Commenti

  1. Io adoro le voci soul femminili, quindi non posso che rallegrarmi di questo tuo nuovo spunto!
    Passando alla Hyman, mi ricordo della sua morte, dell'essere stata accantonata, della depressione...e della sua voce calda, vellutata, delicatamente graffiante.Probabilmente è per questo che non sono mai riuscita (pur, ti ripeto, da amante delle voci femminili) ad appassionarmi alla Houston

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  2. @irriverent escapade
    bella la descrizione che dai della voce di Phyllis; magari, a differenza di quella della houston, non ti cattura al primo ascolto ma che ha il merito di conquistarti piano piano. la houston aveva un'estensione vocale maggiore ma un repertorio, che a parte il primo bel album, lasciava a desiderare. impressionante poi la similitudine della vita delle due artiste, accomunate da un tragico destino.

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    1. Alla morte della Houston, infatti ho pensato anch'io a questa comunanza di destino.
      Concordo sull'impatto immediato e la potenza vocale di Houston ma, a maggior ragione mi intristisco alla scarsa lungimiranza (o alla troppa facilita' al commerciale) di chi ha messo in fretta da parte la pur sempre compianta Phylis

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  3. O bella, e io che mi ero convinto che la Houston fosse un talento enorme sciupato con molte canzoni inutili, ma che a livello vocale fosse veramente il massimo.
    E solo oggi scopro che questa Phyllis Hyman era meglio, mah!

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  4. Gli album di Phyllis per la Philadelphia INTERnational sono davvero stupendi. Tee sei imbarcato in un impresa... sono talmente tante le "divine" che avrai lavoro per decenni. Super Harmo!

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